Di Josef Brant, da RiktpunKt, organo del Partito Comunista di Svezia (SKP)
22 ottobre 2025
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Quello a cui assistiamo non sono “cambiamenti di valori”, ma la risposta di classe del capitale alla crisi del sistema: inflazione, economia di guerra, stagnazione.
Quando i profitti sono minacciati, la borghesia passa a un regime di aperta coercizione.
Il fascismo è l’altra faccia della democrazia borghese — entrambi sono strumenti per garantire il dominio del capitale a seconda della situazione del momento. Quando il capitale si sente minacciato, il fascismo diventa il mezzo per mantenere il controllo sulla classe operaia e sul popolo.
Per questo il capitale erige una dittatura terroristica aperta, avvolta in “valori tradizionali”, sventolio di bandiere e moralismo religioso, per schiacciare la classe operaia e dividerla.
Negli Stati Uniti si coltiva un vero e proprio culto del martirio attorno alle reti di estrema destra, e si conduce una “guerra interna” contro la sinistra. Trump, Netanyahu e i loro circoli normalizzano il linguaggio sugli “nemici interni” (marxisti, antifascisti, migranti), mentre si espandono sorveglianza, liste nere e mentalità d’eccezione.
L’obiettivo è la disciplina di classe: soffocare gli scioperi, spezzare l’organizzazione, rendere “naturale” l’economia di guerra.
In Russia, l’asse ultraconservatore si raccoglie intorno all’oligarca Konstantin Malofeev e all’ideologo Aleksandr Dugin.
Sotto etichette come la cosiddetta “Lega dei Paladini” si intrecciano legami con l’estrema destra europea — dall’Alba Dorata greca a vari progetti “legge e ordine” — tutto in nome della guerra culturale, tutto per radunare i lavoratori dietro il capitale nazionale.
In India, Modi, il BJP e l’ideologia Hindutva portano avanti un nazionalismo maggioritario che spacca la classe operaia per religione e casta, mentre il diritto del lavoro viene eroso e la forza sindacale schiacciata. Le fratture di classe si nascondono sotto una coltre di sciovinismo color zafferano.
In Cina, il linguaggio della “dittatura del proletariato” è stato da tempo sostituito da quello della “dittatura democratica del popolo” e del “socialismo dalle caratteristiche cinesi”; con la linea delle “Tre rappresentanze”, i capitalisti privati sono stati ammessi nel partito.
Il risultato è un capitalismo guidato dallo Stato, dove i miliardari siedono negli organi di partito e gli operai vengono spremuti nelle catene di montaggio per l’export.
Bandiera rossa, ma logica blu: lo sfruttamento si approfondisce, in patria e nella divisione internazionale del lavoro.
In Svezia, lo Stato marcia al passo del riarmo dei blocchi contrapposti.
Adesione alla NATO, ampliamento dei poteri coercitivi segreti (tra cui la “lettura segreta dei dati”) e l’introduzione di “zone di perquisizione” indicano la direzione: più potere di polizia, meno contenuto sociale.
Il ministro della Difesa Pål Jonson parla apertamente della necessità di “passare a una condizione di guerra” — mentre il welfare viene strangolato e alla classe operaia si chiede di “stringere i denti”.
In Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia si assiste allo stesso slittamento: lo Stato si indurisce, il capitale si arma, e i politici del “centro” spingono leggi repressive ed economia di guerra.
In Germania, l’AfD cresce nel vuoto lasciato da austerità e riarmo, mentre il governo in carica normalizza lo stato d’eccezione e le misure di polizia e sorveglianza — tutto giustificato in nome della “sicurezza interna” e della contrapposizione fra blocchi. Ricorda un certo partito a cui il capitale si rivolse negli anni Venti e Trenta.
In Italia, Meloni e la Lega offrono una combinazione aggressiva di raduni fascisti, sciovinismo, disciplina antisindacale e criminalizzazione della solidarietà con i rifugiati, mentre il bilancio militare cresce.
In Francia, il “centro” bonapartista di Macron ha imposto controriforme sociali e una linea dura contro gli immigrati e sulla polizia; lo “Stato dell’ordine” si espande mentre il capitale invoca “stabilità”.
In Gran Bretagna, Starmer ha fatto suo il linguaggio della destra su “legge e ordine” e “disciplina fiscale”; i diritti di protesta e di sciopero sono stati svuotati e la politica di riarmo resta intatta.
La conclusione per il proletariato è chiara: la fascistizzazione non si manifesta solo in camicie brune e stivali — veste anche con il completo e parla il linguaggio del management.
Perché accade tutto questo?
Alcuni vecchi con la barba e libri pesanti, che un tempo illuminarono e cambiarono il mondo, ne spiegarono la legge: in tempi di crisi, il capitale si toglie la maschera liberale e passa alla reazione e alla repressione.
Carceri, divieti, linciaggio giornalistico — non sono deviazioni, ma il freno d’emergenza del dominio di classe.
Il fascismo è la corazza della borghesia: stessi rapporti di proprietà, stessi profitti, ma con il catechismo della “nazione”, di “Dio” e dell’“ordine” per piegare i molti.
Il fascismo non si presenta solo in camicie brune e stivali — veste anche con il completo e parla il linguaggio del management. Quando il fascismo tende a espandersi, occorre vigilare sugli opportunisti: quelli che si dicono “centro” o “sinistra”, ma legittimano lo stato di guerra, la stretta poliziesca e l’austerità sociale — in Svezia, in Gran Bretagna, in Germania, in Francia e in Italia — cercano di deviare la rabbia proletaria verso la passività parlamentare e il cosiddetto senso di responsabilità. E una classe operaia passiva, che accetta di gestire responsabilmente il capitalismo, è esattamente ciò che permette al fascismo di crescere.
Dobbiamo tenere gli occhi aperti e non lasciarci ingannare: nessun “fronte unito” con i partiti del capitale, nessuna illusione che una gestione che si proclama “popolare” all’interno del capitalismo possa fermare il fascismo o qualsiasi altra forma di inganno ideologico.
Dobbiamo spezzare la divisione.
Organizzare un fronte sociale guidato dalla classe operaia, contro la guerra, il riarmo e la reazione interna; difendere nella pratica i diritti sindacali e le libertà democratiche (sciopero, solidarietà, libertà di stampa dal basso); costruire un programma contro la guerra che metta salari, casa, sanità e scuola prima delle armi.
Il capitalismo genera la guerra — costruiamo la pace, con una politica socialista come unica base duratura per la pace.








