Le esternalizzazioni nel settore pubblico: interesse privato e sfruttamento all’Università della Calabria
Parlare delle esternalizzazioni negli enti e negli istituti pubblici significa raccontare come l’interesse del profitto privato e l’approccio “aziendalista” e privatistico nella gestione di questi enti (con la priorità data ai vincoli di bilancio rispetto alla qualità del servizio) convergono per rendere il settore pubblico uno dei tanti contesti in cui la qualità della vita dei lavoratori viene sacrificata in nome delle esigenze del mercato e dell’interesse privato e personalistico. Oggi lo faremo introducendo alcuni aspetti generali del problema e affrontando, con un’intervista, il caso pratico dei lavoratori delle pulizie dell’Università della Calabria, assunti dall’azienda Snam Lazio S.r.l. in regime di appalto.
Uno degli strumenti attraverso i quali la Pubblica Amministrazione italiana sta riuscendo a scaricare le ristrettezze di bilancio sui lavoratori che portano avanti i servizi che essa offre sono le sempre più frequenti esternalizzazioni a privati di questi stessi servizi. Grazie, ad esempio, ad appalti al massimo ribasso (dopo aver fissato le caratteristiche minime che l’opera deve rispettare, l’appalto viene vinto da chi offre il prezzo più basso) o alla possibilità di dirottare sull’appaltatore la responsabilità delle mancate retribuzioni ai lavoratori, le istituzioni pubbliche hanno l’opportunità di de-responsabilizzarsi rispetto al trattamento ricevuto dai dipendenti e valorizzare, così, il risparmio conseguito. Naturalmente, non è solo questo il motivo per cui esternalizzare diventa così allettante per chi dirige enti pubblici: come vedremo, il conflitto di interessi tra la classe dirigente pubblica e i soggetti privati svolge un ruolo cruciale che, per certi versi, fa andare l’ente appaltante nella direzione opposta rispetto a quella del conseguimento del risparmio indiscriminato.
La tendenza a “competere al ribasso” scaricando il risparmio sui salari dei lavoratori è stata riconosciuta nel fenomeno delle esternalizzazioni (sia all’interno del pubblico che del settore privato stesso) perfino dalla Commissione Garanzia Sciopero, l’ente preposto al rispetto dei criteri che i dipendenti dei servizi pubblici essenziali devono rispettare prima di indire uno sciopero, secondo le stringenti norme prodotte all’inizio degli anni Novanta. La Commissione ha rilevato, nelle sue ricerche empiriche, che nell’ambito di diversi servizi ad alta intensità di lavoro il ricorso all’appalto e al subappalto è dettato essenzialmente da ragioni attinenti al risparmio e all’abbattimento del costo del lavoro, anche in contesti molto redditizi, ed è all’origine di gravi problematiche sociali che si sono acutizzate con la crisi e che costituiscono la principale causa di insorgenza dei conflitti.
I problemi individuati da queste ricerche sono specialmente tre:
1) il dumping salariale reso possibile dall’applicazione lungo la filiera di CCNL diversi, dall’ambito di applicazione onnicomprensivo e trasversale, che alimentano la concorrenza al ribasso. Appaltatori e subappaltatori, in altre parole, disgregando il corpo del personale depotenziano le rivendicazioni, oltre riuscire ad applicare CCNL meno tutelanti, grazie al fatto di essere spesso società ibride che si occupano di diversi tipi di servizi insieme. Tipica è l’applicazione del CCNL “Multiservizi” a un’ampia varietà di mansioni;
2) il ritardo o i mancati pagamenti delle retribuzioni ai lavoratori che, come accennato prima, spesso dipendono dalla mancata erogazione da parte dell’ente locale committente delle risorse finanziarie pattuite per lo svolgimento dei servizi. Questa tendenza alla de-responsabilizzazione è aggravata dal fatto che la stessa Commissione di Garanzia, che spesso indaga questi comportamenti, non ha un reale potere sanzionatorio nei confronti delle stazioni appaltanti;
3) la tutela dei lavoratori nel cambio di appalto, facilmente aggirabile: con l’ordinanza n. 22212 del 14.07.2022, la Cassazione afferma che, in caso di cambio d’appalto, l’azienda che subentra, a prescindere dalla clausola di salvaguardia, non è obbligata ad assumere il dipendente dell’impresa uscente, se lo stesso è privo della necessaria attitudine professionale.
A tutto ciò fa da cornice la difficoltà che i sindacati hanno nel fare rispettare le tutela fin dall’origine della “filiera”: le organizzazioni sindacali segnalano la sempre più frequente sparizione dai capitolati di gara delle clausole che indicavano uno specifico CCNL di riferimento da applicare ai lavoratori, insieme alla difficoltà di gestire le relazioni con aziende strutturate e diffuse sul territorio, in cui convivono e spesso si sovrappongono diversi comparti della contrattazione collettiva, con sempre più frequenti richieste di flessibilità e mobilità nell’organizzazione del lavoro. Le norme, infatti, permettono all’appaltatore principale di spezzettare il servizio di cui è titolare affidandolo a subappaltatori che applicano un CCNL diverso, pur se sempre coerente con l’oggetto dell’appalto. In questo modo, i padroni realizzano l’obiettivo di trasformare il contratto collettivo in un mezzo per fomentare la concorrenza al ribasso.
Per fare un esempio delle discrepanze che si creano, il CCNL Multiservizi – come detto uno dei più diffusi tra gli appaltatori, specie nel settore delle pulizie – prevede una retribuzione oraria minima pari a circa euro 6,52 (lordi) contro gli 11 euro circa del CCNL Igiene ambientale. Qualche anno fa, riguardo al caso Hera, il sindacato SI Cobas ha stimato una perdita annuale retributiva per lavoratore intorno ai 15.000 euro.
I rapporti di forza tra padroni e lavoratori nel contesto degli appalti e dei subappalti sono ulteriormente peggiorati come conseguenza dell’abolizione del limite al subappalto. In ottemperanza alle regole decise in sede Europea, infatti, il limite percentuale al lavoro da poter dare in subappalto è stato eliminato dal governo Draghi, facendo un enorme favore alla mafia e al caporalato.
Che il subappalto e le esternalizzazioni in generale abbiano attecchito nel settore pubblico italiano non è una novità di questi anni: già nel 2011 era stato pubblicato il rapporto Isfol, che evidenziava come nel periodo 2004-2009 la pubblica amministrazione in Italia fosse già il quarto settore per il ricorso agli strumenti dell’esternalizzazione, dopo quello dei trasporti, dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni – contando per un 17% del valore totale dei contratti nel settore dei servizi esternalizzati. Si tratta, dunque, di uno strumento che ormai da lustri si è imposto come preponderante nel processo di privatizzazione dei servizi pubblici.
Sono molte le Università che hanno adottato negli ultimi anni questa pratica, appaltando servizi imprescindibili nelle attività di didattica e di ricerca come i servizi di pulizia e della mensa, del portierato e della biblioteca. L’autonomia degli atenei, in combinazione con l’afflusso sempre più scarso dei fondi statali, ha favorito questo fenomeno. Il personale esternalizzato si trova spesso privo di rappresentanza negli organi universitari, oltre ad essere spesso non sindacalizzato, per i motivi che abbiamo sopra descritto. Molte sono le piattaforme nate nelle Università italiane negli ultimi anni per lottare contro questo stato di cose.
In una di esse si legge di un’ulteriore caratteristica delle esternalizzazioni: la capacità di mascherare l’effettiva esistenza del precariato. È vero, scrive il collettivo Bibliocoop dell’Università di Torino, «che i nostri contratti sono a tempo indeterminato, il che esclude noi e chiunque sia nella nostra situazione dalle statistiche sul lavoro precario, ma il nostro lavoro è sempre stato legato agli appalti d’ateneo. Per essere più espliciti, se l’Università decidesse di eliminare o ridurre l’appalto a cui siamo legati, la ditta o la cooperativa per cui ci trovassimo a lavorare in quel momento ci licenzierebbe perché non esisterebbero più il posto e le mansioni per le quali siamo stati assunti e assunte».
Passiamo ora a illustrare il caso dei lavoratori delle pulizie dell’Università della Calabria, assunti dalla ditta esterna Snam Lazio S.r.l. Nel mese di maggio di quest’anno essi sono stati protagonisti di una lettera di denuncia pubblica delle loro condizioni di lavoro, di cui riportiamo uno stralcio:
quando nel 2022 l’azienda vinse l’appalto quest’ultima ci aveva assicurato che le nostre condizioni lavorative sarebbero migliorate e che nessun posto di lavoro si sarebbe perso. Avremmo fatto più ore e avremmo guadagnato di più a fine mese. La realtà però è molto diversa perché ad oggi solo un ristretto numero di lavoratori riesce ad avere un monte ore in grado di portare a casa uno stipendio dignitoso. Il nostro compenso orario si aggira intorno ai 5 euro, portiamo addosso indumenti e scarpe, vecchie e consumate, e le poche ore di lavoro (3-4 al giorno) non bastano quasi mai per pulire da soli, molto spesso, interi cubi o coprire centinaia di metri quadri, come ci viene detto dall’azienda e per questo abbiamo dei ritmi insostenibili.
Da allora questi operai hanno ricevuto l’appoggio militante della sezione di Cosenza del Fronte della Gioventù Comunista e del Fronte Comunista, che li ha invitati a partecipare ad un’assemblea pubblica nella quale, insieme ad altri lavoratori in lotta per specifiche vertenze, essi hanno denunciato pubblicamente le contraddizioni interne all’Università della Calabria.
Intervistiamo Angelo (nome di fantasia), uno degli operai più attivi della protesta.
Per discutere della vostra situazione, innanzitutto, vorremmo degli aggiornamenti. È cambiato qualcosa da quando avete pubblicato quella lettera a maggio?
Da quando abbiamo mandato quella lettera la situazione non è migliorata, anzi è andata peggiorando perché le ditte non hanno paura di nessuno, non hanno né il timore di una sollevazione dei lavoratori né quello di ricevere una semplice denuncia. Si sentono garantite dalle istituzioni e da diversi soggetti che fanno parte della classe dirigente di queste istituzioni. Bisogna riconoscere chiaramente che l’unico modo per ottenere un avanzamento di lunga durata nelle nostre condizioni è abbattere questo sistema fatto di conflitti di interesse e legami tra i padroni delle aziende in appalto e subappalto ed enti appaltanti.
Puoi descriverci nel dettaglio la vostra situazione attuale?
Continuiamo, dopo vent’anni di lavoro continuativo, ad avere contratti di poche ore alla settimana. Dei contratti che, oltre a non concederci un livello di vita dignitoso, non possono garantire neanche il servizio minimo di pulizia che dovrebbe essere assicurato dall’azienda all’Università, sebbene quest’ultima spenda somme adeguate a questo, in teoria. Faccio un esempio: in un cubo della struttura [l’Università della Calabria è suddivisa, sul piano architettonico, in cubi, ognuno dei quali ospita, in genere, una facoltà, n.d.r.] c’è, come addetta assunta dalla ditta, una signora che lavora tre ore al giorno e percepisce 500 euro al mese, ma per garantire le pulizie nello stesso cubo la ditta percepisce dall’Università 20.000 euro. Al fatto che le ore previste dai contratti non garantiscono un livello di pulizia adeguato la Snam sopperisce operando degli “interventi straordinari” che si fanno retribuire profumatamente dall’ateneo, e questo è un abuso vergognoso: da un lato non assicurano il servizio con la somma percepita, dall’altro richiedono altro denaro per fare ciò che era già previsto dal capitolato. Tra l’altro, gli straordinari non sono assegnati in maniera uniforme tra i lavoratori, creando di proposito altre divisioni e conflitti. La lotta che portiamo avanti è anche quella del riconoscimento per tutti i dipendenti storici di un aumento uniforme delle ore di lavoro.
Perché i lavoratori stanno cominciando a mobilitarsi proprio ora?
I dirigenti dell’azienda non hanno mantenuto le promesse, che avevano fatto, di incrementare il livello contrattuale a qualcuno e di riconoscere lo scatto di anzianità ad altri. Mi meraviglia il fatto che il Rettore, sempre attento a tessere le lodi dell’Unical come ateneo all’avanguardia su tutti i campi in Italia, non si sia mai interessato a questa situazione. È realmente possibile che egli non sia a conoscenza dei fatti? Un’altra situazione paradossale venuta alla luce di recente è che quando serve altro personale la Snam, invece di aumentare le ore di servizio ai lavoratori in organico, assume nuovo personale attraverso agenzie per il lavoro. Questo serve per non dare troppo “potere” ai dipendenti storici e attingere, piuttosto, a un bacino di precari estremamente ricattabili quali quelli costretti a rivolgersi a queste agenzie.
Avete mai tentato di farvi assumere direttamente dall’Unical?
Lo abbiamo chiesto decine di volte ma l’Unical non ha mai neanche risposto alle nostre istanze. Non sono l’unico ad essere assunto a tre ore al giorno da vent’anni, ci sono tra i centotrenta colleghi tantissime persone nella stessa situazione, c’è qualcuno persino con venticinque anni di servizio. E parecchi altri lavoratori sono nelle stesse nostre condizioni, le esternalizzazioni non interessano soltanto il settore delle pulizie nell’Università della Calabria.
Secondo il tuo parere, perché l’Università insiste così tanto con le esternalizzazioni?
Io credo che convenga a chi gestisce l’Università perché è una torta dalla quale possono attingere tante persone legate alla dirigenza. Il sistema degli appalti al privato è preferito notoriamente per la possibilità di “dirigere” verso figure vicine alla classe dirigente delle risorse che, altrimenti, sarebbero usate ragionevolmente per massimizzare la qualità dell’istituto. Questo dirottamento di risorse si fa per mezzo – ad esempio – di capitolati pilotati o facendo assumere uomini legati a questa dentro le aziende appaltatrici. L’Unical non avrebbe bisogno di esternalizzare la manutenzione e la pulizia degli ambienti.
Avete intenzione di fare scattare una vertenza sindacale?
Presto intraprenderemo una prima vertenza attraverso USB Calabria. Siamo molto determinati nel proseguire la lotta anche con l’aiuto delle organizzazioni studentesche e dei militanti che ci hanno supportato fin dall’inizio.
Continueremo a seguire la vicenda dei lavoratori delle pulizie dell’Università della Calabria e a mettere in luce le forti contraddizioni del sistema delle esternalizzazioni negli istituti pubblici.