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Home›Capitale/lavoro›Il ruolo dello Stato nel conflitto di classe

Il ruolo dello Stato nel conflitto di classe

Di Redazione
29/10/2020
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Non è passato inosservato – grazie a numerosi articoli usciti sull’Ordine Nuovo – il ruolo dello Stato nella crisi economica scatenata dall’attuale pandemia. Un’azione di sempre maggiore intervento nel campo economico e di sostegno alle imprese, in linea con la tendenza sempre più marcata per cui il ruolo dello Stato a supporto del capitale privato è essenziale1, affinché vi siano manovre pubbliche che tutelino il fronte padronale da un drastico calo dei profitti. Numerose sono state le mosse governative che si sono così susseguite, fin dai primi mesi di crisi, a sostegno delle imprese, fra le quali troviamo moratorie sui prestiti o garanzie statali sui finanziamenti aziendali2. Particolare scalpore è stato causato dalla richiesta di FCA, a maggio, di usufruire della garanzia statale sui prestiti bancari, prevista dal DL liquidità, con la quale aveva diritto – di fronte alle perdite economiche causate dalla pandemia – di chiedere un prestito, pari al 25% del fatturato dell’anno precedente, a un istituto bancario con garante, fino al 70% del totale, lo stato italiano tramite la SACE, una controllata della Cassa Depositi e Prestiti. Prestito poi ottenuto – ben 6,3 miliardi con Intesa Sanpaolo – con non il 70%, ma bensì l’80% di garanzia da parte dello Stato, data la strategicità dell’azienda, senza al contempo che venissero bloccati i cospicui dividendi di 5,5 miliardi, previsti per il 2021, fra i propri azionisti3. Detto in soldoni: i soldi pubblici, dei lavoratori, saranno utili alla FCA per pagare i profitti dei propri azionisti.

Che lo Stato si sia rivelato lasco nelle misure concesse alle aziende lo ha rivelato anche lo strumento della cassa integrazione covid. A luglio era emerso che un quarto delle ore Cig era stato concesso ad aziende che non avevano avuto alcun calo di fatturato, il che non solo evidenzia un palese caso di speculazione sull’emergenza covid – senza calo di profitti, alcune imprese hanno risparmiato sul costo del lavoro, mentre i lavoratori si ritrovavano una riduzione media del 27% dello stipendio –, ma suggerisce, data la mancata decrescita dei guadagni, che tali aziende abbiano continuato a far lavorare i propri dipendenti in cassa integrazione, lasciando alle casse pubbliche l’onere di retribuire questi4. Lo Stato ha poi reso ad agosto più selettivo il sistema di conferimento della Cig Covid, senza tuttavia azioni retroattive nei confronti dei furbetti, lasciando in tal modo i lavoratori con una perdità salariale che non verrà loro mai risarcita.

A fronte di numerosi aiuti al mondo padronale, non si può negare che il governo abbia attuato manovre finanziarie in aiuto a lavoratori e alle famiglie in difficoltà. Tali misure, tuttavia, si son rivelate ben meno consistenti di quelle per le imprese e di carattere assai provvisorio, più per placare possibili esplosioni di rabbia sociale che per garantire un miglioramento reale delle condizioni dei lavoratori.

Fra le manovre, troviamo a giugno il blocco per sei mesi degli sfratti, che non fa altro che ritardare inevitabili situazioni di sgombero, non essendoci stato alcun miglioramento della situazione economica di molti di coloro che erano stati colpiti dal previsto sfratto per morosità5. Oltre a ciò, si è molto parlato del blocco dei licenziamenti, prorogato fino al 31 dicembre. Per quanto non sia stato un blocco totale e alcune condizioni permettono il licenziamento, ora la situazione sembra aggravarsi: il ministro dello sviluppo Patuanelli, circa due settimana fa, ha escluso una proroga del blocco, ma ha proposto semmai di vietare i licenziamenti solo a chi continuerà a usufruire della Cig Covid, la quale invece si prospetta di proseguirla anche dopo il 31 dicembre6. Per quanto nulla sia ancora deciso definitivamente in tal campo, è evidente la pressione di Confindustria per evitare un prolungamento del blocco, così da aprire le porte a “ristrutturazioni aziendali”. Come affermato da Bonomi: «Quando scadrà il divieto dei licenziamenti per le aziende sarà un momento critico. Temo che ci sia la necessità di riorganizzare le imprese, questo vuol dire ristrutturare. Io temo purtroppo che ci sarà non dico un’ondata, ma un numero molto importante di licenziamenti»7.

Se vi sono state limitate e momentanee manovre per il mondo salariato, non mancano tuttavia, pure in questo periodo di emergenza sanitaria, atti repressivi dello Stato, in appoggio alle aziende, per limitare le richieste dei lavoratori più combattivi in certi settori. Si pensi al mondo della logistica, che è stato spremuto nel periodo del lockdown in quanto servizio essenziale, e al caso della Fedex-TNT a Peschiera Borromeo, dove 66 lavoratori interinali iscritti al SI Cobas avevano un contratto sindacale che prevedeva l’assunzione a tempo indeterminato. Nonostante ciò, finito il lockdown, l’azienda non solo non ha rispettato il contratto, ma ha persino deciso di licenziarli. I lavoratori non sono rimasti a guardare e si sono organizzati in opposizione a tale decisione, trovandosi di fronte la presenza di polizia, carabinieri, l’esercito e infine addirittura guardie private coi taser8.

Insomma, quest’ultimo periodo ben delinea l’idea di uno Stato tutt’altro che neutrale, bensì attento alla tutela dei profitti delle imprese a discapito dei lavoratori, verso i quali sono dirette manovre di ben limitato aiuto o addirittura azioni di carattere repressivo. Che lo Stato non sia un giudice imparziale fra le classi non è certo una novità nel mondo marxista. Esso, per usare le parole di Engels, «è piuttosto un prodotto della societa giunta a un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa societa si è avvolta in una contraddizione insolubile con se stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente a eliminare. Ma perché questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto non distruggano se stessi e la societa in una sterile lotta, sorge la necessita di una potenza che sia in apparenza al di sopra della societa, che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell’“ordine”». Una potenza che è sì nata in mezzo al conflitto fra classi, ma che è, «per regola, lo Stato della classe piu potente, economicamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e così acquista un nuovo strumento per tener sottomessa e per sfruttare la classe oppressa». Lo Stato è dunque una formazione storica, legata ad un preciso contesto e caratterizzata dall’obiettivo di gestire il conflitto di classe a favore del gruppo dominante e sfruttatore:

«Come lo Stato antico fu anzitutto lo Stato dei possessori di schiavi al fine di mantener sottomessi gli schiavi, così lo Stato feudale fu l’organo della nobilta per mantenere sottomessi i contadini, servi o vincolati, e lo Stato rappresentativo moderno è lo strumento per lo sfruttamento del lavoro salariato da parte del capitale»9.

La realtà statale assume così una funzione bilanciatrice e di tutela dello status quo, tramite una politica che può essere e spesso è di carattere repressivo – da qua la centralità dell’istituzione di una forza d’ordine pubblica come la polizia –, ma che è altresì attenta alla questione del consenso. Come ben sottolineato da Gramsci nei Quaderni, l’azione statale è un mix fra «dittatura» ed «egemonia», cioè fra l’uso della forza e lo sviluppo di consenso nella classe sottomessa. Solo se si riesce a convincere gli stessi lavoratori che l’attuale assetto politico ed economico è giusto, o che perlomeno non vi sono alternative percorribili, si riesce a creare una forte stabilità all’assetto vigente, che è assai difficilmente sostenibile tramite la pura azione coercitiva. Più si insinua una crisi d’autorità, più i lavoratori iniziano a spingere per un cambiamento rispetto all’attuale assetto, e più lo Stato è costretto a dare concessioni al fronte proletario o aumentare la repressione, a seconda del contesto e di cosa sembra più adatto a riprendere il controllo e, si spera, l’appoggio della maggioranza.

disuguaglianze sociali

Si pensi agli anni ’10 e ’20 in Italia, caratterizzati da forti spinte proletarie per un cambiamento dello status quo. Per quanto ci siano state lotte di notevole portata – ad esempio, l’esperienza torinese dei consigli10 –, la disorganizzazione del fronte operaio e l’arretratezza delle organizzazioni sindacali e politiche ha permesso al fronte padronale di spingere per una stretta repressiva, la quale ha favorito l’ascesa del fascismo e l’oppressione di tutte le realtà d’opposizione al regime e all’assetto vigente. Fascismo che, per quanto sia stato un esempio lampante di aumento dell’azione repressiva dello Stato, non ha dimenticato anch’esso di ricercare la via del consenso, tramite una propaganda tesa a convincere i lavoratori, a dispetto del peggioramento delle condizioni reali di lavoro e di vita, dei benefici che il fascismo portava alla società nel suo complesso.

In altri contesti, invece, si son visti prevalere maggiori concessioni ai lavoratori, come nell’immediato dopoguerra, quando la caduta del fascismo, il ruolo centrale nella guerra di liberazione dei lavoratori e del Pci, la presenza dell’Urss, ecc., rendevano assai pericoloso un agire esclusivamente repressivo. Si rivelava più utile qualche concessione che attenuasse il conflitto ed evitasse una radicalizzione dello scontro che potesse minare alle fondamenta l’ordine costituito. Proprio da questa situazione è sorta la costituzione italiana, spesso chiamata in causa come espressione avanzata di tutela dei diritti dei singoli e dei lavoratori, che va difesa e affermata di fronte allo smantellamento dei diritti e al paggioramento delle condizioni lavorative e di vita. Certamente essa si rivela tutt’oggi essere un’espressione avanzata di quanto il fronte proletario sia riuscito a ottenere nella lotta, ma non va assolutamente intesa come un punto d’arrivo, né come la prova della neutralità dello Stato come organo capace di mediare fra le parti. Essa è stata il frutto del conflitto di classe, in un momento particolarmente favorevole al fronte dei lavoratori, ma, proprio in quanto frutto di un conflitto non concluso, si rivela momentanea e continuamente sottoposta ad attacchi dal fronte padronale per lo smantellamento delle posizioni più avanzate, specie nei momenti in cui la classe lavoratrice è meno organizzata e pronta a controbattere. Si pensi all’ultimo referendum sul taglio dei parlamentari, che ha permesso di ridurre la rappresentanza già limitata della democrazia borghese italiana11. Da ultimo, si faccia anche caso al fatto che la costituzione, fin dalla sua nascita, poneva in ogni caso chiari paletti al possibile avanzamento dei diritti dei lavoratori. Se infatti vi sono articoli di fondamentale importanza relativamente alle tutele sociali, al diritto allo studio, ad un lavoro dignitoso, ecc.12, dall’altro lato è la stessa costituzione che afferma (art. 42) che «la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge». Proprietà privata che è il fondamento dell’assetto capitalista, i cui sviluppi finiscono per cozzare e contraddire gli stessi proclamati principi di uguaglianza e dignità a livello economico e sociale. Non va ovviamente nascosto che semrpe l’art. 42 evidenzia che la legge deve regolamentare la proprietà privata affinché ne sia assicurata la «funzione sociale» e sia resa accessibile a tutti, ma si tratta anche qua di proclami che cozzano con i reali sviluppi della società borghese e vi cozzano tanto più quanto meno i lavoratori sono combattivi e organizzati per reagire agli attacchi padronali.

Concludendo, si può comprendere, da questi esempi e molti altri che si potrebbero analizzare, come i lavoratori non debbano aspettarsi nessuna panacea dallo Stato nei confronti delle contraddizioni che il capitalismo fa provare sulla loro pelle, essendo lo Stato stesso partecipe e garante del sistema di dominio borghese. L’unica soluzione possibile può provenire esclusivamente dai lavoratori stessi, organizzati e coscienti della loro forza.

di Francesco Pietrobelli

Fonti:

1 Per approfondire, Lo Stato come leva competitiva del capitale nella crisi: shorturl.at/kuEIN.

2 Per approfondire, Lo stato al fianco delle imprese: socializzare le perdite, privatizzare i profitti: shorturl.at/eGI36.

3 Per approfondire, Così i lavoratori pagheranno (di nuovo) i dividendi della Fiat: shorturl.at/kwBU0.

4 Per approfondire, Lo Stato, il governo e il parassita: shorturl.at/himyP.

5 Per approfondire, Fino a qui tutto bene. Sulla questione abitativa e la prorofa degli sfratti in Italia: shorturl.at/hrLZ2.

6 https://www.repubblica.it/economia/2020/10/15/news/patuanelli_cassa_integrazione_blocco_licenziamenti-270628386/.

7 https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2020/10/08/bonomi-sara-numero-molto-importante-licenziamenti_vavZaznb85fpLwUTUvAdDL.html?refresh_ce.

8 Per approfondire, Dalla logistica al contrattacco di classe: intervista a un delegato Si Cobas: shorturl.at/aqtQY.

9 F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.

10 Per approfondire, L’Ordine Nuovo e i consigli di fabbrica: shorturl.at/qswDF.

11 Per approfondire, A chi serve ridurre la classe padronale?: shorturl.at/myz02.

12 Solo per fare un esempio, si guardi questo passo dell’articolo 3: «E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

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