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Vita politica internazionale
Home›Vita politica internazionale›Vita politica internazionale – Trentesimo numero

Vita politica internazionale – Trentesimo numero

Di Redazione
30/03/2025
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Questo nuovo numero della nostra rassegna realizzata in collaborazione col Centro di Cultura e Documentazione Popolare (resistenze.org) si apre con le questioni centrali nell’odierno conflitto interimperialista, come il piano di riarmo europeo, i dazi imposti dalla nuova amministrazione Trump negli USA, le trattative riguardanti la “pace con la pistola puntata alla tempia” in Ucraina e la continuazione del massacro a Gaza con l’osceno piano della “Riviera”. Diamo spazio anche a due interessanti interviste del Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia sui temi degli sviluppi in Siria, del “processo di pace” con la minoranza curda e della politica turca definita “nuovo ottomanesimo”. Infine, una valutazione sugli sviluppi in Messico, con le analisi dei compagni del PCM sulle politiche pro-monopolio del governo socialdemocratico.

“ReArm EUROPE” – Strumento multiuso di guerra contro i popoli

  • Fronte Militante di Tutti i Lavoratori, Grecia (PAME): “ReArm EUROPE” – Strumento multiuso di guerra contro i popoli
    Il programma “ReArm Europe” dell’UE, del valore di 800 miliardi di euro, mira a intensificare la spesa militare e il coinvolgimento nella guerra in Ucraina. Prevede un aumento delle spese belliche degli Stati membri e finanziamenti per l’industria bellica, sulle spalle dei lavoratori attraverso tasse e prestiti. L’UE punta a raggiungere gli standard NATO con un aumento della spesa per la difesa, anche a costo di tagli sociali. Questa strategia rappresenta un’escalation della competizione interimperialista, con gli Stati membri dell’UE che cercano di rafforzare le proprie posizioni a scapito dei popoli, alimentando conflitti e povertà.

I dazi analizzati da un punto di vista di classe

  • Piattaforma Comunista dei Lavoratori degli Stati Uniti d’America (CWPUSA): I dazi analizzati da un punto di vista di classe
    Nell’articolo dei compagni statunitensi si evidenzia come, sebbene i dazi abbiano supportato l’industria nazionale nel XIX secolo, oggi le politiche di Trump aumentano i prezzi per i lavoratori senza favorire reali investimenti produttivi. Mentre alcuni sindacati concertativi vedono nei dazi uno strumento favorevole ai lavoratori e ai posti di lavoro, la realtà è che il capitale cerca bassi salari e nicchie tecnologiche. Solo un cambiamento radicale verso un’economia pianificata socialista potrebbe garantire la soddisfazione dei bisogni dei lavoratori, l’alternativa di “tornare indietro” ad un capitalismo “più giusto” è pura utopia.

Il crollo del “lato giusto della storia”

  • Gioventù Comunista di Grecia (KNE): Il crollo del “lato giusto della storia”
    L’articolo della KNE analizza il conflitto in Ucraina, smontando le narrazioni ufficiali che giustificano la guerra come una lotta per la sovranità ucraina o per la difesa della democrazia. Viene sottolineato che la guerra è principalmente una disputa imperialista per il controllo di risorse naturali, come le terre rare, tra potenze come gli Stati Uniti, l’UE, la Russia e la Cina. La propaganda sulla “democrazia contro l’autoritarismo” viene smascherata di fronte agli sviluppi odierni, rivelando che entrambe le parti coinvolte sono reazionarie. La posizione dei comunisti greci è che solo la lotta contro l’imperialismo, attraverso il rovesciamento del capitalismo, può portare alla pace e alla giustizia.

Dal bagno di sangue alla Riviera di Trump: basta con le sofferenze a Gaza

  • Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE): Dal bagno di sangue alla Riviera di Trump: basta con le sofferenze a Gaza
    L’articolo del PCTE critica i piani di Donald Trump per Gaza, che prevede di trasformare il territorio in un resort turistico, sopra le tombe di migliaia di palestinesi. Trump, in linea con la strategia imperialista degli Stati Uniti, cerca di consolidare il controllo sulle risorse e le rotte strategiche della regione. Nonostante i cessate il fuoco temporanei, la situazione rimane critica, e la comunità internazionale, in particolare l’ONU, è accusata di essere inefficace e complice. Questo non vuol dire in linea di principio rinunciare ai potenziali sviluppi positivi legati agli organismi internazionali, ad esempio la possibilità di stabilire uno Stato palestinese unificato con i confini precedenti al giugno 1967 e con capitale Gerusalemme Est: l’abbandono di questa prospettiva curiosamente unisce due opposti inconciliabili ovvero chi sostiene la legittimità della colonizzazione israeliana e chi rimanda a colpi di slogan a data da destinarsi l’emancipazione nazionale palestinese ad una improbabile vittoria totale a livello militare.

Dalla sintesi turco-islamica alla sintesi turco-islamica-curda...
Si tratta di vero e proprio OTTOMANISMO

  • Partito Comunista di Turchia (TKP): La questione curda, la Siria e l’ottomanesimo. Interviste a Kemal Okuyan
    Il Segretario Generale del TKP discute il “Processo di Soluzione” in corso in Turchia, manifestando la contrarietà del partito per via della sua natura e direzione. Secondo il TKP, non si tratta di una vera soluzione alla questione curda, ma di un processo che favorisce principalmente la classe capitalista e gli interessi imperialisti. Il TKP si oppone anche all’idea di alterare profondamente l’assetto e i confini della Repubblica di Turchia, rifiutando la sintesi turco-islamica-curda promossa dal governo.

Nella seconda intervista Kemal Okuyan dà un quadro della situazione in Siria, dove l’HTS, sostenuto da potenze come Israele, Regno Unito e Stati Uniti, agisce secondo un piano voluto nel compiere i massacri per giustificare possibili interventi stranieri nel paese. Viene sottolineato che l’HTS non ha la legittimità per unificare la Siria, che si sta disintegrando. La questione curda in Turchia è legata alla Siria, e la politica turca di impedire una formazione curda in Siria potrebbe portare a un impasse. La soluzione della questione curda richiederebbe una riconciliazione, ma non ci sono segnali positivi in tal senso, soprattutto a causa dell’influenza di interessi imperialisti. Il partito sostiene l’obiettivo della repubblica socialista, contro quello “neo-ottomano”, come via d’uscita dai conflitti per una vera giustizia e fratellanza tra turchi e curdi, rimandando all’esperienza sovietica in merito all’autodeterminazione nazionale.

T-MEC e socialdemocrazia

  • Partito Comunista del Messico (PCM): T-MEC e socialdemocrazia
    Il “Piano Messico“, per l’implementazione del T-MEC (Accordo Stati Uniti-Messico-Canada), ha suscitato forti critiche da parte del PCM. Queste politiche del governo socialdemocratico sono un progetto a favore dei monopoli, in particolare messicani e statunitensi, e non dei lavoratori. Nonostante a parole si promuova la crescita economica tramite la manifattura e la rilocalizzazione delle aziende, la realtà è che le disuguaglianze aumenteranno e i lavoratori non beneficeranno dei miglioramenti economici. Il PCM sottolinea l’aggravarsi della precarietà e la continua disuguaglianza sociale, evidenziando che il governo messicano, guidato dalla socialdemocrazia, favorisce le grandi imprese con aumenti di bilancio per infrastrutture e sussidi fiscali, mentre taglia risorse per sanità, istruzione e ambiente.

Nell’ambito della recente polemica con gli Stati Uniti, che ha ricevuto una certa attenzione da ambienti legati all’opportunismo di sinistra (pronti a “tifare” per le socialdemocrazie latinoamericane), il governo di Sheinbaum difende il T-MEC su basi di “sovranità”. In realtà il governo col Piano Messico cede alle pressioni imperialiste, assecondando le richieste di Trump, inclusa la militarizzazione dei confini e l’espulsione degli immigrati. Il PCM sostiene che la socialdemocrazia non può difendere la sovranità del Messico, che invece può essere garantita solo una lotta di classe rivoluzionaria, contro il governo e i monopoli, “contro le aggressioni di Trump senza smettere di combattere il governo borghese messicano”.

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