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Home›VPI - Articoli›L’ICE non deporta, produce dividendi: l’industria dell’internamento degli immigrati

L’ICE non deporta, produce dividendi: l’industria dell’internamento degli immigrati

Di Redazione
06/07/2025
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Da El Machete, organo del Partito Comunista del Messico (PCM)
27 giugno 2025
Link all’originale

 

Il governo degli Stati Uniti si è posto l’obiettivo di tremila arresti al giorno e un milione di deportazioni entro la fine dell’anno.

Dal 21 gennaio, l’ICE (Servizio per l’Immigrazione e il Controllo delle Dogane) ha arrestato più di 100.000 persone sospettate di trovarsi illegalmente nel paese. Finora, al 75% dei deportati non è stato possibile comprovare precedenti penali, e oltre il 50% aveva una richiesta di asilo in corso al momento dell’arresto. Con così tante persone coinvolte, chi sta beneficiando di queste retate?

Le corporazioni carcerarie private controllano le prigioni negli Stati Uniti e, come ogni compagnia privata, la loro priorità non è fornire i migliori servizi, ma ottenere il massimo profitto. Questo, ovviamente, significa una qualità della vita precaria per i detenuti, con pessima qualità del cibo, condizioni igieniche carenti e sovraffollamento nelle celle. Alcune prigioni dispongono persino di aree di produzione e assemblaggio conto terzi dove i detenuti lavorano in condizioni di quasi schiavitù.

I centri di detenzione per migranti sono ancora peggiori delle prigioni, molte di essi, essendo “di detenzione temporanea”, non dispongono di spazi ricreativi né di sale per le visite; inoltre, questi centri si trovano in zone remote, il che rende difficile l’assistenza legale da parte degli avvocati e spesso le famiglie non sanno dove si trovino i detenuti. I prigionieri che hanno affrontato un processo e hanno una sentenza sanno esattamente quanto tempo resteranno reclusi, mentre i detenuti nelle retate dell’ICE non hanno idea di quando usciranno, se mai usciranno.

Questi centri di detenzione, oltre a negare i diritti più basilari, sono ancora più redditizi delle prigioni. I detenuti sono costretti a lavorare e chi si rifiuta viene minacciato con “azioni disciplinari” come la privazione del cibo o l’isolamento. Così, l’azienda ha spese minime mentre i suoi contratti con l’ICE le garantiscono un’entrata mensile fissa per ogni detenuto. La borghesia implementa nuovi metodi per l’antica pratica della schiavitù.

Non dovrebbe sorprenderci che la sfrontatezza di queste imprese penitenziarie sia superata solo dal loro entusiasmo, poiché stimano di guadagnare oltre un miliardo di dollari quest’anno. Brian Evan, CEO di una di queste corporazioni, ha annunciato nella sua riunione con gli azionisti il 7 novembre 2024 che: «GEO Group è stata costituita per questo momento unico nella storia del nostro paese e per le opportunità che porterà», mentre Damon Hininger, CEO di CoreCivic, ha affermato l’11 febbraio 2025: «Ho lavorato per oltre 32 anni (nell’azienda) e questo è davvero uno dei momenti più entusiasmanti della mia carriera», e non c’è da meravigliarsi che entrambi si sentano al culmine della propria carriera, considerando che solo i contratti federali e statali con l’ICE rappresentano una quota del 27% per GEO Group e del 30% per CoreCivic del totale dei loro ricavi. Speriamo che non abbiano dimenticato così presto la sorte del loro omologo di UnitedHealthcare, Brian Thompson[1].

Ma nonostante le spettacolari quote di arresti giornalieri, queste imprese non si aspettano che il governo faccia tutto. Parte dei loro profitti esorbitanti è destinata allo sviluppo di software per aumentare la sorveglianza e localizzare più efficacemente questi “pericolosi criminali” che vengono deportati per multe stradali[2], così come alla gestione di riforme che rendono più difficili i processi di asilo e l’approvazione dei permessi di soggiorno. Oggi gli immigrati con procedimenti di asilo si presentano alle loro udienze solo per essere arrestati dall’ICE.

Queste imprese penitenziarie non si limitano al territorio degli Stati Uniti, ma ampliano i loro contratti in America Latina, come nel caso del Centro di Confinamiento del Terrorismo (CECOT) in El Salvador, con una capacità di 40.000 detenuti e che si pubblicizza come un luogo da cui “si uscirà solo in una bara”. Si è distinto per le migliaia di migranti sudamericani deportati, la maggior parte dei quali presumibilmente, senza che sia provato, legati alla banda Tren de Aragua. In questo centro ci sono fino a 60 detenuti per cella con un solo gabinetto, condividendo letti a castello in acciaio senza materassi né coperte. Questa prigione si distingue anche per la sua struttura, che più che una fortezza sembra un insieme di magazzini, il che si riflette anche in un minor costo di costruzione e, quindi, in un maggiore rendimento per le tre imprese che vi partecipano (OMNI, DISA e Contratista General de América Latina, S. A. de C. V.), due delle quali sono statunitensi.

Preoccupante è il fatto che il CECOT stia creando un precedente per altri paesi ispanici che hanno già espresso interesse a costruire strutture che seguiranno questo modello. Nel gennaio del 2024, l’Ecuador ha annunciato che costruirà due carceri con una capacità di 24.000 detenuti, e solo pochi giorni fa, la Costa Rica ha annunciato che inizierà la creazione di una prigione basata sul CECOT come parte della sua collaborazione con El Salvador contro le bande criminali. Possiamo intravedere come le corporazioni di questi diversi paesi stiano salivando davanti alla speculazione di profitti che il mercato dell’internamento degli esseri umani promette loro.

Queste misure ci dimostrano che la borghesia vede i lavoratori come poco più che bestiame, segue attentamente le quote di arresti come se si trattasse di metriche di produzione, dando priorità alla velocità e al volume rispetto al giusto processo ed è disposta a stracciare fino all’ultimo dei diritti lavorativi e umani pur di trarne profitto. La conclusione non ha bisogno di essere scritta, ma si può vedere nelle strade di Los Angeles, dove lavoratori di tutte le nazionalità sono scesi in piazza a sfidare l’ICE, perché ci sono solo due opzioni: o con il padronato o con la classe operaia.

 

Note

[1] Brian Robert Thompson era l’amministratore delegato della società statunitense di assicurazioni sanitarie UnitedHealth Group. Il suo nome è passato alla cronaca per essere stato ucciso con un colpo di pistola il 4 dicembre 2024 da Luigi Mangione. [NdT]

[2] Si intende che queste persone vengono deportate anche a seguito di banali controlli stradali, in cui si scoprono problemi nei visti, etc. [NdT]

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