Di Gui V., da O Futuro, organo del Partito Comunista Brasiliano Rivoluzionario (PCBR)
8 giugno 2025
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L’interesse della borghesia, per la logica stessa del capitale, è quello di mercificare l’ambiente ed estrarre le risorse naturali nel modo più predatorio possibile per aumentare i propri profitti. Questo si ripercuote direttamente sull’esistenza delle persone che non hanno modo di sfuggire ai problemi climatici che derivano da questo fenomeno violento.
L’ecologia senza lotta di classe è giardinaggio.
(Chico Mendes)
Studiando l’opera di Marx, ci accorgiamo che egli si è occupato di questioni ambientali fin dalla più tenera età, e in modo molto più esteso di quanto spesso si pensi. Già nei suoi scritti sul furto di legname[1] e nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 si parla dell’argomento. Non si fermò lì e continuò a sviluppare le sue opinioni sull’argomento fino alla fine della sua vita, trattandolo periodicamente anche nel Capitale.
Engels non fu escluso da questo dibattito: sia all’inizio della sua vita politica, in testi come La situazione della classe operaia in Inghilterra, sia alla fine della sua vita, nella Dialettica della natura, il “secondo violino” si dedicò molto allo studio delle scienze naturali e anche alla questione ambientale, in modo più o meno diretto. I suoi scritti sono fondamentali anche per studiare l’ecologia con il metodo materialista e dialettico.
Alla luce di ciò, quando parliamo dei contributi marxisti che influenzano la lettura dei comunisti della questione ambientale, ci sono due punti particolarmente importanti: la legge della lotta di classe e i concetti correlati di metabolismo sociale[2] e di rottura metabolica. Il testo che segue è un capitolo di un più ampio studio sulla lettura marxista-leninista della questione ambientale.
Metabolismo sociale e rottura metabolica
I contributi più solidi di Marx allo studio dell’ecologia ruotano intorno all’agricoltura nel capitalismo e all’impatto che essa ha sulla fertilità del suolo – un aspetto analizzato in particolare nel Libro 3 del Capitale e, in misura minore, alla fine del capitolo sulle macchine del Libro 1[3]. Le sue analisi forniscono strumenti importanti per comprendere l’attuale crisi climatica. A questo proposito, il contributo teorico più importante di Marx è stato il concetto di rottura metabolica (talvolta tradotto come frattura metabolica), sviluppato nel Capitale. Questo concetto è intrinsecamente legato a un’altra idea marxiana, sviluppata nello stesso testo: il concetto di metabolismo sociale. Ma proseguiamo un passo alla volta.
Nelle sue opere più mature, tra cui i Grundrisse e il Capitale, Marx si dedicò allo studio della questione ambientale, in particolare in relazione all’esaurimento del suolo. Marx attribuisce grande importanza allo studio della chimica e dell’ecologia del suolo nel senso dell’uso e dell’usura del suolo da parte della produzione capitalistica. Lo dimostrano soprattutto gli ampi studi che l’autore fece sull’opera di Justus von Liebig, importante chimico tedesco, per la stesura del primo volume del Capitale[4].
Come già accennato, l’autore tedesco ha sviluppato il concetto di metabolismo sociale – che spesso compare semplicemente come “metabolismo” nei suoi scritti. In breve, questo concetto si riferisce all’equilibrio tra umanità e natura, alla nostra interdipendenza socio-produttiva. Compare nel primo capitolo del Capitale[5], facendo di Marx il primo autore a utilizzare questo termine, che per tutto il XIX secolo era stato limitato al campo delle scienze naturali, per studiare l’economia politica e la società. Questo concetto è così rilevante che Marx lo utilizza per caratterizzare uno dei concetti fondamentali della critica dell’economia politica: il lavoro.
In primo luogo il lavoro è un processo che si svolge fra l’uomo e la natura, nel quale l’uomo per mezzo della propria azione produce, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura[6].
Questo concetto è stato sistematizzato e approfondito da autori successivi:
Una definizione generale o standardizzata di metabolismo sociale è stata fornita da Fisher-Kowalski e Haberl (1997). Essi definiscono il termine come il modo particolare in cui le società stabiliscono e mantengono i loro input e output verso la natura e il modo in cui organizzano lo scambio di materia ed energia con l’ambiente. Il metabolismo sociale è anche una teoria che spiega i cambiamenti socio-ambientali (Fisher-Kowalsky e Haberl 1997, 2007; Sieferle 2001, 2011; González de Molina e Toledo 2011) ed è stato utilizzato come utile strumento metodologico per analizzare il comportamento biofisico delle economie (Matthews et al. 2000; Haberl 2001a, b; Weisz 2007). In tutte le sue forme, il metabolismo sociale è una nuova prospettiva per analizzare le relazioni tra società e natura a partire dalle loro basi materiali, principalmente studiando il movimento [flow] di energia e materiali.[7]
Questo concetto diventa più chiaro anche nel seguente passaggio del terzo volume del Capitale:
La libertà in questo campo può consistere soltanto in ciò, che l’uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca; che essi eseguono il loro compito con il minore possibile impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa.[8]
Nei Grundrisse, Marx chiarisce anche che il capitalismo è stato il mezzo che ha portato alla “desacralizzazione” della natura e alla sua totale sottomissione all’umanità, un punto focale per la distruzione dell’ambiente e il suo disprezzo:
Così, nello stesso modo in cui la produzione basata sul capitale crea, da un lato, l’industria universale – cioè il pluslavoro, il lavoro che crea valore – crea anche, dall’altro lato, un sistema di sfruttamento universale delle qualità naturali e umane, un sistema di utilità universale, di cui la scienza stessa sembra essere portatrice perfetta come tutte le qualità fisiche e spirituali, mentre nulla appare elevato in sé, legittimo in sé al di fuori di questo circolo di produzione e scambio sociale. In questo modo, è solo il capitale a creare la società borghese e l’appropriazione universale della natura, così come la stessa connessione sociale, da parte dei membri della società. Da qui la grande influenza civilizzatrice del capitale; la sua produzione di un livello di società rispetto al quale tutti i precedenti appaiono solo come sviluppi locali dell’umanità e come idoleggiamento della natura. Solo allora la natura diventa un puro oggetto per l’uomo, una pura utilità; non è più riconosciuta come una potenza in sé; e la stessa conoscenza teorica delle sue leggi autonome appare solo come un espediente per assoggettarla alle esigenze umane, sia come oggetto di consumo che come mezzo di produzione. Il capitale, secondo la sua tendenza, si muove al di là dei confini e dei pregiudizi nazionali, al di là della divinizzazione della natura, al di là del tradizionale soddisfacimento dei bisogni attuali, compiacentemente circoscritto entro certi limiti, e al di là della riproduzione del modo di vita precedente. Il capitale distrugge tutto questo e si rivoluziona costantemente, abbattendo tutte le barriere che impediscono lo sviluppo delle forze produttive, l’espansione dei bisogni, la diversità della produzione e lo sfruttamento e lo scambio delle forze naturali e spirituali.[9]
In altre parole, il capitale sottomette la natura stessa ai suoi interessi e alle sue condizioni, trasformandola in “un puro oggetto per l’uomo, una pura utilità”. Questo rovina il metabolismo – l’equilibrio – tra società e natura.
Qui vediamo anche come Marx fosse un critico della concezione antropocentrica del mondo, che pone l’umanità al centro dell’esistenza a scapito degli altri elementi del mondo naturale. Vedremo in seguito che anche Engels seguì questa strada.
Su questa base, Marx sviluppa il concetto di rottura metabolica nel Capitale (volumi 1 e 3). Si tratta forse del concetto più centrale per lo studio materialista dell’ecologia politica e, di conseguenza, dell’attuale crisi ambientale. Questo concetto riguarda la rottura del metabolismo tra l’umanità e la Terra. In altre parole, qualcosa di simile alla rottura del nostro “equilibrio socio-produttivo” con la natura. Alla fine della sezione VI del libro 3 del Capitale, Marx afferma quanto segue:
D’altra parte la grande proprietà fondiaria riduce la popolazione agricola ad un minimo continuamente decrescente e le contrappone una popolazione industriale continuamente crescente e concentrata nelle grandi città; essa genera così le condizioni che provocano una incolmabile frattura nel nesso del ricambio organico sociale prescritto dalle leggi naturali della vita, in seguito alla quale la forza della terra viene sperperata e questo sperpero viene esportato mediante il commercio molto al di là dei confini del proprio paese (…) La grande industria e la grande agricoltura gestite industrialmente operano in comune. Se esse originariamente si dividono per il fatto che la prima dilapida e rovina prevalentemente la forza-lavoro, e quindi la forza naturale dell’uomo e la seconda più direttamente la forza naturale della terra, più tardi invece esse si danno la mano, in quanto il sistema industriale nella campagna succhia l’energia anche degli operai e l’industria e il commercio, dal canto loro, procurano all’agricoltura i mezzi per depauperare la terra.[10]
Nella stessa ottica, alla fine della sezione IV del libro 1, il pensatore tedesco afferma quanto segue:
Con la preponderanza sempre crescente della popolazione urbana che la produzione capitalistica accumula in grandi centri, essa accumula da un lato la forza motrice storica della società, dall’altro turba il ricambio organico fra uomo e terra, ossia il ritorno alla terra degli elementi costitutivi della terra consumati dall’uomo sotto forma di mezzi alimentari e di vestiario, turba dunque l’eterna condizione naturale di una durevole fertilità del suolo. (…) Ma insieme essa costringe mediante la distruzione delle circostanze di quel ricambio organico, sorte per semplice spontaneità naturale, a produrre tale ricambio in via sistematica, come legge regolatrice della produzione sociale, in una forma adeguata al pieno sviluppo dell’uomo. (…) E ogni progresso dell’agricoltura capitalistica costituisce un progresso non solo nell’arte di rapinare l’operaio, ma anche nell’arte di rapinare il suolo; ogni progresso nell’accrescimento della sua fertilità per un dato periodo di tempo, costituisce insieme un progresso della rovina delle fonti durevoli di questa fertilità. (…) La produzione capitalistica sviluppa quindi la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale solo minando al contempo le fonti da cui sgorga ogni ricchezza: la terra e l’operaio.[11]
In altre parole, attraverso l’organizzazione irrazionale del capitalismo nella produzione agricola, i terreni sono stati consumati al massimo, portando all’interruzione del metabolismo sociale tra società e natura. Marx attribuisce talmente tanta importanza a questo punto che arriva a equiparare lo sfruttamento e l’espropriazione della classe operaia allo sfruttamento ambientale.
Da questo punto di vista, si può concludere che Marx considerava il rapporto dell’umanità con l’ambiente come un punto chiave per la comprensione (e la critica!) del capitalismo. La lotta per porre fine al capitalismo e alle sue contraddizioni deve quindi passare attraverso il cambiamento del nostro rapporto distruttivo con l’ambiente.
Lotta di classe e crisi climatica
La legge della lotta di classe iniziò ad essere studiata da Marx ed Engels ne L’ideologia tedesca e fu sistematizzata per la prima volta nel Manifesto del Partito Comunista del 1848. Marx ed Engels la spiegano come l’inevitabile lotta tra gli interessi materiali antagonisti delle classi in lotta, qualunque esse siano[12]. Su questa base, possiamo analizzare la crisi climatica e il suo impatto sull’umanità attraverso la lente di questa legge fondamentale presentata dagli autori tedeschi. Per farlo, dobbiamo capire quali sono gli interessi materiali della borghesia e del proletariato in relazione all’ambiente (e alla sua protezione) e come questi interessi si contrappongono.
Nel Capitale, Marx spiega che il meccanismo interno del capitalismo è la mercificazione di tutto ciò che ci circonda. Una delle prime vittime di questo processo di mercificazione della vita è stato l’ambiente – potremmo addirittura dire che è stato il primo di tutti, con le leggi di recinzione in Inghilterra che hanno cristallizzato la proprietà privata e la mercificazione della terra. Più tardi, sulla stessa scia, Marx si occupò, ad esempio, delle leggi sul furto di legname[13].
Il rapporto tra capitalismo e ambiente è sempre stato catastrofico. Dalla scomparsa delle paludi in Europa tra il XVI e il XVIII secolo, alla deforestazione per la produzione agricola su larga scala, all’inquinamento atmosferico dovuto ai gas serra prodotti dalla combustione dei derivati del petrolio. Tutto ciò deriva dall’interesse della borghesia ad anteporre la ricerca del profitto all’ambiente e alla sua conservazione. Come ha spiegato lo stesso Marx, il capitale trae profitto dai lavoratori e dalla Terra allo stesso tempo.
Questi problemi derivanti dalla crisi ambientale e climatica non colpiscono tutta l’umanità allo stesso modo (a differenza di quanto i media e gli ideologi borghesi a volte cercano di sostenere, dicendo qualcosa del tipo “siamo tutti sulla stessa barca” e che, in una certa misura, siamo tutti responsabili della crisi climatica[14]). Quindi, tra tutte le persone che soffrono per le conseguenze della crisi climatica e ambientale, c’è una caratteristica in comune: tutti fanno parte della classe operaia. La borghesia non vede minacciata la sua sopravvivenza – e, in larga misura, nemmeno la sua qualità di vita – dai problemi ambientali. La borghesia può facilmente trasferirsi in luoghi che non saranno colpiti dall’innalzamento del livello del mare, ad esempio. O in isole lontane dall’inquinamento atmosferico. Ed è anche vero che, nello scenario apocalittico della distruzione totale del pianeta da parte del capitalismo, la borghesia sta già pianificando di nascondersi in bunker o addirittura di fuggire dal pianeta (vedi il miliardario Elon Musk che dice di poter mandare un milione di esseri umani su Marte entro il 2060[15]).
In questo senso, è chiaro che il proletariato ha un interesse particolare a difendere l’ambiente e ad arrestare la crisi climatica: è effettivamente una questione di sopravvivenza.
In breve: l’interesse della borghesia, per la logica stessa del capitale, è quello di mercificare l’ambiente ed estrarre le risorse naturali nel modo più predatorio possibile per aumentare i propri profitti. Questo influisce direttamente sull’esistenza delle persone che non hanno modo di sfuggire ai problemi climatici che derivano da questo comportamento violento. L’interesse di queste persone – il proletariato – è quindi quello di impedire l’aggravarsi della crisi climatica per garantire la propria sopravvivenza. L’interesse del proletariato (fermare la crisi climatica) deve quindi essere direttamente antagonista all’interesse della borghesia (riprodurre e accelerare la crisi climatica) – a seconda della lettura, può anche essere inteso non solo come un interesse, ma come una vera e propria incapacità della borghesia di cambiare lo scenario attuale[16].
Alla luce di ciò, è chiaro che esiste una ragione materiale per la difesa dell’ambiente da parte del movimento comunista, dal momento che il proletariato ha un interesse chiaro, immediato e materiale in questo – un interesse che è, ovviamente, antagonista a quello della borghesia.
Engels e l’ecologia
Come Marx, anche Engels ha svolto un lavoro molto importante nel campo dell’ecologia politica. In effetti, i suoi scritti sono molto più ampi di quelli di Marx sull’argomento e abbracciano molti momenti della vita di Engels.
Sebbene il suo principale testo “ecologico” sia Dialettica della natura, un’opera della fine della sua vita, vi sono aspetti ecologici in vari altri testi, come La situazione della classe operaia in Inghilterra e La questione delle abitazioni. Nel primo, ad esempio, Engels mette in relazione i problemi epidemiologici del proletariato inglese con il cambiamento ambientale causato dalla recente rivoluzione industriale[17]. Nel secondo, l’autore parla dell’importanza di abolire la rigida separazione tra campagna e città per equilibrare il flusso di materia tra i due ambienti ed evitare l’enorme inquinamento delle città e del mare che si stava verificando[18]. Indubbiamente, almeno in questi testi giovanili, la critica di Engels all’economia politica era accompagnata da una critica ecologica del capitalismo e dell’impatto delle condizioni ambientali della classe operaia[19].
Oltre a questi testi dell’inizio della sua vita intellettuale, i testi del più anziano Engels, come l’Anti-Dühring e, soprattutto, la Dialettica della natura, hanno un valore importante per la sua critica ecologica. In quest’ultimo, ad esempio, Engels combatte la nozione antropocentrica del mondo, spesso utilizzata per giustificare il controllo umano sulla natura. Come comunisti, il nostro dovere teorico è sempre quello di cercare di comprendere la totalità della realtà che ci circonda per meglio orientare la nostra azione politica. In questo senso, l’allontanamento dall’idea di antropocentrismo dovrebbe attraversare naturalmente il nostro pensiero, soprattutto quando parliamo di ecologia politica, per invertire la rottura metabolica causata dal capitalismo e, in una certa misura, dall’antropocentrismo liberale. Come spiega Engels:
Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacitò, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle nel modo più appropriato.[20]
In conclusione
Con questo breve testo ho cercato di indicare, oltre ad alcuni importanti contributi teorici di Marx ed Engels sull’ecologia e l’ambiente, che noi comunisti non siamo estranei all’ecologia politica. Al contrario: da Marx ed Engels in poi, i comunisti si sono occupati di questo tema, e lo hanno fatto con profondità e serietà.
Questo processo non si è fermato con la morte dei due tedeschi alla fine del XIX secolo. I comunisti successivi hanno continuato questo lavoro e, dopo le prime rivoluzioni socialiste del XX secolo, hanno persino iniziato a stabilire importanti ricerche e politiche ambientali. È nei primi decenni dell’Unione Sovietica, ad esempio, che lo sviluppo dell’ecologia marxista è stato inizialmente più approfondito[21]. Inoltre, tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta gli studi ecologici sono stati i più avanzati al mondo – e sono stati proprio i ricercatori sovietici a compiere i maggiori progressi nel campo degli studi climatologici, tra l’altro[22] – e il Paese ha attuato importanti politiche di conservazione e risanamento dell’ambiente[23]. Per non parlare di altre importanti esperienze di ricerca e conservazione dell’ambiente, come in Burkina Faso, Cuba o Cina.
Con questo intendo dire che i comunisti – compresi i marxisti-leninisti – si occupano da tempo di ecologia e cambiamenti climatici. La nostra prassi politica, in questo senso, non può abbandonare questo importante campo di lotta per la classe operaia. Socialismo ed ecologia vanno di pari passo da molto tempo[24] e gli insegnamenti dell’uno possono e devono essere complementari a quelli dell’altro.
Note
[1] https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1842/furti.htm [NdT]
[2] Solitamente tradotto, nelle edizioni italiane del Capitale, come ricambio organico. Nella traduzione del corpo del testo, si è preferito mantenere il termine metabolismo, popolarizzato dalle opere di Foster; nelle citazioni da Marx e Engels, invece, si è preferito utilizzare come fonte le edizioni italiane. [NdT]
[3] “Le due principali analisi di Marx sull’agricoltura moderna si concludono con un’analisi dell’‘aspetto distruttivo dell’agricoltura moderna’. In questi passaggi [in cui Marx parla nel Capitale dell’agricoltura e dell’opera di Liebig], Marx afferma diverse cose fondamentali: 1) il capitalismo ha “irrimediabilmente” interrotto “l’interazione metabolica” tra gli esseri umani e la Terra, cioè la condizione eterna, imposta dalla natura, della produzione; 2) questo problema richiede il “ripristino sistematico” di questa necessaria relazione metabolica come “legge di regolazione della produzione sociale”; 3) in ogni caso, la crescita dell’agricoltura su larga scala e del commercio a lunga distanza nel quadro del capitalismo non fa che aggravare ed estendere questa rottura metabolica; 4) all’impoverimento del suolo, alla perdita di sostanze nutritive, corrisponde lo sviluppo dell’inquinamento urbano e dei rifiuti – “a Londra”, scrive, “non c’è niente di meglio da fare con i rifiuti di quattro milioni e mezzo di uomini che inquinare il Tamigi in modo massiccio”; 5) l’industria e l’agricoltura meccanizzate su larga scala contribuiscono a questo processo di distruzione, “l’industria e il commercio forniscono all’agricoltura i mezzi per indebolire la terra”; 6) tutto ciò esprime l’antagonismo tra città e campagna, caratteristico del regime capitalistico; 7) un’agricoltura razionale, basata su piccoli agricoltori indipendenti che producono ciascuno nel proprio angolo o sull’azione di produttori associati, è impossibile nel quadro del capitalismo moderno; 8) le condizioni esistenti impongono una regolazione razionale e un rapporto metabolico tra gli esseri umani e la Terra, che punta oltre la società capitalistica, verso il socialismo e il comunismo”. FOSTER, John Bellamy. L’ecologia di Marx in prospettiva storica. International socialism journal, nº 42, inverno 2002. Traduzione dell’autore.
[4] “Lo studio sulla rendita fondiaria, il penultimo capitolo [del Libro I del Capitale], nella sua forma attuale è quasi un libro a sé stante. Andavo al museo di giorno e scrivevo di notte. Ho dovuto approfondire la nuova chimica agraria tedesca, in particolare Liebig e Schönbein, che in questo campo sono più importanti di tutti gli economisti messi insieme, e ho dovuto anche scavare nell’enorme massa di documenti che i francesi hanno prodotto sull’argomento dall’ultima volta che me ne sono occupato”. Lettera di Marx a Engels del 13 febbraio 1866. In: MARX, Karl; ENGELS, Friedrich. Lettere sul capitale. Expressão Popular, San Paolo, 2020. P. 190-191. Grassetto dell’autore.
[5] “Quindi il lavoro, come formatore di valori d’uso, come lavoro utile è una condizione d’esistenza dell’uomo, indipendente da tutte le forme della società, è una necessità eterna della natura che ha la funzione di mediare il ricambio organico fra uomo e natura, cioè la vita degli uomini.” MARX, Karl. Il Capitale: Critica dell’economia politica: Libro I: Il processo di produzione del capitale. San Paolo: Boitempo, 2013. P. 120. Grassetto dell’autore. [NdT: https://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_1/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_I_-_01.htm]
[6] MARX, Karl. Il Capitale: Critica dell’economia politica: Libro I: Il processo di produzione del capitale. San Paolo: Boitempo, 2013. P. 255. Grassetto dell’autore. [NdT: https://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_1/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_I_-_05.htm]
[7] MOLINA, Manuel González de; TOLEDO, Victor. Il metabolismo sociale: una teoria socio-ecologica del cambiamento storico. Londra: Springer. 2014. Cap. 3. Traduzione mia. Grassetto dell’autore.
[8] MARX, Karl. Il Capitale: Critica dell’economia politica: Libro III: Il processo globale della produzione capitalistica. San Paolo: Boitempo, 2017. Cap. 48. Grassetto dell’autore. [NdT: https://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_3/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_III_-_48.htm]
[9] MARX, Karl. Grundrisse: Manoscritti economici 1857-1858: Schemi di critica dell’economia politica. San Paolo: Boitempo; Rio de Janeiro: Ed. UFRJ, 2011. Capitolo III. Capitolo del Capitale (continuazione): Seconda sezione: il processo di circolazione del capitale. Grassetto dell’autore.
[10] MARX, Karl. Il Capitale: Critica dell’economia politica: Libro III: Il processo globale della produzione capitalistica. San Paolo: Boitempo, 2017. Cap. 47. Grassetto dell’autore. [NdT: https://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_3/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_III_-_47.htm]
[11] MARX, Karl. Il Capitale: Critica dell’economia politica: Libro I: Il processo di produzione del capitale. San Paolo: Boitempo, 2013. P. 572-574. Grassetto dell’autore. [NdT:https://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_1/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_I_-_13.htm]
[12] Vedi: MARX, Karl; ENGELS, Friedrich. Manifesto del Partito Comunista. 1848. Cap. 1. Disponibile all’indirizzo: https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/mpc-1c.htm
[13] Vedi: MARX, Karl. I diseredati: dibattiti sulla legge del furto di legna. San Paolo: Boitempo, 2017. [NdT: v. nota 1]
[14] “Per Wallace-Wells, la devastazione ecologica non è stata causata dai pochi e subita dai molti. Al contrario, ‘ognuno di noi impone una certa sofferenza al nostro futuro ogni volta che preme un pulsante, compra un biglietto aereo o non vota’. Non importa che oggi 1,2 miliardi di persone abbiano poco o nessun accesso all’elettricità. O che l’80% della popolazione mondiale non abbia mai volato. O, cosa più grave, i dirigenti della ExxonMobil sapevano già nel 1977 che la loro industria stava distruggendo il pianeta, ma hanno scelto di nascondere le loro scoperte e di finanziare la ricerca sul cambiamento climatico – negando la ricerca perché c’era da guadagnare uccidendo le generazioni future. Dare la colpa a tutti allo stesso modo di fronte a questa estrema disuguaglianza significa schierarsi dalla parte del capitale fossile. L’argomentazione nega invece di chiarire l’ovvio: la crisi climatica è uno spazio di lotta di classe”. DEAN, Jodi; HERON, Kai. Rovina o rivoluzione. Disponibile all’indirizzo: https://lavrapalavra.com/2021/02/26/ruina-ou-revolucao/.
[15] https://www.nationalgeographic.com/science/article/elon-musk-spacex-exploring-mars-planets-space-science
[16] “Engels sottolineò che la classe capitalista era ‘una classe sotto la cui guida la società avanza verso la rovina come una locomotiva la cui valvola di scarico il conducente non ha più la forza di aprire’. Era proprio l’incapacità del capitale di controllare ‘le forze produttive, che sono già cresciute al di là del suo potere’, compresi gli effetti distruttivi imposti all’ambiente naturale e sociale, a ‘condurre l’intera società borghese alla rovina o alla rivoluzione’. ENGELS, apud FOSTER, John Bellamy. Il capitalismo nell’antropocene: rovina ecologica o rivoluzione ecologica. New York: Monthly Review Press, 2022. P. 297. Traduzione dell’autore.
[17] Vedi: ENGELS, Friedrich. La situazione della classe operaia in Inghilterra. San Paolo: Boitempo. 2010. Capitolo 2: le grandi città. [NdT: https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1845/situazione/3.htm]
[18] “L’abolizione del contrasto fra città e campagna non è un’utopia, né più né meno di quanto non è utopia l’abolizione del contrasto fra capitalisti e salariati. Giorno per giorno essa diventa un’esigenza pratica della produzione tanto industriale quanto agricola. Nessuno l’ha postulata più a gran voce di quanto l’abbia fatto Liebig nei suoi scritti sulla chimica dell’agricoltura, in cui la prima esigenza è sempre che l’uomo restituisca al terreno ciò che ne riceve, ed in cui l’autore mostra che ad impedirlo è solo l’esistenza delle città, soprattutto delle grandi città. Se si considera come, nella sola Londra, venga gettato in mare ogni giorno, con l’impiego di spese ingenti, un quantitativo di concime maggiore di quello che produce l’intera Sassonia, e quali impianti colossali si rendano necessari per impedire che questo concime intossichi interamente Londra, ecco che l’utopia dell’abolizione del contrasto fra città e campagna riceve un fondamento pratico insospettato.” ENGELS, Friedrich. La questione delle abitazioni. San Paolo: Boitempo, 2015. [NdT: https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1872/abitazioni/qa-3pa.htm]
[19] Si veda, ad esempio: FOSTER, John Bellamy. Il ritorno della natura: socialismo ed ecologia. New York: Monthly review press, 2020. Cap. 5: Condizioni ambientali della classe operaia. P. 172 – 215.
[20] ENGELS, Friedrich. L’umanizzazione della scimmia attraverso il lavoro (o Il ruolo del lavoro nella trasformazione della scimmia in uomo). In: Dialettica della natura. 1876. Disponibile all’indirizzo: https://www.marxists.org/portugues/marx/1882/dialetica/07.htm [NdT: https://marxpedia.org/friedrich-engels-parte-avuta-dal-lavoro-nel-processo-di-umanizzazione-della-scimmia/]
[21] “Il primo e per molti versi più rivoluzionario sviluppo dell’ecologia marxiana ebbe luogo in URSS tra gli anni ’20 e ’30”. FOSTER, John Bellamy. Il ritorno della natura: socialismo ed ecologia. New York: Monthly Review Press. 2020. P. 12. Traduzione dell’autore.
[22] “Tuttavia, le rivoluzioni scientifiche nel campo della climatologia e dell’ecologia globale nell’Unione Sovietica hanno avuto origine principalmente nei lavori di Budyko, che è stato il leader mondiale riconosciuto nello studio dell’equilibrio termico della Terra. Fu anche il primo analista al mondo degli effetti del ghiaccio polare sul clima e fu il primo a delineare l’effetto albedo del ghiaccio come meccanismo di retroazione del riscaldamento globale. Budyko fu anche il primo ad evidenziare la pericolosa accelerazione della temperatura media globale (…)”. FOSTER, John Bellamy. Il capitalismo nell’antropocene: rovina ecologica o rivoluzione ecologica. New York: Monthly Review Press, 2022. P.327. Traduzione dell’autore.
[23] “D’altra parte, l’Unione Sovietica ha sviluppato alcuni dei contributi più dialettici all’ecologia, rivoluzionando la scienza in settori come la climatologia e introducendo al contempo forme pionieristiche di conservazione. (…) A partire dagli anni Sessanta, l’Unione Sovietica ha attuato sempre più riforme ambientali e negli anni Ottanta ha costituito il terreno per quella che può essere definita la “rivoluzione ecologica”. A partire dagli anni ’60, il pensiero ecologico sovietico è cresciuto rapidamente insieme al movimento ambientalista, guidato principalmente da scienziati. Negli anni ’70 e ’80 questo si è evoluto in un movimento di massa, trasformando l’URSS nella più grande organizzazione di conservazione del mondo. Questi sviluppi hanno portato a cambiamenti sostanziali nella società. Ad esempio, tra il 1980 e il 1990, l’inquinamento atmosferico da fonti fisse è diminuito del 23%”. FOSTER, John Bellamy. Il capitalismo nell’antropocene: rovina ecologica o rivoluzione ecologica. New York: Monthly Review Press, 2022. P. 316-317. Traduzione dell’autore.
[24] “Il socialismo e l’ecologia sono nati come forme di critica separate ma strettamente correlate e spesso convergenti in risposta al capitalismo industriale della fine del XVIII e del XIX secolo”. FOSTER, John Bellamy. Il ritorno della natura: socialismo ed ecologia. New York: Monthly Review Press. 2020. P. 13. Traduzione dell’autore.