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Per una critica marxista della scienza

Di Redazione
11/09/2022
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Per una critica di classe alla pandemia

In questo articolo si vuole  esporre un punto di vista marxista sulla scienza in un periodo storico in cui, a causa delle crisi pandemica e ambientale in atto, il dibattito pubblico è polarizzato tra uno scientismo assoluto e una critica reazionaria alla scienza. In questo contesto i marxisti, anche a causa della debolezza del movimento comunista a livello nazionale e internazionale, non sono riusciti a costruire una propria critica finendo alla coda di uno o di un altro campo, entrambi avversi agli interessi dei lavoratori. Nel testo ci si concentrerà per lo più sulla questione pandemica, ma lo stesso tipo di approccio e di considerazioni possono essere estese ad altri settori scientifici.

Per sviluppare questa posizione utilizzeremo due articoli di Richard Levins, biologo e matematico che ha finito la sua carriera insegnando ecologia ad Harvard, storico militante marxista, che nelle sue riflessioni cala l’attività scientifica all’interno dei processi storici e sociali. Si tratta di “Is capitalism a disease?” e “Ten propositions on science and anti-science”. Benché pubblicati la prima volta più di venti anni fa, il lettore si renderà facilmente conto della loro attualità.

La critica reazionaria alla scienza

Le conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia hanno evidenziato i limiti non solo dell’uso, ma anche della logica della scienza in un regime borghese. Una logica che, come ci ricorda proprio Richard Levins, aveva portato ad annunci trionfalisti sul progressivo estinguersi delle malattie infettive in virtù degli avanzamenti scientifici e tecnologici.  Le clamorose smentite di queste prospettive ottimistiche non hanno portato però a critiche volte a perfezionare (né tantomeno a rivoluzionare) questo modello di scienza, ma al proliferare di tutta una serie di teoremi complottisti che rasentano la negazione della realtà e rifiutano qualsiasi approccio scientifico ai problemi che il mondo attuale ci pone davanti, anziché porsi il compito di superarne i limiti. 

“…ci sono diversi tipi di critica alla scienza. Una critica conservatrice eredita la critica pre-capitalista. Questa è turbata dalla sfida che la conoscenza scientifica pone alle credenze religiose tradizionali, alle regole sociali e ai governanti, non approva il giudizio indipendente di idee e valori, non richiede prove laddove l’autorità si sia già pronunciata, ed è quindi turbata dal lato radicale della scienza. I creazionisti identificano abbastanza accuratamente il contenuto ideologico della scienza, che etichettano come umanesimo secolare, contro la formula liberale della scienza come opposto neutrale dell’ideologia. Ma non importa quanto cerchino nelle riviste scientifiche prove di conflitti tra gli evoluzionisti e punti deboli nella moderna teoria evoluzionistica, la loro sfida non è rendere la scienza più “scientifica”, più democratica, meno vincolata dall’ideologia oppressiva e più aperta. Propongono piuttosto di tornare alla fede, ai tipi più evidenti di autorità e alle certezze anti-intellettuali. Il loro anti-intellettualismo di pancia è spesso espresso per il gusto di porre in contrasto le stupidità degli scienziati con la saggezza de “l’uomo semplice”, gusto che a prima vista sembra essere democratico. Ma questa non è l’affermazione che tutti siano capaci di un pensiero rigoroso e disciplinato. Al contrario, nega del tutto l’importanza di un pensiero serio e complesso a favore dell’intuito spontaneo delle credenze popolari.” 1

In questo passaggio il biologo evidenzia alcuni tratti della critica di “destra” alla scienza. Questi tratti sono evidenziati per un caso particolare, quello della critica all’evoluzionismo, ma sono comuni, volendo attualizzare, anche alla critica posta dai settori no vax. Abbiamo visto come la comunità no vax abbia costruito la propria narrazione andando a cercare, come gli antievoluzionisti di cui sopra, lo scienziato di turno in controtendenza (il dott. Montagnier per i vaccini o il prof. Zichichi sul tema ambientale) o alcune contraddizioni tra i paper scientifici prodotti, ignorando che il processo scientifico è un processo in divenire non privo di contraddizioni, per cui alcune certezze date per assodate sotto determinate circostanze, anche sociali, potranno cambiare. Questo vuol dire che il vaccino sia dannoso o mortale? No, vuol dire che il vaccino non è la panacea di tutti i mali, ma uno strumento da inserire in una strategia più ampia. Come si può leggere in un articolo apparso su questa rivista prima che fosse distribuito il primo vaccino: “la campagna vaccinale è il prosieguo della stessa logica con altri mezzi. A parità di sale d’attesa e obitori pieni, permette all’economia una maggiore ripartenza. A parità di ripartenza economica, svuota relativamente sale d’attesa e obitori a seconda degli indirizzi del governo di ciascun paese. A spese del resto del mondo, in gran parte privo delle scorte vaccinali sufficienti, e parzialmente del proprio, nel caso emergesse nella parte del mondo priva di immunità una mutazione capace di aggirare la barriera vaccinale e far tornare il virus in quella immunizzata”.

Il problema è proprio qui, che la scienza in contesto capitalista è scienza individualista e le misure collettive, che anche nei regimi liberali non hanno da invidiare nulla al peggiore “autoritarismo”, hanno la funzione primaria di garantire la libertà dei profitti privati. La differenza con Cuba a tal proposito è un esempio lampante. Nell’ isola socialista, nonostante tutte le difficoltà economiche dell’embargo, non solo si è riusciti a sviluppare in tempi record un efficientissimo vaccino, ma la campagna vaccinale  è stata accompagnata da misure di informazione e prevenzione che fanno sì che oggi il Covid sia pressoché debellato.

 Il limite della scienza capitalista

In un momento storico in cui le contraddizioni del capitalismo nella sua fase attuale si fanno più accentuate, il movimento comunista non è stato capace di stare al passo e pezzi dell’area comunista hanno abbandonato ogni visione scientifica, materialista e dialettica della realtà. Se da un lato le istituzioni e il volto pubblico della scienza proponevano il vaccino come la panacea di tutti i mali, dall’altro questi “compagni” rinunciavano a una critica della strategia capitalista di contenimento e superamento della pandemia, finendo alla coda di qualsiasi genere di delirio cospirazionista, mettendo in dubbio l’utilità dei vaccini, anzi insinuando persino la pericolosità di questi ultimi come strumento di controllo sociale. 

“La critica marxista tenta di vedere la scienza sia nei suoi aspetti liberatori che oppressivi, sia nelle sue profonde intuizioni che nella cecità interessata, di guardarla come a un modo mercificato di affrontare reali fenomeni naturali e sociali”1

Quando si parla di scienza influenzata dal contesto socio-economico, non si parla del fatto che le case farmaceutiche abbiano inventato il Covid in provetta in un grande piano per venderci i vaccini, o che i vaccini siano uno strumento per controllare la popolazione tramite il 5G, ma si parla di come vengono utilizzati gli strumenti della scienza e di dove e come siano indirizzati gli sforzi scientifici. La questione centrale, quindi, non è tanto il vaccino, strumento assolutamente necessario, ma la strategia generale proposta dai governi e dalle case farmaceutiche per uscire dalla pandemia. A tal proposito è giusto sottolineare tre punti:

  1. Proporre l’utilizzo di un vaccino senza fare nient’altro è stata una risposta assolutamente congeniale alle classi dominanti che hanno trovato uno strumento per abbassare l’incidenza della mortalità della malattia, garantendosi così l’accesso alla forza lavoro. Rimettendo in moto il prima possibile una produzione che con la pandemia non si è mai fermata del tutto. Sarebbe stato invece altamente inconciliabile con gli interessi della borghesia una risposta alla pandemia che oltre a una campagna vaccinale seria e obbligatoria avesse affiancato un miglioramento effettivo della sanità e del trasporto pubblico, per evitare che l’intero sistema sanitario andasse al collasso (andranno prima o poi calcolati i danni sanitari dovuti alle mancate cure a causa degli ospedali in tilt per il covid) e per evitare che i lavoratori e gli studenti ogni giorno siano esposti al contagio su mezzi pubblici che sono carri bestiame. Come già detto, oggi giorno il covid non è stato né debellato né superato, è stata solamente raggiunta una condizione di convivenza con il virus tale da non intaccare le necessità capitalistiche, che questa convivenza invece sia sostenibile per la collettività è ancora tutto da dimostrare.
  2. Sulla questione vaccino e case farmaceutiche sarebbe stato necessario portare avanti una critica durissima alle compagnie farmaceutiche sull’accessibilità dei vaccini in tutto il mondo arrivando fino a contestare la proprietà intellettuale e dei mezzi produttivi del vaccino. Difatti la differente diffusione dei vaccini ha prodotto il dilagare il covid-19 nei paesi meno sviluppati, causando migliaia di morti e facendo sviluppare varianti del virus che poi hanno reso meno efficace la copertura vaccinale anche dei paesi occidentali. L’intera agenda di diffusione dei vaccini non è stata dettata dalle necessità della popolazione mondiale, ma dalla possibilità di fare profitto. Anche in questo caso l’esempio di Cuba rispetto alla distribuzione del proprio vaccino ci dice che un altro modello sanitario era possibile. 
  3. La tecnologia dei vaccini ad mrna viene ora utilizzata per produrre strumenti sanitari contro altre malattie, ad esempio l’HIV. Questa malattia però è presente da tempo, perché non si sono fatti prima questi avanzamenti tecnologici?  Questo salto tecnologico non è stato fatto perché i costi di questo avanzamento nella strumentazione non sarebbero stati assorbiti dalla vendita di un prodotto di “nicchia”, con l’arrivo su ampia scala del covid 19 la profittabilità di tali tecniche è aumenta permettendo così gli investimenti. Anche qui si vede come la scienza non sia libera dalle logiche capitaliste, ma sia un mero strumento utilizzato non per debellare malattie ma per fare profitto.  

Questo breve e schematico elenco di alcune delle cause più lampanti della malagestione della pandemia, possono essere ricondotte in ultima istanza al fatto che 

“la salute è parte del salario sociale, dei mezzi di sussistenza e quindi del valore della forza lavoro, e quindi naturale oggetto di contesa della lotta di classe. Ma [che] la salute è anche un bene di consumo, soprattutto per i più abbienti, che possono permettersi trattamenti sanitari per sé stessi. Piuttosto che migliorare la qualità dell’acqua, comprano acqua minerale; piuttosto che migliorare la qualità dell’aria, utilizzano bombole d’ossigeno nei loro appartamenti. La salute è anche una merce, su cui investe l’industria sanitaria, ospedali e aziende farmaceutiche. L’assistenza sanitaria la vendono a tutti quelli che se la possono permettere; tentando di convincere anche quelli che non ne avrebbero bisogno.”2

Da questo deriva un’impostazione generale che sin dalle prime mosse della ricerca di base porta a un riduzionismo incapace di guardare alla complessità dei fenomeni. Da una parte la scienza attuale è in grado di rispondere con sempre più precisione alla domanda “di cosa è fatto?” qualcosa, di rendere sempre più raffinata la comprensione del particolare e così sviluppare soluzioni specifiche e, quindi, vendibili sul mercato. Dall’altra parte perde di vista il quadro d’insieme, le connessioni profonde e i processi storici alla base dei fenomeni.

Il campo di classe e la critica marxista della scienza

Se la classe dominante è quindi in grado di piegare l’impresa scientifica ai suoi interessi, questo non significa che le reazioni che suscita siano automaticamente nell’interesse della classe lavoratrice. Dice  Levins: “A causa delle sempre più evidenti cecità, ristrettezza, dogmatismo, intolleranza e interesse privato della scienza ufficiale, sono sorti movimenti alternativi, soprattutto nel settore sanitario e agricolo. Questi devono essere esaminati con gli stessi strumenti che usiamo per guardare alla scienza “ufficiale”. Chi li possiede, da dove vengono, quali punti di vista esprimono, come vengono convalidati, quali pregiudizi teorici manifestano? Incorporati come sono in un contesto capitalista, questi movimenti alternativi sono anche un campo di sfruttamento, producono merci e spesso sono investiti da un clamore commerciale senza vergogna. Anche loro hanno radici di classe che portano alcuni a separare gli individui dalla causalità sociale.” Se seguiamo il metodo sopracitato è facile notare come dietro le visioni negazioniste/complottiste sul covid si celino determinati settori sociali. Agli inizi della pandemia i primi movimenti antiscientifici che si sono palesati sono stati i cosiddetti no-mask, questi si mobilitarono contro le chiusure negando l’esistenza del virus o quanto meno la reale pericolosità. La base materiale di queste rivendicazione è rappresentata dagli interessi della piccola borghesia che, già schiacciata dal processo di accumulazione capitalista, non poteva reggere a dei periodi di chiusura forzata, trovando come soluzione la negazione della realtà. Poi, con il susseguirsi delle misure anti pandemiche, questo movimento si è evoluto diventando no-vax/no-green pass. Anche qui si evidenzia come attore principale la piccola e media borghesia e la sua faccia reazionaria. Invece di vedere nel vaccino la via d’uscita collettiva dalla pandemia che permettesse una graduale riapertura, ha prevalso la volontà del tutto e subito. Il vaccino e il conseguente green pass diveniva dunque un impedimento tra loro e un profitto immediato, così le battaglie per la “libertà” contro il complotto del vaccino hanno preso piede. 

Un ragionamento analogo può e dovrà essere fatto sulla questione ambientale, da un lato il grande capitale che ha la forza economica per ristrutturarsi utilizza la questione green per fare il cosiddetto green-washing e sfruttare strumentalmente la questione ambientale per fare profitto e rimanere ugualmente la principale causa di inquinamento del pianeta, mentre dall’altro lato la piccola borghesia che non dispone delle risorse per potersi ristrutturare e cavalcare l’onda green si trova schiacciata e quindi diventa terreno fertile per lo sviluppo di teorie che negano l’esistenza di un problema climatico.  

In conclusione, il nostro compito come comunisti deve essere quello di non abdicare mai ad una propria visione del mondo, pena il rischio di mettersi alla coda di analisi che non si fondino sul materialismo e che soprattutto non abbiano una visione di classe. Il marxismo deve essere un campo inaccessibile al nemico e il primo modo per essere inaccessibile è non rinunciare mai all’ arma della critica secondo le proprie categorie. Se per Levins “Il miglior modo per difendere la scienza dall’ attacco reazionario è quello di insistere per una scienza per le masse” noi, che vogliamo difendere il carattere liberatorio e progressivo della scienza, dobbiamo armarci delle nostre intelligenze per evitare che la critica alla scienza borghese sia lasciata al nemico. In questo modo eviteremo che la nostra classe di riferimento stia alla coda di teorie di  natura reazionaria riuscendo così ad avere un punto di vista autonomo, scientifico e accessibile.

Riccardo Beschi, Luca De Crescenzo, Flavio Scuti

 

1 – Levins, Richard. “Ten propositions on science and antiscience.” Social text 46/47 (1996): 101-111.

2 – Levins, Richard. “Is capitalism a disease? The crisis in US public health.” Monthly Review 52.4 (2000): 8.

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