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Home›Rassegna operaia›Metalmeccanici: un altro contratto è possibile solo con la lotta

Metalmeccanici: un altro contratto è possibile solo con la lotta

Di Redazione
24/02/2021
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Ospitiamo un interessante contributo di Rossano Rubicondi, operaio e sindacalista, che offre un punto di vista complessivo, dal vivo della condizione e dei conflitti nei luoghi di lavoro, sul percorso e sull’esito del rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro dei metalmeccanici.

L’accordo per il rinnovo del contratto della categoria più importante dell’industria è stato raggiunto lo scorso 5 febbraio. Federmeccanica e FIOM-FIM-UILM, sindacati di categoria di CGIL-CISL-UIL, hanno firmato l’ipotesi che adesso verrà sottoposta a referendum tra i lavoratori. Già si parla di “accordo storico” che, come vedremo, di storico non ha neanche la parvenza.

Un accordo raggiunto con appena 4 ore di sciopero (più 2 di assemblea) in un anno di trattativa rallentata più dall’emergenza pandemica che dalle divergenze; un record, apparentemente positivo, per una categoria che da sempre ha faticato per conquistare rinnovo di un contratto. La triste realtà è data dal fatto che la definitiva “normalizzazione” della FIOM, avvenuta con la firma dello stesso Landini allora segretario di categoria sull’ultimo rinnovo contrattuale, ha incanalato la contrattazione in rigidi parametri dai quali i firmatari difficilmente possono scostarsi. Per questo motivo l’attuale rinnovo, a un occhio poco attento, potrebbe anche sembrare positivo se lo si vede in rapporto al precedente, in realtà va respinto dai lavoratori che devono rivendicarne uno che li tuteli realmente.

Ma veniamo al merito di quanto sottoscritto.

La prima cosa da analizzare è l’aumento salariale, facendo una breve premessa. Nel precedente CCNL la FIOM accettò l’IPCA come “metro” per calcolare gli aumenti salariali. L’acronimo sta per Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzati1 una vera sciagura per le tasche dei lavoratori. Questa dolce parola, “Armonizzati”, significa che l’inflazione causata dagli aumenti energetici viene sottratta da quella reale, risultando quindi inferiore. Nel passato è addirittura successo che questo indice sia risultato negativo, con il rischio di vedersi decurtato lo stipendio, considerando poi che il calcolo dell’inflazione persa avviene dopo un anno questo determina che il “recupero” non avvenga mai completamente, con il risultato di limare il salario dei lavoratori.

Le sigle confederali, nel tentativo di mettere mano al disastro provocato del precedente contratto, hanno chiesto in piattaforma un aumento pari a 150 € per il 5° livello superando lo stesso contratto per il periodo 2020-2022. Risultato? Il CCNL scadeva nel 2020 e il 2020 è passato con l’elemosina di Federmeccanica di 12 euro pari all’IPCA. Dal 2021 al 2024 l’aumento è di 112 euro per il 5° livello, da corrispondere in 4 tranches annuali da poco più di 20 euro. Non ci vuole un laureato alla Bocconi per capire che 124 € (112 del rinnovo più i 12 “elemosinati” per l’IPCA) in 5 anni sono di molto inferiori alla richiesta di 150 euro in 3 anni.

Sono certo che in assemblea, come dei venditori ambulanti, molti scaltri sindacalisti diranno semplicemente che a fronte di una richiesta di 150 euro hanno ottenuto 124 euro, quando in realtà se si divide quest’ultima cifra per gli anni di vigenza del contratto si scopre che non hanno riportato neanche il 50 per cento di quanto richiesto. Non solo: si sono legati le mani per i prossimi 4 anni con un aumento misero, quando passata la pandemia potrebbe esserci una prevedibile impennata delle produzioni e un aumento dei prezzi al consumo con un conseguente innalzamento dell’IPCA bel al di sopra di quanto contrattato. Un capolavoro… di Federmeccanica!

Ma allora perché CGIL-CISL-UIL lo vendono come storico? Perché viene riformato, rinominato e stravolto il sistema di inquadramento dei lavoratori fermo al 1973.

È difficile stabilire adesso, nei dettagli, la portata dei cambiamenti di questo aspetto, sicuramente dovranno passare degli anni per capirlo. Di positivo, forse, c’è che viene abolita la prima categoria, che aveva un minimo tabellare imbarazzante di 1330 euro lordi, accorpandola con la categoria superiore. C’è da dire però che molto pochi sono i lavoratori inquadrati al primo livello, anche perché dopo qualche mese si passava automaticamente al livello superiore. Dubbi ci sono invece sulla discrezionalità di cui disporrà il datore di lavoro nel valutare i lavoratori.

I padroni, si sa, sono disponibili a tutto fuorché a mettere mano al portafogli.

E allora, le altre 60 pagine del CCNL sono dedicate a cose importanti, relative alle relazioni sindacali, che però sono a costo zero per il padrone: osservatori, monitoraggi, commissioni… Tra queste concessioni troviamo una dichiarazione congiunta sulla collaborazione scuola lavoro e sull’alternanza scuola lavoro, che andrà a rafforzare un’idea di subalternità della scuola alla fabbrica che si è trasformata in lavoro gratuito degli studenti.

Chiudo affrontando i punti che Confindustria and Co. stanno utilizzando come grimaldello per scardinare definitivamente lo stato sociale e l’unità di tutti i lavoratori.

Il Contratto dei metalmeccanici del settore industria è il più importante perché rappresenta 1.600.000 lavoratori. Tutto ciò che qui viene inserito e sperimentato fa scuola, ed è attraverso questo contratto che si sta portando un attacco mortale allo stato sociale, utilizzando tre armi di distruzione, che apparentemente sembrano innocue. Quali sono queste armi?

La prima è COMETA, il fondo pensione chiuso di categoria che verrà rimpinguato per gli under 35 che aderiranno, con un aumento del versamento da parte dell’azienda del 2,2% del salario anziché del 2. Il sistema funziona ed è stato incentivato sin dalla sua creazione dallo stato e dai padroni, che nel frattempo hanno smantellato il sistema pensionistico pubblico. Passa tra i lavoratori definitivamente il concetto che la pensione pubblica prima o poi non ci sarà più e che quella che resta sarà per quei poveracci che, in quanto precari o disoccupati, non avranno altra forma di sussistenza se non l’elemosina di stato

La seconda arma ha un nome inglese, come le più grosse fregature date ai lavoratori. Si tratta dei FLEXIBLE BENEFIT introdotti nello scorso contratto e confermati in maniera strutturale in questo rinnovo per una somma pari a 200 euro. Che cosa sono? Soldi a “nero” legalizzati. Soldi che devono essere spesi entro il 31 maggio di ogni anno dai lavoratori in welfare integrativo che spazia in ogni settore della vita umana e per il quale si è aperto un vero e proprio mercato. Su questi 200 euro non vengono versati contributi e quindi, visto che i salari contribuiscono al mantenimento dello stato sociale pubblico, ogni anno verrà a mancare un monte salari pari a 320.000.000 circa di euro (200 x 1.600.000). Un’altra picconata assestata allo stato sociale

L’ultima arma è quella del fondo METASALUTE. 1.600.000 lavoratori metalmeccanici insieme ad altri lavoratori di altri settori godono di una copertura sanitaria superiore a tutti gli altri cittadini potendo godere anche di rimborsi totali e immediati anche per cure sanitarie private. Un sistema che divide la classe operaia e distruggerà nel prossimo decennio il sistema sanitario pubblico che diventerà un sistema sempre più povero di risorse e sempre meno in grado di garantire l’universalità del diritto alla salute.

Tre diverse armi che hanno lo stesso obbiettivo: frantumare l’unità della classe operaia e indebolire lo stato sociale pubblico. La cosa più grave di tutte però è che questo venga presentato come un trionfo. L’averlo ottenuto con “sole quattro ore di sciopero” diventa un vanto anziché un’indicazione sugli effetti che avrebbe avuto una lotta più seria. Il compromesso si trasforma da mezzo a fine: non il risultato parziale di una lotta in corso che necessariamente deve fare i conti con la realtà, ma l’orizzonte stesso della lotta. Così non solo si accettano i rapporti di forza sfavorevoli ma si rafforzano.

Anziché promuovere una cultura del conflitto, la “combattiva” FIOM asseconda quella stessa passività e sfiducia nella classe operaia dietro cui poi si maschera per giustificare i propri compromessi. La profezia si auto-avvera, sprecando ogni occasione offerta dalla realtà. Anche questa volta: gli scioperi ci sono stati e in molte grandi aziende hanno registrato una partecipazione della quasi totalità dei dipendenti, arrivando anche alle sei e otto ore. E anche uno sciopero degli straordinari portato avanti con coerenza avrebbe potuto fare seri danni alle tante fabbriche che stanno recuperando a ritmi serratissimi il lavoro perso con il primo lockdown.

Sfruttare questa possibilità avrebbe significato per la FIOM pensare a un altro tipo di unità tra lavoratori rispetto a quella ritenuta strategica con CISL e UIL. Piuttosto che cedere al ricatto a mezzo stampa sulla “inopportunità” di uno sciopero dei metalmeccanici definito “surreale”, con l’ansia di farsi vedere responsabili correndo ai tavoli per chiudere l’accordo, si sarebbe dovuta riconoscere l’inopportunità di uno sciopero dei soli metalmeccanici. Si sarebbe dovuto trasformare in avanguardia un settore che, per importanza nel sistema produttivo del paese e come dimostrato con diversi scioperi spontanei all’inizio della pandemia su posizioni e prospettive più avanzate rispetto a quelle degli stessi confederali, sarebbe già pronto ad esserlo, come i padroni sanno benissimo, perno di un fronte più ampio.

Avrebbe quindi significato rinunciare all’orizzonte concertativo ulteriormente ribadito dalle esplicite aperture di credito al nuovo governo. Una subordinazione alla logica del capitale che giustamente rende agli occhi della dirigenza del maggiore sindacato italiano Draghi un interlocutore più credibile di chi l’ha preceduto, anche di governi con partiti amici che tanto amici non lo son più da tempo.

Questo è l’orizzonte entro cui si muove la CGIL, anche nella categoria una volta considerata “un’anomalia”, approdata definitivamente nel terreno delle compatibilità sotto la guida di quello che oggi è il segretario generale dell’intera Confederazione.

Se la riuscita dello sciopero ne rappresenta la possibilità, il drammatico peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori di un paese in cui una minoranza di padroni continua ad arricchirsi a dismisura evidenzia invece la necessità di un’alternativa radicale a questo orizzonte sempre più asfittico.

Per tutti questi motivi l’invito ai lavoratori è dire NO al rinnovo di questo contratto in quanto, anche se apparentemente CGIL-CISL e UIL hanno tentato di andare oltre il vecchio contratto migliorandolo, nella realtà hanno sottoscritto un’ulteriore sconfitta in termini salariali e contrattuali. Sappiamo bene che, una volta firmata, è quasi impossibile cambiare un’ipotesi di accordo, anche perché nelle assemblee non ci saranno voci dissonanti dal coro entusiastico a tre voci di CGIL CISL e UIL e il voto, senza un reale controllo da parte dei lavoratori, darà come risultato un’adesione “bulgara” al SÌ.

Ma chiediamo a tutti i lavoratori combattivi che non si arrendono, quei lavoratori che rappresentano oggi un’avanguardia di intervenire in assemblea, di volantinare fuori dalle fabbriche, di gridare che un altro contratto è possibile e si ottiene con la lotta.

1 IPCA: Media ponderata degli indici dei prezzi al consumo degli Stati membri della UE che hanno adottato l’euro. Sviluppato dall’Eurostat per fornire una misura comune per l’inflazione comparabile a livello europeo, è stato compilato secondo una metodologia armonizzata tra i Paesi dell’Unione. È calcolato considerando un paniere di beni e servizi che tiene conto sia delle peculiarità di ogni Stato membro sia delle regole comuni utilizzate per la ponderazione dei beni che compongono il paniere stesso. Sulla base dell’IPCA si calcola il tasso di inflazione dell’Unione Monetaria Europea al quale fa riferimento la Banca Centrale Europea, il cui obiettivo principale è mantenere la stabilità dei prezzi, ossia assicurare una variazione annua dell’IPCA inferiore, ma prossima al 2% nel medio termine.

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