Questo nuovo numero della rassegna stampa internazionale, realizzata in collaborazione col Centro di Cultura e Documentazione Popolare (resistenze.org), prende il via sugli sviluppi dell’occupazione della Palestina e sulla lotta della resistenza. Partiamo con l’articolo del KKE dal cosiddetto piano di “pace” di Trump per Gaza, ovvero la pace con la pistola alla testa dei palestinesi, accolto positivamente da tutti i paesi che hanno già piani rapaci per spartirsi il bottino.
Passiamo poi ad una riflessione dei comunisti statunitensi sui due anni appena trascorsi di intensificazione del genocidio a Gaza, sull’impotenza dimostrata dal mondo intero e sulla necessità di una direzione politica di classe nel movimento contro la guerra, a partire dai segnali positivi delle mobilitazioni sindacali in Europa.
La riflessione dei compagni del PC Paraguaiano si concentra sulla reazione al genocidio, paragonandola a quella che seguì all’Olocausto. La Palestina oggi è un punto di svolta nella storia, rappresenta la caduta delle illusioni democratiche, e la possibilità della “palestinizzazione del mondo”.
Spostandoci in Europa, non smettono di peggiorare le condizioni della classe operaia: diamo conto della riforma del mercato del lavoro promossa dal governo greco, che estenderebbe la giornata lavorativa a 13 ore tramite la riduzione del riposo minimo a 11 ore tra ogni turno, e che ha avuto come risposta lo sciopero generale del 1 ottobre. In Spagna, il tema dell’aborto viene affrontato dai compagni del PCTE sottolineando come la falsa dicotomia tra la destra “pro-vita” e i liberal “pro-aborto” nasconda le condizioni materiali reali in cui l’aborto appare come unica via d’uscita, non scelta libera individuale, a causa della precarietà e della mancanza di educazione.
Infine, in chiusura, per i temi teorici e culturali un contributo dal blog di G. Godels: sulla parola d’ordine del “multipolarismo”, che conferma il suo carattere fuorviante ed opportunista non solo nell’interessante inquadramento teorico e culturale che dà l’autore del contributo, ma anche come dimostra il genocidio in Palestina: Israele infatti non ha visto nessun blocco o sanzioni da parte del “mondo multipolare”.
Buona lettura.
- Partito Comunista di Grecia (KKE): Piano USA–Israele per Gaza: progetti ignobili per trasformare Gaza in un protettorato americano
Partiamo dall’articolo del KKE, che denuncia il nuovo piano USA-Israele per Gaza, presentato da Donald Trump con Benjamin Netanyahu, definendolo un progetto per trasformare la Striscia in un protettorato americano sotto controllo militare israeliano. Il piano in 20 punti, mascherato da iniziativa di pace, prevede la permanenza dell’esercito israeliano, la smilitarizzazione totale di Gaza, lo scioglimento delle organizzazioni della resistenza palestinesi e la gestione del territorio da parte di un “Consiglio di Pace” guidato da Trump e Tony Blair. Gaza diventerebbe una “Zona Economica Speciale” funzionale agli interessi degli USA e dei monopoli, mentre l’assistenza umanitaria verrebbe usata come strumento di ricatto. Il piano seppellisce il diritto palestinese a uno Stato indipendente, trovando l’appoggio delle potenze occidentali e di vari governi arabi, mentre le reazioni iniziali di contrarietà da parte di Hamas e della Jihad Islamica, che lo definiscono un tentativo di legittimare l’occupazione israeliana, devono fare i conti con le pressioni internazionali e la situazione drammatica della popolazione palestinese della Striscia.
- Piattaforma Comunista Operaia degli USA (CWPUSA): Due anni di genocidio a Gaza
I compagni statunitensi in questo articolo riflettono sugli aspetti politici riguardo le mobilitazioni per la Palestina. Dopo due anni di genocidio israeliano a Gaza, con oltre 70.000 morti e la distruzione quasi totale delle infrastrutture, Israele, sostenuto da USA, NATO, UE e regimi arabi, mira alla pulizia etnica e all’annessione della Striscia. Oggi siamo al “piano di pace” Trump–Netanyahu, sotto forma di promesse di sviluppo economico, che punta a trasformare Gaza in un protettorato capitalistico, parte del progetto USA di controllo regionale contro la Cina. In questa situazione, la guerra è avanzata e si è approfondita, ma la direzione rivoluzionaria del movimento non si è sviluppata sufficientemente: la liberazione della Palestina richiede un movimento operaio internazionale e rivoluzionario contro il capitalismo e l’imperialismo, unico modo per conquistare una vera libertà a Gaza e altrove.
- Partito Comunista Paraguaiano (PCP): Ci sarà poesia dopo Gaza?
L’articolo da Adelante! riflette sul genocidio in Palestina ponendo la domanda: “Ci sarà poesia dopo Gaza?”, parafrasando Adorno, che si riferiva all’Olocausto. Il paragone, oggi possibile, tra Gaza ad Auschwitz è simbolo della barbarie moderna e del silenzio complice della comunità internazionale e degli intellettuali. La Palestina rappresenta la fine del multilateralismo e l’esempio estremo della violenza tecnologica del capitalismo globale: Gaza rivela la bancarotta morale dei paesi del cuore imperialista e la necessità di organizzarsi politicamente contro il capitalismo. La speranza sta nella resistenza e nella lotta anche “nei tempi oscuri”.
- Gioventù Comunista di Grecia (KNE): Disegno di legge per 13 ore di lavoro: la nostra vita incatenata allo sfruttamento capitalistico
In Grecia, il disegno di legge promosso dal governo di Nuova Democrazia, abolisce di fatto la giornata di 8 ore e la settimana di 5 giorni, introducendo turni fino a 13 ore e contratti di lavoro della durata di soli due giorni. Presentato come un ampliamento della “libertà individuale” dei lavoratori, è in realtà un passo indietro verso la barbarie, che rafforza l’arbitrio padronale e riduce drasticamente ferie, sicurezza e diritti collettivi. L’articolo sottolinea come tali misure, unite alle leggi antisindacali già approvate, aggravino la precarietà e intensifichino lo sfruttamento, mentre il governo tenta di mascherare l’attacco con una retorica ipocrita sui “nuovi diritti”. Per i compagni greci, la risposta deve essere la lotta organizzata dei lavoratori e dei giovani nei sindacati, per difendere il diritto a una vita dignitosa e per lavorare di meno e vivere meglio.
- Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE): Il diritto all’aborto, oltre i falsi dilemmi della società borghese
Il 28 settembre si è celebrata la Giornata per la Depenalizzazione e la Legalizzazione dell’Aborto. La riflessione dei compagni spagnoli evidenzia come il dibattito sull’aborto sia dominato da falsi dilemmi “pro-vita” e “pro-aborto”, ignorando le condizioni materiali che portano le donne a interrompere una gravidanza. La maggior parte degli aborti deriva da gravidanze non pianificate, spesso causate da un’educazione sessuale incompleta, diseguale per classe sociale e tipo di scuola. L’accesso ai servizi sanitari pubblici è limitato, con ostacoli economici e geografici che obbligano molte donne a rivolgersi a cliniche private. Il capitalismo precarizza le condizioni materiali delle donne, rendendo l’aborto spesso l’unica alternativa possibile. Per affrontare davvero la questione occorre un’educazione sessuale integrale, gratuita e universale, accesso diffuso ai contraccettivi e una responsabilità sociale condivisa nella cura dei figli, mostrando che l’aborto è un indicatore di disuguaglianza sociale ed educativa più che di scelta morale individuale.
- Greg Godels (ZZ’s blog): Imperialismo, multipolarismo e Palestina
Chiudiamo con un contributo personale da un blog: l’articolo critica l’illusione della sinistra nel vedere nel multipolarismo un’alternativa reale all’imperialismo. La caduta o l’indebolimento degli USA non significa la fine dell’imperialismo, poiché questo è un fenomeno strutturale del capitalismo, destinato a persistere finché esisterà il sistema capitalistico. L’idea di un “capitalismo pacifico” o di un nuovo ordine internazionale armonioso, promossa dai BRICS o dai multipolaristi, è un mito simile all’“ultraimperialismo” di Kautsky, criticato da Lenin. Garrido e altri teorici multipolaristi separano l’imperialismo dal capitalismo, enfatizzando strumenti finanziari e geopolitici anziché la produzione e lo sfruttamento reale. Godels sottolinea che la vera cartina di tornasole sul ruolo del “mondo multipolare” è la Palestina: se questi Stati che promuovono la parola d’ordine del multipolarismo, fossero davvero anti-imperialisti, dovrebbero intervenire concretamente contro l’occupazione e il genocidio israeliani, come fece per davvero l’URSS per il Vietnam e l’Angola. La conclusione è che il multipolarismo oggi rischia di essere solo “un mucchio di chiacchiere”, senza reali conseguenze contro lo sfruttamento globale e le ingiustizie imperialiste.