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Home›Capitale/lavoro›Toglietemi tutto, ma non il profitto: i guadagni dei capitalisti nella crisi

Toglietemi tutto, ma non il profitto: i guadagni dei capitalisti nella crisi

Di Redazione
18/04/2020
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La crisi sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 minaccia di sfociare in una tremenda crisi economica, ritenuta già ora ben più pesante di quella del 2007-2008 (Mario Draghi: “Una recessione di proporzioni bibliche”). I padroni si preparano a questo probabile scenario cercando di scongiurare il più possibile le perdite e sfruttando le nuove possibilità di guadagno, che pure ci sono, come abbiamo visto con l’aumento dei profitti delle grandi catene del commercio online, o con il video entusiasta pubblicato da Cairo (proprietario di La7, di diverse testa giornalistiche e della squadra del Torino calcio).

Diversi imprenditori, anche in questa situazione, sono fiduciosi di poter continuare a fare grandi profitti. Nonostante i tempi di Coronavirus siamo quindi di fronte a grandi opportunità di acquisizioni: gli industriali potranno sfruttare la liquidità messa a disposizione in questa emergenza sanitaria per accelerare ancora più il processo di concentrazione dei capitali, sia finalizzando le operazioni già in essere, sia procedendo a nuove fusioni e accaparramenti di aziende e quote azionarie.

Questo sta avvenendo nei settori più altamente produttivi come nel caso dell’acquisizione da parte della Celfa di Imola dell’azienda polacca Stern Weber Polska specializzata nella distribuzione di equipaggiamento medico. Gianluca Ghersini che si è occupato degli aspetti legali di questo trasferimento commenta così le possibilità di maggiore liquidità: «Al netto dell’emergenza, molti razionali per operazioni già previste sono ancora validi, questo vuol dire che potremmo assistere ad un effetto post ’11 settembre’, quando gli investitori inizieranno a utilizzare la liquidità di cui c’è abbondanza».[1]

Grandi acquisizioni sono in corso d’opera anche da parte del gruppo Benetton che, tramite l’azienda controllata Cellnex, acquisirà le torri per le telecomunicazioni del gruppo portoghese Nos Towering[2]. Stesso discorso vale per i Berlusconi che incrementeranno del 5% le quote Mediaset nella società Prosiebensat, importante broadcaster tedesco[3], di cui era già primo azionista. Il grande capitale italiano dunque non si ferma e si espande anche all’estero come avviene per la GVS, azienda bolognese della famiglia Scagliarini-Valentini che produce fra l’altro mascherine per l’industria, e che sta già beneficiando ampiamente di questa crisi, procedendo tra l’altro alla preparazione di un sito produttivo negli Stati Uniti[4]. Numerose sono le aziende che stanno procedendo ad acquisizioni, in ogni campo, dalla meccanica, come le Fonderie di Montorso[5], al mondo bancario, con Banca Ifis che ha presentato un’offerta per acquisire il 70,77% di Farbanca, che è detenuta dalla Banca Popolare di Vicenza[6].

Vediamo dunque che le grandi aziende si muovono sul piano dell’ampliamento delle loro attività. In questi giorni notiamo, inoltre, che le borse sono capaci di crescere, pur se in modo discontinuo e a dispetto di segnali così preoccupanti provenienti dal modo del lavoro e della produzione in generale.

Tutto bene per i padroni, quindi? Non proprio. Diversi settori produttivi hanno visto in questi mesi una caduta vertiginosa delle entrate. Basti pensare, ad esempio, ai proventi del turismo. Questa condizione intensifica le contraddizioni interne al sistema economico rendendo la competizione tra grande e piccola impresa ancora più dura. Se, come abbiamo visto, i grandi produttori possono compensare le perdite in un settore, magari grazie alla diversificazione dei loro investimenti, lo stesso discorso non vale per le piccole e medie imprese che potrebbero rimanere schiacciate da questi mesi di inattività andando a contribuire enormemente al processo di concentrazione da tempo in atto.

Questo processo di concentrazione si attua sia attraverso le acquisizioni dirette da parte di grandi imprese sia attraverso lo strumento del prestito bancario. Nella fase attuale i due livelli sono particolarmente intrecciati: i grandi monopoli finanziari mantengono sempre un piede nel settore produttivo e uno in quello bancario. Questa convergenza si compie attraverso partecipazioni, quote azionarie, holding, e così via.

Qualcuno ha già in passato spiegato molto bene questo fenomeno: «La fondamentale e originaria funzione delle banche consiste nel servire da intermediario nei pagamenti; quindi le banche trasformano il capitale liquido inattivo in capitale attivo, cioè produttore di profitto, raccogliendo tutte le rendite in denaro e mettendole a disposizione dei capitalisti.

Ma, a mano a mano che le banche si sviluppano e si concentrano in poche istituzioni, si trasformano da modeste mediatrici in potenti monopoliste, che dispongono di quasi tutto il capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti di materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi. Questa trasformazione di numerosi piccoli intermediari in un gruppetto di monopolisti costituisce uno dei processi fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo capitalista […] In luogo dei capitalisti separati sorge un unico capitalista collettivo. La banca, tenendo il conto corrente di parecchi capitalisti, compie apparentemente una funzione puramente tecnica, esclusivamente ausiliaria. Ma non appena quest’operazione ha assunto dimensioni gigantesche, ne risulta che un pugno di monopolizzatori si assoggettano le operazioni industriali e commerciali dell’intera società capitalista, giacché, mediante i loro rapporti bancari, conti correnti e altre operazioni finanziarie, conseguono la possibilità anzitutto di essere esattamente informati sull’andamento degli affari dei singoli capitalisti, quindi di controllarli, di influire su di loro, allargando o restringendo il credito, facilitandolo od ostacolandolo e infine di deciderne completamente la sorte, di fissare la loro redditività, di sottrarre loro il capitale o di dar loro la possibilità di aumentarlo rapidamente e in enormi proporzioni, e così via.»[7]

Ecco il contrasto davanti ai nostri occhi, insomma: da un lato le classi popolari versano in condizioni di forte disagio, i lavoratori sono costretti a mettere a repentaglio la loro vita o quella dei familiari per guadagnare un salario, molti sono in cassa integrazione, o peggio senza stipendio perché vittime di tipologie contrattuali atipiche o addirittura perché senza legali contratti, dunque lavoratori in nero che si espongono continuamente anche a sanzioni perché non possono dimostrare alle forze dell’ordine la vera natura dei loro spostamenti; dall’altro lato il grande padronato che, immune, o quasi, a qualsiasi contingenza, è nelle condizioni di continuare a fare i suoi affari e, come se non bastasse, usufruirà degli aiuti messi in campo dallo Stato. Come in ogni grande crisi il grande capitale italiano si aspetta di continuare a guadagnare sfruttando inoltre la situazione per aumentare la concentrazione del capitale e della produzione.

__________

 

[1] La Repubblica, edizione online del 2020-04-16

[2] https://www.ilsole24ore.com/art/cellnex-fa-shopping-portogallo-e-acquista-torri-nos-ADzm47J

[3] https://www.ilsole24ore.com/art/mediaset-rafforza-presa-prosiebensat-AD1OdMF

[4] https://www.aifi.it/private_capital_today/4368410-la-crescita-di-gvs-quando-la-crisi-e-un-opportunita

[5] La Repubblica, edizione online del 2020-04-16

[6] https://www.ilgazzettino.it/nordest/vicenza_bassano/banca_ifis_offerta_farbanca-5164718.html

[7] Vladimir Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo (1916), Capitolo II: “Le banche e la loro nuova funzione”, Opere Complete, Editori Riuniti 1966, pp. 211-216

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