FIAC: dopo la lotta l’accordo, ma è solo una tregua
«Anche io pensavo che sarebbe andato tutto bene fino a quel fatidico giorno», è stato il commento di una vittima.
Ecco, potrebbe sembrare l’inizio di un articolo di cronaca nera: il racconto di un sopravvissuto a un disastro, oppure, certo, negli ansiogeni tempi di pandemia che viviamo, la triste storia di un parente delle vittime di Covid-19.
No, non siamo di fronte a uno di questi casi. Le parole sono quelle di una lavoratrice, perché le vittime sono tutti i lavoratori della FIAC Compressori di Pontecchio Marconi, in provincia di Bologna, una fabbrica che occupa circa 200 persone ed è minacciata di chiusura completa da parte della multinazionale che l’aveva acquisita nel 2016, la Atlas Copco.
Ciò desta stupore poiché la FIAC Compressori non ha subito in modo rilevante la crisi dovuta all’epidemia, ed anzi dispone di nuovi ordini fino a ottobre.
L’incubo per i lavoratori è cominciato improvvisamente il 26 maggio, quando la casa madre ha dichiarato di voler spostare la produzione in provincia di Torino, trasferendovi coattamente la maggior parte dei dipendenti. Immediate le proteste così come immediati sono stati lo sciopero e il presidio permanente indetti dai lavoratori. I rappresentanti dell’azienda allora hanno proposto di fornire consulti psicologici gratuiti ai lavoratori, che hanno rifiutato. In seguito la multinazionale ha deciso di interrompere la delocalizzazione, ma perseguendo senza modifiche il suo piano di chiusura completa della sede in provincia di Bologna. Le proteste sono continuate, coinvolgendo nelle trattative ampi strati delle istituzioni locali: sindaci, assessori, consiglieri regionali fino al governatore dell’Emilia-Romagna1.
L’incontro in regione
Il 16 luglio, mentre i lavoratori presidiavano la piazza degli uffici regionali, all’undicesimo piano si svolgeva l’ultimo atto di questa lunga trattativa. Alla riunione, la delegazione dei lavoratori era composta dai rappresentanti della FIOM regionale e provinciale, la RSU aziendale e i delegati ai tavoli tecnici (industriale, occupazionale e finanziario). Dopo le prime tre ore di riunione, i rappresentati dei lavoratori sono scesi a comunicare la situazione. Il malcontento nella piazza era evidente: “l’azienda sta avendo lo stesso atteggiamento che ha avuto ai tavoli. Noi facciamo le proposte e loro non rispondono”, è stato il commento a caldo di una lavoratrice.
Dopo questa prima pausa i lavoratori hanno lasciato la piazza e sono tornati al picchetto davanti alla fabbrica. L’incontro è andato avanti per tutta la notte e solo all’alba è stato annunciato il raggiungimento di un’ipotesi di accordo.
L’accordo è stato approvato dai lavoratori la mattina del 17 luglio con il 99% dei voti e in seguito è stato divulgato pubblicamente. “L’accordo prevede che fino al 30 giugno 2021 sarà garantita la stabilità lavorativa dei rapporti di lavoro. Viene inoltre attivata, e ne vengono definite le modalità, una staffetta generazionale attraverso la quale tutti i dipendenti che potranno raggiungere la pensione nei prossimi due anni avranno la possibilità di uscire da FIAC (senza penalizzazioni sulla retribuzione) e per ciascun lavoratore che uscirà sarà effettuata un’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore oggi in azienda con contratto di staff leasing”, recita il comunicato della FIOM Bologna2. Oltre a questo, viene segnalata la trasformazione dei tavoli tecnici in un “osservatorio” che sarà convocato nei prossimi mesi sino a dicembre 2020 per “esplorare tutte le possibili soluzioni volte ad evitare il trasferimento”. Infatti, nel testo non vi è alcun impegno dell’azienda ad evitare la delocalizzazione, ma semplicemente si prevede un successivo accordo — da sottoscrivere entro marzo del 2021 — su un “piano sociale” che tuteli l’occupazione del sito a Pontecchio.
E quindi uscimmo a riveder le stelle?
L’unità e l’impegno straordinario messi in campo dai lavoratori di Pontecchio ha permesso di migliorare le prospettive di una situazione che sembrava drammatica, ma purtroppo permangono ancora forti perplessità sugli sviluppi futuri. Almeno fino a dicembre si continuerà a discutere internamente su come evitare la delocalizzazione, ma non vi è nessuna garanzia che l’azienda collabori fattivamente, anzi finora, pur sotto i riflettori istituzionali, i lavoratori hanno lamentato una marcata reticenza da parte dei rappresentanti della multinazionale.
Tra gli strumenti previsti in questa fase vi sono prepensionamenti senza penalizzazioni sulla retribuzione, accompagnamenti dei lavoratori, outplacement, formazione e riqualificazione, ricorso agli ammortizzatori sociali3. Sembrano purtroppo strumenti volti alla chiusura progressiva della fabbrica. Esaminiamo il significato di uno di questi, l’outplacement.
L’outplacement si presenta come un servizio che favorisce la riqualificazione e la ricollocazione in differenti contesti aziendali degli individui disoccupati o in cerca di un nuovo lavoro”4.
Apparentemente quindi l’outplacement non servirà a garantire il lavoro ai dipendenti della FIAC, al contrario. Forse pensano che i lavoratori siano stupidi e si facciano menar per il naso, ma è falso.
I lavoratori hanno approvato questo accordo che per loro è meglio della disoccupazione – perché trasferirsi a centinaia di chilometri di distanza per molti di essi è impossibile. Ma capiscono che ciò che la multinazionale vuole è solo una ubbidiente, individuale rassegnazione.
Perché i padroni sanno che colpire separatamente ogni singolo lavoratore è abbastanza facile, mentre quando essi scioperano e lottano assieme la loro forza è insuperabile.
Christian Michelini e Inti Vázquez
Note
1https://imprese.regione.emilia-romagna.it/notizie/notizie-attualita/2020/crisi-fiac-compressori-201ccongelato201d-lo-spostamento-dello-stabilimento-del-bolognese-a-torino
2http://www.fiom-bologna.org/index.php/2020/07/17/vertenza-fiac-atlas-copco/
3http://www.fiom-bologna.org/index.php/2020/07/17/vertenza-fiac-atlas-copco/
4https://it.wikipedia.org/wiki/Outplacement