La pubblicazione dell’articolo di Barile fa parte della volontà de “L’Ordine Nuovo di esplorare, per citare l’autore, «terre poco conosciute» senza censure preventive. Ogni contributo in questa direzione è tuttavia sottoposto al necessario dibattito e, se necessario, anche alla critica, come in questo caso.

Esplorare Lenin attraverso autori anticomunisti è un approccio originale, ma le conclusioni tuttavia esigono un’analisi critica che nell’articolo manca. Non concordiamo con l’autore quando scrive che «la strumentalità della concezione politica leniniana, che piega i mezzi allo scopo rivoluzionario, è un tratto caratteristico e originale» di Lenin, in quanto riduce il frutto di un’elaborazione scientifica, fondata sullo studio della realtà e della storia, ad un pragmatismo basato sulla convenienza del momento, presentando la Rivoluzione Socialista come un colpo di stato di una minoranza, non come il risultato di una situazione rivoluzionaria, come tale percepita dalle masse, frutto del convergere di momenti oggettivi (la guerra e la crisi dell’autocrazia e del capitalismo) e soggettivi (l’organizzazione e il lavoro politico dei bolscevichi).

Non è accettabile il tentativo di attribuire a Lenin il sillogismo transitivo, per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, che di fatto accoglie la leggenda reazionaria, tipica dei panslavisti alla Solženicyn, su Lenin “spia” tedesca, sui presunti aiuti dal kaiser e sull’altro ciarpame antistorico e antibolscevico di questo tipo. In tutta l’opera, teorica e pratica, di Lenin non vi è mai neppure un ammiccamento all’imperialismo tedesco, come a nessun altro imperialismo, di qualunque provenienza.

Come ovvio, le esperienze e i movimenti politici precedenti non sono indifferenti per Lenin, ma vengono da lui sottoposti ad un’implacabile critica da solide posizioni marxiste, perciò non concordiamo quando si vuole far apparire nei fatti Lenin come estraneo al marxismo e influenzato da posizioni non marxiste. La sua presa di distanza dall’ideologia e dalla pratica di correnti politiche non marxiste, che pure avevano coinvolto membri della sua stessa famiglia, è netta e senza compromessi, così come lo è nei confronti dei “marxisti ortodossi”. Gli “ortodossi” di allora altro non erano che i meccanicisti riformisti della Seconda Internazionale, poiché tale era la lettura prevalente, dogmatica e distorta, del Marxismo. Lenin, con la sua opera, ripropone una visione rivoluzionaria del marxismo, di cui diviene interprete teorico e pratico, liberando il marxismo dalle ingessature antirivoluzionarie in cui era stato costretto dalla socialdemocrazia.

Non condividiamo inoltre lo sforzo di associare di Lenin al “blanquismo”, quando lo stesso Lenin in più occasioni prese le distanze da questa visione. «Per diventare il potere, gli operai coscienti devono conquistare la maggioranza: fino a quando non ci sarà violenza contro le masse, non c’è altro modo di giungere al potere. Noi non siamo dei blanquisti, non vogliamo la conquista del potere da parte di una minoranza. Siamo dei marxisti e sosteniamo la lotta di classe proletaria contro l’intossicazione piccolo-borghese, contro lo sciovinismo e il difensismo, contro le frasi vuote, contro la soggezione alla borghesia». La Rivoluzione d’Ottobre avviene al momento della conquista della maggioranza nei soviet, quando la minoranza leninista costituita in partito agisce in senso rivoluzionario non appena conquista alle proprie posizioni il consenso della maggioranza dei soviet e dunque dei lavoratori.

Insomma, esplorare terre sconosciute non è un male, a patto che, nel tentativo positivo di cercare analisi creative e di rimuovere la polvere delle celebrazioni, non si finisca per cadere nella trappola di categorie e visioni che, non a caso, sono professate da anticomunisti professionali, quali sono i tre autori citati, il cui rabido anticomunismo non può in alcun modo e sotto alcun pretesto essere assunto a garanzia di una loro presunta “obiettività”.

G.R.

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