Cosenza: appello alla mobilitazione dei lavoratori calabresi, no al ricatto tra salute e lavoro
Il nuovo lockdown “completo” a cui è stata sottoposta la regione Calabria non sarà vissuto con lo stesso spirito paziente della chiusura della scorsa primavera.
Molte vicende hanno reso evidenti le responsabilità politiche legate alla nuova misura adottata. Basti pensare al fatto che la regione non è stata formalizzata come “zona rossa” per via dell’indice dei contagi ma a causa del suo sistema sanitario fatiscente. Tra queste, su tutte, l’incapacità – da parte dell’amministrazione regionale – di mettere a frutto gli 86 milioni disposti per l’emergenza Covid al fine di incrementare medicina territoriale e terapie intensive, negligenza dovuta principalmente a mancanza di organizzazione, ma alla quale contribuiscono gli interessi che sempre concorrono, nei meandri della politica regionale, allo scopo di spartire in un secondo momento la torta dei fondi pubblici tra cliniche e attività private. Oltre a ciò, è stato evidente quanto il governo della regione non abbia avuto alcun interesse a utilizzare i mesi estivi di “libera uscita” per minimizzare i rischi di contagio: su 240 milioni di euro stanziati per l’emergenza economica nulla è stato destinato a sostenere fasce lavorativamente precarie come gli stagionali, i tirocinanti della Pubblica Amministrazione, i lavoratori in nero o gli studenti. Per quanto riguarda i lavoratori, il mancato sostegno economico ha reso tutte queste categorie ancor più ricattabili spingendole così ad accettare, anche quest’anno, mansioni lavorative a bassissimo salario, senza contratti regolari e senza protezione alcuna dall’epidemia, come denunciato anche dall’Usb ad agosto.[1]
La somma stanziata è stata interamente destinata a sostenere le imprese, base elettorale principale dell’attuale giunta regionale. Per chiarire l’entità del rapporto fra amministrazione regionale e imprese, si ricordi che la Calabria spende circa 430 milioni di euro ogni anno per le cliniche private convenzionate e ha accettato passivamente l’illegittimo piano di rientro imposto dagli accordi attuali tra ministeri e regioni. Questo nonostante il fatto che in Calabria i fondi sanitari non siano commisurati alla diffusione reale delle malattie e ricalchino in parte ancora la (bassa) spesa storica – motivo per il quale la regione ha avuto lungo tutti gli anni recenti una spesa sanitaria totale inferiore di 200 milioni di euro rispetto a quella che sarebbe stata rimanendo in linea con la spesa media pro capite delle altre regioni.
Il comportamento fraudolento e passivo dell’amministrazione regionale non è passato inosservato agli occhi delle classi lavoratrici e popolari calabresi, come anche l’ipocrisia del governo nazionale, il quale con il Decreto Calabria ha deluso ogni aspettativa di cambiamento e che ora massimizza i poteri del commissario ad acta senza, tuttavia, dare fondi sufficienti per ammorbidire le discrepanze appena descritte.
I malumori si prospettavano fin dalla stagione estiva, nella quale si sono susseguite manifestazioni di categorie come gli stagionali, i lavoratori della raccolta rifiuti, i tirocinanti, i lavoratori dello spettacolo e gli operatori sanitari; tutte prese di posizione legate a un denominatore comune: l’insufficienza del sostegno economico per ovviare alle difficoltà causate dalla pandemia, la mancanza di stabilità contrattuale – incrementata col Covid –, l’assenza, alle volte totale, dei dispositivi di protezione individuale e i ritardi sui pagamenti (vicenda atavica ma resa ancor più disagevole dai blocchi di quest’anno).
In questo contesto le mobilitazioni hanno avuto un crescendo nelle ultime settimane in corrispondenza delle prime avvisaglie di restrizioni nazionali dovute alla pressione della seconda ondata pandemica. Ci sono state piazze che, soprattutto all’inizio, mescolavano istanze autenticamente proletarie, come il salario garantito e la patrimoniale sulle grandi ricchezze, ad altre piccolo-borghesi quali il superficiale rifiuto della chiusura dei locali sic et simpliciter – mescolanza delicata, soprattutto in un territorio come quello dell’estremo sud Italia, nel quale la figura del piccolo padrone non è spesso vista in antitesi a quella del lavoratore salariato, ma corporativisticamente alla pari di quella di un buon “padre di famiglia”.
Ma l’esplosione delle contestazioni dello scorso 6 novembre a Cosenza e, in parte, a Reggio Calabria ha avuto un sapore diverso. La rabbia popolare che ha improvvisamente infiammato i social e le strade alla notizia della conferma dello status della Calabria come “zona rossa” è stata coordinata e indirizzata quasi completamente dalle classi lavoratrici e proletarie e dagli ambienti più avanzati della valle di Cosenza e Rende, settori che trovano la loro cornice in contesti quali l’Università della Calabria, il Coordinamento Studentesco Azadî, il centro sociale Rialzo ed i militanti del Fronte della Gioventù Comunista (FGC).
Al di là di ogni velleità negazionista o meridionalista – che vorrebbe la Calabria “terra di conquista” oppressa da parte dei governi centrali, ignorando la responsabilità fondamentale dell’interesse privato della grande borghesia calabrese nella malagestione della cosa pubblica locale – la voce delle migliaia di persone che hanno deciso di muoversi in corteo lungo le vie della città è stata univoca: la sanità dev’essere una cosa pubblica, slegata dal profitto privato e dall’interesse campanilistico.
La presa delle rivendicazioni, legate a lavoro, salute e dignità, e degli slogan dei giovani del FGC e delle realtà organizzatrici della manifestazione è stata significativa e soprattutto spontanea tra i ragazzi e le famiglie che sono scese in strada a far sentire la propria voce. Nel corso della mobilitazione i partecipanti hanno manifestato chiaramente di volere che la crisi “sia pagata dai padroni” – riprendendo appunto uno degli slogan della serata –. Si è proseguito facendo riferimento all’inevitabilità dell’esproprio immediato delle cliniche private e a fare, letteralmente, nomi e cognomi dei corresponsabili dello sfacelo del sistema sanitario calabrese.
Ad esempio, quello di Ennio Morrone, patriarca di una “dinastia” a capo di un impero economico che controlla, tra le altre cose, strutture sanitarie come la clinica Misasi e che, partito dai socialisti, è approdato poi al PDL e ad essere capogruppo di Forza Italia all’interno del Consiglio regionale della Calabria. Emblema del conflitto di interessi fra borghesia regionale e cosa pubblica,[2] è stato coinvolto nell’Inchiesta Why Not riguardante illeciti nella gestione dei fondi pubblici destinati allo sviluppo della Calabria. Noti sono gli episodi, riconducibili alle sue strutture[3], di sfruttamento del personale e gestione squallida dei pazienti. I manifestanti di ieri sera non si sono limitati a urlare il suo nome ma lo hanno fatto sotto la sua abitazione inneggiando cori di rivalsa e chiare prese di posizione. La stessa cosa è accaduta sotto la clinica privata accreditata La Madonnina.
Memore anche delle responsabilità di strutture private come la Rsa Villa Torano, il più grande focolaio di Covid-19 in tutta la Calabria, la folla ha dimostrato quanto determinata sarà la propria volontà di lotta in futuro occupando lo svincolo autostradale di Cosenza e improvvisando una serie di interventi al megafono sul manto d’asfalto. Emozione alta anche ai passaggi della manifestazione davanti alla caserma dei vigili del fuoco e all’ospedale pubblico Sant’Anna, durante i quali le prime linee del corteo hanno invece lanciato un coro di ringraziamento e di applausi ai lavoratori che sono allo stesso tempo eroi ed agnelli sacrificali di questa situazione. L’evento si è chiuso con il rimando preciso a prossime battaglie congiunte e successive mobilitazioni da coordinare tramite i canali utilizzati per la realizzazione della serata.
Per la prima volta da molto tempo, nella regione, vi è stato un indirizzo di protesta autenticamente popolare e proletario che ha posto la necessità di una occupazione stabile e dignitosa, dell’eliminazione della rendita parassitaria del privato e di un investimento pubblico adeguato nei servizi come condizioni fondamentali e improrogabili per ogni volontà di “cambiamento”, troppo spesso risucchiata da ambienti interclassisti e folcloristici la cui sterilità e ambiguità è ormai sotto gli occhi di tutti.
Nel contesto delle mobilitazioni appena descritte diverse forze politiche e sindacali hanno sottoscritto un comunicato che riportiamo qui di seguito.
Gli eventi che si sono susseguiti in Calabria nelle ultime settimane hanno reso questa regione, giustamente, una polveriera a livello sociale. Non è bastata la crisi della prima ondata epidemica, con migliaia di lavoratori costretti a lavorare in condizioni ancora più precarie del solito e senza dispositivi di sicurezza. Si aggiunge, adesso, un secondo lockdown “colposo”, frutto dell’inadeguatezza del governo che, si scopre proprio ieri, continuava ad affidare la gestione commissariale della sanità ad un generale dei carabinieri che non era neanche consapevole dei suoi compiti. A ciò si aggiunge il classismo di un’amministrazione regionale che, invece di impugnare l’illegittimo piano di rientro sanitario, impugna superficialmente lo status di “zona rossa” senza riconoscere quanto a questo abbiano contribuito la continua delega alla sanità privata di funzioni essenziali e lo stanziamento di aiuti Covid solo ad imprese senza porre nessuna condizione in termini di rispetto delle protezioni individuali. Il Fronte della Gioventù Comunista, le forze sindacali conflittuali e di classe, fra cui USB, COBAS, SLAI COBAS, FIALS, i comitati popolari per il diritto alla salute che sottoscrivono questo appello di rivendicazioni immediate chiamano all’unità e alla lotta le classi lavoratrici e popolari della regione, per pretendere un sistema sanitario pubblico di qualità, ben finanziato e slegato dalle logiche del profitto della borghesia locale. Al motto di LAVORO, SALUTE, DIGNITA’, sarà inoltre diffuso tra i diversi settori lavorativi della Calabria l’invito alla lotta congiunta, nelle assemblee e nelle piazze, sul web e sui luoghi di lavoro. Il fine ultimo della lotta sarà costringere materialmente le istituzioni a mettere in pratica qualsiasi misura sia necessaria per tutelare la sanità e l’occupazione dignitosa. I comunisti sono in prima linea in questa lotta, consapevoli che la soluzione immediata per ottenere le risorse necessarie può essere solo la requisizione della sanità privata e una grande patrimoniale del 10% sul 10% più ricco della popolazione.
L’appello è aperto ad altre adesioni da parte di realtà lavorative e sociali che ne condividano i contenuti e la prassi descritti.
NO AL RICATTO TRA SALUTE E LAVORO! |
Appello dei lavoratori e delle forze sociali calabresi
È confermato che la Calabria sia stata istituita “zona rossa” – ai sensi dell’ultimo DPCM – non per via del suo indice di contagio, ma per la debolezza strutturale del suo sistema sanitario.
Le realtà che sottoscrivono questa lettera invitano la cittadinanza, soprattutto tutti i settori popolari e dei lavoratori precari della regione (i più colpiti dalla norma) a non accettare passivamente la misura, ovvero a non accoglierla senza denunciare le responsabilità politiche di un provvedimento che poteva essere evitato. Le stesse classi lavoratrici e popolari calabresi hanno dimostrato, attraverso la grande mobilitazione avvenuta a Cosenza l’ultima sera prima del lockdown, di essere coscienti del fatto che solo una sanità e dei servizi pubblici non piegati alle logiche del profitto avrebbero potuto risparmiare alla regione questo ennesimo disagio.
Parliamo soprattutto alle classi lavoratrici e precarie perché sono queste ad aver sopportato, sulle loro spalle, i costi del primo lockdown e sono, ora, in procinto di sostenere i maggiori disagi del secondo. Vogliamo ricordare i gravi ritardi nell’erogazione del bonus Inps ai lavoratori stagionali, i licenziamenti in tronco (ad aggirare il “blocco”) di lavoratori forzatamente in nero o in “prova”, l’incremento – nei quattro mesi di boom estivo – di trattamenti degradanti come la mancanza di tutele anti-Covid perpetrata da categorie come i proprietari dei villaggi turistici. Ricordiamo che adesso molti lavoratori stagionali e non solo, per via di contratti part-time o di rapporti in nero “giustificati” ancor di più dall’emergenza economica, hanno difficoltà a ottenere un sussidio Naspi consistente e devono sperare nei bonus una tantum del governo. Ricordiamo la mancanza totale di inquadramento legale dei tirocinanti della PA che chiedono, anch’essi, un sostegno strutturale e le battaglie dei lavoratori delle ditte di trasporto, dei call centre, della nettezza urbana e degli assistenti sociali per vedersi assicurate condizioni di lavoro in sicurezza, oltre che versamenti salariali regolari. Ricordiamo, infine, il sacrificio di tutti i lavoratori sanitari, costretti a turni rischiosi e oberanti a causa dell’emergenza e che da anni si mobilitano per chiedere la stabilizzazione per tutti.
Di tutta questa situazione l’amministrazione Regionale – che ha annunciato di recente un altro stanziamento di 110 milioni per le imprese, anche questo a fronte di nessun accordo sulla tutela salariale e contrattuale dei dipendenti – è corresponsabile.
Molte sigle sindacali denunciano da mesi la quota di fondi Covid non spesi dall’amministrazione regionale. Ma è importante sottolineare perché dei fondi non sono utilizzati in maniera immediata ed efficacie. Ciò può avvenire, in primo luogo, per le inefficienze stesse che caratterizzano il sistema regionale (e che richiederebbero una centralizzazione del servizio sanitario), come mancanza di personale adeguato allo svolgimento delle procedure o freni derivati da personalismi e clientelismi locali.
Ma, soprattutto, ciò avviene perché poche decine di migliaia di euro una tantum non sono assolutamente sufficienti per attrezzare un sistema regionale da decenni sottofinanziato. Ad esempio, è notizia ufficiosa che a Tropea non sia stato installato un reparto Covid perché, pur avendo disponibilità di spazi e di fondi per le strumentazioni, ci si è trovati impantanati nella mancanza di personale specializzato.
La Calabria, come le associazioni e le realtà sindacali sottoscriventi denunciano da mesi, spende da anni, pro-capite, fino a duecento milioni all’anno in meno della media nazionale in sanità, perché non riceve fondi perequativi commisurati alle sue esigenze epidemiologiche. Questo rende il piano di rientro moralmente illegittimo, oltre che incostituzionale. Questo è alla radice dell’impossibilità di agire con prontezza nell’allestimento di locali di emergenza e nell’aumento dei posti letto. Questo, ancora, è alla base di follie come la diminuzione da 4,47 a 2,98 posti letto ogni mille abitanti negli ultimi dieci anni e della perdita, nello stesso periodo, di 3800 unità di personale, o di iniquità locali dovute alla guerra fra poveri dei territori (che portano, ad esempio, Catanzaro e Crotone a contare quasi 4 posti letto ogni mille abitanti di fronte ai 1,57 di Vibo Valentia). Questo, infine, è la causa per cui la Regione sborsa una rata annuale da 30,7 milioni a un tasso usuraio annuo del 5,89% per ripagare i debiti sanitari contratti con il Governo.
L’amministrazione Regionale è stata totalmente passiva di fronte a questa situazione conclamata e non ha esercitato alcuna pressione politica o giuridica per cercare una soluzione – soluzione che va trovata necessariamente di concerto col Governo centrale, alla luce dei noti tagli al SSN nazionale che hanno colpito non solo la nostra regione.
La Regione Calabria ha anzi utilizzato quel poco di margine finanziario disponibile non per prevenire la seconda ondata, dirottando i fondi sulla medicina territoriale o imponendo tramite accordi sindacali e controlli il rispetto delle misure preventive alle aziende turistiche (oltre che il rispetto della dignità dei lavoratori), ma per elargire pacchetti regalo agli ambienti imprenditoriali che erano la propria base elettorale, pacchetti che alla luce dei ristori già previsti dal Governo e dell’esplosione turistica dei mesi estivi appaiono inoltre poco urgenti (secondo il report di Bankitalia appena pubblicato sulle Economie Regionali, ad agosto il Sud aveva recuperato i volumi turistici dell’anno precedente, cfr. p.12).
La misura “Riapri Calabria” ha previsto infatti uno stanziamento di 40 milioni, di cui 20 milioni a fondo perduto, finalizzato a sostenere “piccoli imprenditori”, “Lavora in Calabria” uno stanziamento di 80 milioni, rivolti a microimprese e Pmi artigiane, commerciali e industriali e di servizi. Altri stanziamenti pari a 120 milioni di euro sono stati presi, poi, per i programmi “Riparti Calabria” e “Lavora Calabria”; 15 milioni di euro per il programma “Scopri Calabria”; 12.5 milioni diretti ai giovani per consumi culturali, bar e pub; 20 milioni a favore degli hotel; 9 milioni di bonus per i consumi in cene in Calabria; 1 milione di euro a favore delle agenzie di viaggio; 300.000 euro a favore delle guide turistiche; 3 milioni di euro diretti a noleggi con conducente. Neanche un euro è stato utilizzato per ammortizzare la condizione dei lavoratori precari e delle fasce disagiate in generale, se non in funzione di sgravi alle aziende. È per questo che ribadiamo che la mancata prevenzione del secondo lockdown ha natura spiccatamente classista.
Non crediamo che nella situazione d’emergenza attuale possa farsi valere l’obiezione per la quale tali fondi fossero “destinati” ad uno specifico settore: in uno stato d’eccezione qual è l’attuale – e in Calabria lo è doppiamente, visto che si presenta come la regione con meno spesa sanitaria pro-capite – pensiamo che un corpo politico debba prendersi la responsabilità di comportarsi di conseguenza, soprattutto quando ci sono in gioco vite umane.
Per tutto quanto riportato, le sigle sottoscriventi ritengono opportuno agire procedendo a
- un esposto nelle procure di competenza per denunciare la mancata implementazione – persino – delle misure previste nelle attuali direttive aziendali delle Asp e nei DCA regionali, per i quali molti ospedali “periferici” dovrebbero già essere funzionanti come ospedali generali;
- una richiesta di incontro con la Giunta Regionale e con il Commissario ad acta per pretendere l’immediato utilizzo dei fondi non spesi per l’incremento dei posti letto in terapia intensiva e per l’assunzione di personale sanitario, nonché per pretendere una presa di posizione politica nei confronti del Ministero delle Finanze e della Salute riguardo all’equa ripartizione dei fondi sanitari e circa la necessità di revoca del piano di rientro.
Queste iniziative verranno accompagnate da modalità di mobilitazione compatibili con l’attuale regime precauzionale di diffusione della pandemia: dimostrazioni on line oppure fisiche nel nome del rifiuto del ricatto tra salute e lavoro.
Solo se la parte disagiata della popolazione diviene cosciente dei propri diritti e dei mezzi attraverso i quali raggiungerli la nostra regione si potrà salvare dal personalismo e dal giogo delle classi economicamente dominanti.
Fronte della Gioventù Comunista
Usb Calabria
Cobas Telecomunicazioni
Slai Cobas
Fials sanità VV
Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali
Mediass – medici di famiglia
Il Baco resistente – Catanzaro
Spa Arrow – Rende
Calabria Sociale – Tropea
Libertas – associazione culturale
Comitato ospedale Soveria Mannelli
Ass. nazionale persone con malattie reumatologiche e rare
Comitato ospedale Mesoraca
CSC Nuvola Rossa – Villa S. Giovanni
Potere al Popolo – Calabria
La Cosa Pubblica – Reggio Calabria
Arci – Crotone
Giovani comunisti – Cosenza
Centro sociale Rialzo – Cosenza
Ass. Culturale Magnolia Reggio Calabria
Sportello Sociale Autogestito – Lamezia Terme
SADA Fast – sindacato trasporti
Collettivo Stipaturi – Lungro
Orsa – Porto di Gioia Tauro
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Note:
[1] https://www.tropeaedintorni.it/usb-manda-lesposto-alla-prefettura-di-vibo-valentia.html.
[2] http://www.iacchite.blog/cliniche-profughi-hotel-e-ristorazione-i-morrone-vanno-avanti-come-treni/?fbclid=IwAR1W5z0vC8R_KTZ7JgAbwPURfRgP7CDKjDWkCRB_ni5AFx1bc5oy-zxAA4k.
[3] https://www.quicosenza.it/news/le-notizie-dell-area-urbana-di-cosenza/cosenza/40760-cliniche-private-a-cosenza-la-cgil-denuncia-dipendenti-minacciati-e-senza-stipendio?fbclid=IwAR3TOjs4Leqi0gGxsCOth02Kc9WGPNuZ-AloXzjHqjmDY3awH31HrEpK6vs.