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Politica
Home›Politica›Il reato di antifascismo a Torino

Il reato di antifascismo a Torino

Di Redazione
21/09/2020
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fuori i fascisti dal campus

Il Tribunale del riesame di Torino ha sostanzialmente confermato le misure cautelari che hanno colpito 31 studenti antifascisti per essersi opposti ai militanti dell’organizzazione di estrema destra del FUAN il 13 e 14 febbraio di quest’anno. Le misure comminate sono molto pesanti e spaziano dall’obbligo di firma agli arresti domiciliari e si aggiungono ai numerosi casi di repressione poliziesca e giudiziaria che in questi anni hanno interessato la città di Torino e la regione Piemonte. Le misure comprendono il divieto di dimora nel comune di Torino che, nei fatti, impedisce a studenti lavoratori di proseguire il proprio percorso di studi e nega ad altri la possibilità di recarsi presso il proprio luogo di lavoro.

Ma cerchiamo di ripercorrere gli avvenimenti sin dall’inizio. La questione in esame non ha avuto il risalto mediatico che meritava, anche perché avvenuta a ridosso del lockdown, ma è tornata sotto i riflettori grazie al noto fumettista Zerocalcare che ha pubblicato un appello alla solidarietà verso i compagni antifascisti, destinatari delle misure cautelari.

Nella giornata del 13 febbraio si era tenuto presso il “Campus universitario Luigi Einaudi” di Torino un convegno organizzato dall’ANPI dal titolo “Fascismo, colonialismo, foibe”. Tale convegno ha visto la partecipazione dello scrittore Moni Ovadia, e dello storico e giornalista Stojan Spetic. Il dibattito era stato autorizzato dal rettore universitario Genua, che contestualmente aveva però permesso che si svolgesse davanti agli edifici universitari un volantinaggio organizzato da esponenti del FUAN. Gli stessi si sono presentati presso il campus, scortati dalle forze di polizia. Avvertite queste ultime dallo stesso rettore universitario, che aveva avvisato la Questura. Questa a sua volta schierava reparti di polizia e DIGOS, nei fatti, in difesa dei fascisti.

antifascismo-torino-presidio

La presenza degli sponenti del FUAN, dileguatisi velocemente, ha innescato la contestazione da parte degli studenti antifascisti alla quale è seguita la reazione immediata delle forze dell’ordine, attraverso cariche di “alleggerimento”, scorrazzando per i prati del campus. Il bilancio della giornata contava 3 studenti arrestati e condotti nel carcere delle Vallette. Una risposta assolutamente fuori proporzione rispetto agli avvenimenti che non nasconde l’intento repressivo e dissuasivo che da tempo la questura di Torino ha attuato nei confronti della politica studentesca.

Ma le misure repressive non si sono limitate agli arresti in flagranza. Il giorno successivo al 13 febbraio gli studenti antifascisti si sono recati presso il rettorato per chiedere spiegazioni sull’accaduto senza riceverne alcuna, essendo “latitante” il rettore stesso, di cui non si era avuta alcuna notizia. Nel frattempo, un corteo di protesta si era recato presso la palazzina Einaudi, liberando l’aula che il rettore aveva riservato agli studenti del FUAN.

A seguito di questi fatti delle due giornate sono scattate le misure cautelari. 3 giovani sono stati tratti agli arresti domiciliari, 7 sono stati destinatari del provvedimento di divieto di dimora presso il comune di Torino, e altri costretti all’obbligo di firma. In conclusione, 31 giovani venivano denunciati e venivano emesse misure cautelari verso 19 persone a vario titolo.

Il tribunale ha poi rifiutato la richiesta di trasformazione delle misure cautelari dal divieto di dimora all’obbligo di firma avanzate da alcuni studenti, causando, nei fatti, l’impossibilità per questi studenti di mantenere il proprio posto di lavoro e andando ad aggravare la situazione, già difficile, di chi deve lavorare per proseguire il proprio percorso universitario.

È importante rilevare che la sproporzione incredibile degli effetti coercitivi rispetto ai fatti, considerando, tra l’altro, che si tratta di misure cautelari e non è stata dimostrata la colpevolezza di nessuno studente. “Colpevolezza” dai contorni Kafkiani che promana da una condanna agli studenti per il reato di antifascismo.

 

di Daniela Giannini

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