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Home›VPI - Articoli›Nell’occasione dei 10 anni dal referendum del 2015

Nell’occasione dei 10 anni dal referendum del 2015

Di Redazione
20/07/2025
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Comunicato dell’Ufficio Stampa del Comitato Centrale, da Rizospastis, organo del Partito Comunista di Grecia (KKE)
5 luglio 2025
Link all’originale

 

  1. Con il referendum indetto dal governo SYRIZA–ANEL[1] e tenutosi dieci anni fa, il 5 luglio 2015, si cercò di “scaricare” sul popolo la responsabilità della firma del terzo memorandum, di proseguire il finanziamento dell’economia capitalista greca e di superare la crisi economica capitalista, continuando l’attacco alla classe operaia e all’intero popolo, avviato già molto tempo prima. Fu il culmine del tentativo di ingannare il popolo greco da parte del governo SYRIZA–ANEL, salito al potere con la falsa promessa dell’abolizione dei memorandum e che, alla fine, proseguì e intensificò la politica dei governi ND–PASOK[2]. Mentre il governo invitava il popolo ad adottare una “posizione di dignità” e a votare “NO” alla proposta dei creditori, nel contempo inviava agli stessi la propria proposta per un terzo memorandum, contenente una lista altrettanto brutale di misure antipopolari.
  2. Nell'occasione dei 10 anni dal referendum del 2015

    Poster in occasione del referendum

    Il KKE si assunse la responsabilità e smascherò per tempo davanti al popolo il carattere truffaldino del referendum. Il titolo di prima pagina del “Rizospastis”, tre giorni prima dell’apertura delle urne, recitava: “Il loro ‘NO’ è un ‘SÌ’ al terzo memorandum!”. Durante il dibattito in Parlamento sull’indizione del referendum, il KKE propose di includere nel quesito – oltre alla proposta della troika (UE – BCE – FMI) – anche quella del governo, nonché la questione del disimpegno dall’UE. Poiché tale proposta fu respinta, il KKE invitò il popolo, con la scheda bianca, nulla o con l’astensione, ad “annullare” i falsi dilemmi e a esprimere il proprio dissenso contro ogni sviluppo antipopolare. Il KKE spiegò la differenza che c’era tra il “NO” ingannevole del governo e la posizione che alla fine assunse la maggioranza del popolo, nonostante il frastuono di propaganda, disinformazione, ricatti e intimidazioni. Nella riunione di leader politici che seguì al referendum, fu l’unico partito a non dare il proprio assenso alla firma del terzo memorandum, che fu quindi firmato dal governo Tsipras con l’appoggio e i voti di ND, PASOK e “To Potami”[3]. Questi partiti, anzi, si affrettarono a colmare le perdite parlamentari del governo SYRIZA–ANEL, contribuendo sostanzialmente a salvarlo, agendo in funzione dell’interesse generale del sistema che servono.

  3. La firma del memorandum non fu, in realtà, una “tradimento” né una “svolta a 180 gradi” rispetto a quanto affermato in precedenza da SYRIZA, anche se il popolo che allora lo sostenne aveva tutto il diritto di sentirsi tradito dalle false promesse ricevute. Fu il naturale epilogo e la rivelazione del vero obiettivo di sei mesi di trattative, che non era la soddisfazione delle attese popolari, bensì un più deciso sostegno alla ripresa capitalista, con una regolazione favorevole del debito pubblico, nuovi prestiti e nuovi pacchetti di investimenti, facendo pagare il conto al popolo, come poi accadde. Non fu il risultato della “vigliaccheria”, ma della determinazione di SYRIZA a salvare il sistema, facendo il “lavoro sporco” in un momento in cui i tradizionali partiti borghesi della “metapolitefsi”[4], ND e soprattutto il PASOK, si trovavano in difficoltà a causa della grande indignazione popolare provocata dalla loro politica in condizioni di crisi, povertà e disoccupazione di massa. La violazione delle promesse di SYRIZA non iniziò la notte del referendum, come mentono oggi alcune forze che hanno poi abbandonato il partito. La disdetta era già iniziata con la proroga dell’accordo di prestito del secondo memorandum a febbraio 2015, con l’affossamento della proposta di legge del KKE per l’abolizione dei memorandum e delle leggi applicative (che fu derisa come “figura retorica”), con l’avanzamento delle privatizzazioni e con un intero semestre in cui “tutto SYRIZA” – inclusi coloro che oggi compongono Pleusi Eleftherias, Nea Aristera, MeRA25 e il Kinima Dimokratias[5] – trattava ufficialmente e apertamente la firma di un terzo memorandum, preparando ideologicamente il popolo ad accettarlo. Gli sviluppi furono il prodotto del carattere stesso e della politica di SYRIZA, un partito che fin dalla nascita si è compromesso con il sistema capitalistico e le alleanze internazionali della borghesia greca, promettendo un miglioramento delle condizioni di vita senza entrare in conflitto con il potere del capitale e dell’UE, senza rovesciare la politica al servizio del profitto capitalistico. Inoltre, anche settori del capitale mal tolleravano alcuni aspetti dei memorandum, puntando a una trattativa che tutelasse i propri interessi e sostenesse la produzione capitalista con fondi pubblici. Di conseguenza, oggi il popolo non deve cercare un “rebranding” di quell’area politica, né un altro SYRIZA “più coerente”, come suggeriscono forze opportuniste che allora sostenevano il governo SYRIZA–ANEL, alimentando illusioni, culminate nella loro posizione fanatica a favore della proposta governativa durante il referendum.
  4. Nei quattro anni successivi, centinaia di leggi antipopolari legate ai memorandum si aggiunsero alle precedenti. Le privatizzazioni avanzarono a un ritmo senza precedenti, sfruttando anche lo scoramento delle forze popolari e la diffusione della logica “non c’è alternativa” (esemplare il caso dell’OSE[6]), vennero colpiti i diritti dei lavoratori, tagliate le spese legati ai bisogni popolari, imposte tasse antipopolari, varata la riforma pensionistica Katrougalos, istituita la Borsa dell’Energia, ecc.
    Nell’occasione dei 10 anni dal referendum del 2015

    La “scheda elettorale” del KKE per il referendum fu ampiamente distribuita alla popolazione

    Un capitolo particolarmente importante di quel quadriennio, con conseguenze tangibili oggi, è il totale allineamento con gli USA e la NATO nella politica estera e nello scontro con la Russia, che portò alla firma dell’accordo di Prespa funzionale alla NATO[7], al famigerato “lavaggio” televisivo di Trump da parte di Tsipras[8], all’avvio del “dialogo strategico” con gli USA, che condusse alla creazione di nuove basi militari, come quella ad Alessandropoli. In quegli anni si elevò a strategica anche la relazione con lo Stato assassino di Israele, con il risultato che la decisione unanime del Parlamento greco per il riconoscimento dello Stato palestinese restò “nel cassetto”. La borghesia greca e gli USA videro nella “sinistra di governo” un’occasione d’oro per liquidare i sentimenti antimperialisti profondi del nostro popolo, ciò che loro chiamano “antiamericanismo”. Non ci riuscirono, anche grazie al prezioso contributo del KKE. Non è però un caso se oggi lo stesso Tsipras dichiara di essere orgoglioso del contributo del suo governo al rafforzamento delle relazioni greco-americane.

  5. Le difficoltà che oggi incontra l’area della socialdemocrazia nel tentativo di ricostruirsi e offrire al sistema una valida alternativa di governo affondano in gran parte nelle azioni dei governi SYRIZA, come pure nelle gestioni governative del PASOK. In questo tentativo, al popolo vengono nuovamente “serviti” falsi dilemmi, come il recente “capitalismo democratico o autoritario”, dimostrando che, dopo ogni disillusione, l’asticella della “progressività” si abbassa sempre di più. ND sfrutta i fatti del referendum per presentarsi come “garanzia di stabilità e normalità”, affermando di avere avuto ragione nel dire che non c’era altra via, per criminalizzare le rivendicazioni etichettandole come “populismo”, per screditare valori e ideali offuscati da SYRIZA. Tuttavia, ciò che in realtà fu messo alla prova e fallì allora non fu una linea di rottura e cambiamento, bensì la linea che sosteneva che gli interessi capitalistici e quelli popolari potessero essere conciliati e serviti contemporaneamente. Per questo, nonostante i loro scontri di facciata, sono centinaia le leggi che questi partiti hanno votato insieme fino a oggi.
  6. Un’altra strada per il popolo è esistita ed esiste. La più grande lezione di quel periodo è che nessun governo, indipendentemente da come si definisca, può, sul terreno del capitalismo, soddisfare i bisogni popolari o fungere da “trampolino” per sviluppi favorevoli al popolo. Un’altra lezione è che le politiche socialdemocratiche, di qualsiasi tipo – “di sinistra” o “modernizzatrici” – presentate come scelte più realistiche, capaci di tutelare gli interessi popolari, sono fallite. L’esperienza dimostra che l’unica lotta che può incidere oggi e aprire la strada a una prospettiva diversa è quella della lotta anticapitalista e antimperialista, dello scontro con il capitale, con il suo potere, con l’UE e la NATO. La speranza risiede dunque nel rifiuto dei vari “salvatori”, vecchi e nuovi, nel rafforzamento del fronte che mette in discussione la politica dominante e tutte le forze governative antipopolari, i partiti del sistema e le loro alleanze internazionali. Il popolo e la gioventù hanno molto da guadagnare quando prendono coscienza di avere in mano la forza per determinare gli sviluppi, con la propria organizzazione e la propria lotta, come si è dimostrato in una certa misura anche nel periodo recente. Ora è il momento di moltiplicare i segnali incoraggianti del cambiamento nei rapporti di forza nel movimento operaio e popolare. Occorre unire i singoli focolai di lotta in un grande movimento panellenico con obiettivi radicali, che prendano di mira l’intero sistema dello sfruttamento, un movimento che si opponga alla politica di coinvolgimento del paese nei piani e nelle guerre imperialiste, di cui sono responsabili l’attuale governo di ND e tutti i precedenti, con i partiti che li sostengono.

La speranza risiede nella scelta di schierarsi con il KKE, prima di tutto nelle lotte, ma anche come opzione politica, scelta che hanno già fatto migliaia di persone che in passato avevano dato fiducia ai partiti della socialdemocrazia e ne sono rimaste deluse. Con in mano il patrimonio della coerenza storica del KKE e delle sue grandi battaglie, andiamo avanti, sempre con la bussola della giustizia popolare, fino alla vittoria finale: il rovesciamento della barbarie capitalista e la conquista del potere operaio e popolare, del socialismo.

 

Note

[1] Il governo di Alexīs Tsipras, dal gennaio 2015 all’agosto dello stesso anno, era sostenuto dalla Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA) e da Greci Indipendenti (ANEL) con anche la partecipazione dei Verdi e di alcuni eletti indipendenti. Per un’analisi delle vicende greche di quel periodo, si rimanda a questo articolo, che alla fine ha anche numerosi link che trattano dell’intero arco delle vicende del governo Tsipras.

[2] ND sta per Nuova Democrazia, partito di centro-destra attualmente al governo in Grecia. PASOK è il Movimento Socialista Panellenico, partito di centro-sinistra che ha egemonizzato la politica greca dagli anni ‘80 ai primi 2000.

[3] Piccolo partito “di protesta” fondato nel 2014 da un giornalista televisivo, famoso per le sue battaglie contro “il potere”: paragonato al M5S in Italia, ha dalla sua però uno spiccato liberalismo e europeismo.

[4] Ci si riferisce alla fase della storia politica greca “moderna”, quindi successiva alla dittatura dei colonnelli. Si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Metapolitefsi

[5] Tutti partiti fondamentalmente nati da scissioni di SYRIZA: rispettivamente “Il corso della libertà”, fondato dopo la caduta del governo Tsipras dall’ex presidente (eletta con SYRIZA) del parlamento; “Nuova Sinistra”, fondato da ex membri di SYRIZA nel 2023; “Fronte della Disobbedienza Realistica Europea” – fondato dal noto Ministro dell’Economia di SYRIZA Yanis Varoufakis, e “Movimento per la Democrazia”, fondato dall’ex leader di SYRIZA Kasselakis nel 2024.

[6] La compagnia ferroviaria greca, che gestisce tutte le linee ferroviarie, privatizzata e dal 2016 al 100% di proprietà delle Ferrovie dello Stato italiane.

[7] Ci si riferisce all’accordo del 2018 tra Grecia e la Macedonia del Nord: la Grecia accettò il riconoscimento dello stato ex-jugoslavo su pressioni UE-NATO, infatti la Macedonia del Nord entrò subito a far parte della NATO e si aprirono le trattative per l’ingresso nell’UE. L’accordo non rappresentò una vittoria diplomatica, come affermò il governo SYRIZA, ma fu un atto di subordinazione alla NATO: servì a legittimare la “sinistra di governo” come garante della stabilità geopolitica per conto dell’imperialismo euroatlantico.

[8] Ci si riferisce alla visita negli USA di Tsipras nell’ottobre 2017, e all’incontro molto cordiale con l’allora presidente Trump, durante il quale venne ribadita la fedeltà euro-atlantica di SYRIZA.

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