Didattica a distanza: contraddizioni di un modello classista
Di Davide Tedeschi e Riccardo Beschi
Dal 5 marzo in tutta Italia è stata sospesa l’attività didattica in presenza per far fronte all’emergenza Covid-19. La disposizione, attiva inizialmente fino a domenica 15/03/20, è stata poi prolungata, e ad oggi, non si hanno notizie circa un eventuale prolungamento fino alla fine dell’anno scolastico, che sembra inevitabile date le sempre più restrittive misure di distanziamento sociale che si stanno attuando nell’ultimo periodo. Ci preme tuttavia sottolineare che alcuni settori produttivi non essenziali, come i settori della difesa, dell’aerospazio o della telecomunicazione pubblicitaria, siano tuttora attivi in barba ad ogni diritto alla salute dei lavoratori coinvolti. Delegando le questioni relative alla chiusura di filiere non produttive ad altri testi, ci interessa raccontare qui la nostra esperienza come professori (precari) in scuole superiori della provincia Romana.
La fantomatica didattica a distanza messa in atto dai professori di tutte le scuole di ogni ordine e grado sta infatti mostrando tutte le contraddizioni del modello di istruzione che il sistema socio-economico in cui viviamo ci impone.
Le politiche attuate negli anni verso una federalizzazione degli istituti scolastici comportano un’autonomia organizzativa che si riflette nell’esistenza di scuole di serie A, serie B e finanche serie C. Mentre alcuni istituti scolastici possono permettersi abbonamenti a piattaforme in grado di fornire una didattica soddisfacente, l’assenza di strumenti digitali impedisce ai professori di altri istituti di pensare a una didattica a distanza, figurarsi attuarla. Questa è già una prima grande contraddizione in cui scuole storiche in grandi città, le scuole di serie A, possono almeno sperimentare una didattica a distanza, mentre scuole periferiche, difficilmente riescono a fornire gli strumenti necessari anche unicamente a raggiungere gli studenti. Ma se questo è un problema ed una contraddizione insita del sistema scolastico, il problema più grande riguarda le condizioni sociali degli studenti stessi. Dati Istat del 2018/2019 mostrano che circa il 14% delle famiglie con un minore non ha a casa né un PC, né un tablet e che al contrario solo un quinto delle famiglie ha a disposizione almeno un dispositivo PC/tablet per ogni elemento del nucleo famigliare [1]. A questa mancanza si aggiunge il fatto che il 35% delle famiglie con minori hanno accesso alla rete internet solo in modalità mobile [2]. Questo tipo di connessione è legato a una copertura non omogenea sul territorio nazionale e ha subito un calo delle prestazioni dovuto al sovraccarico delle infrastrutture di rete in questo periodo complicato [3], creando quindi delle vere e proprie barriere. Questi dati fanno capire come esiste un problema reale di accesso effettivo ai contenuti della didattica a distanza.
Difatti, non è stato difficile per noi incontrare, in queste settimane di lavoro a distanza:
- studenti che non erano coperti da rete internet, perciò impossibilitati a seguire la didattica se non con l’utilizzo della rete cellulare;
- studenti il cui nucleo familiare possiede un solo computer ma con famiglia composta da più fratelli in età scolastica o universitaria, implicando una non completa autonomia nel seguire la didattica a distanza;
- studenti assenti e poco interessati alla didattica che non possono essere seguiti dagli insegnanti e non vengono seguiti o sollecitati da genitori assenti per svariati motivi, tra cui sicuramente c’è la scarsa tutela nei confronti di genitori lavoratori. I voucher baby-sitter non sono sicuramente una tutela sufficiente.
- questi mezzi sono sicuramente meno fruibili per studenti con bisogni educativi speciali, ad esempio gli studenti che riscontrano DSA.
In un contesto come quello attuale con tutte le barriere materiali legate spesso a questioni di tipo sociale, viene chiesto ai docenti di valutare gli studenti mediante i mezzi della didattica a distanza. Uno dei principali punti che si deve porre un insegnate e l’istituzione scolastica è quella di abbattere qualsiasi barriera tra gli studenti in maniera tale che quest’ultimi possano esprimere le proprie potenzialità senza alcuna discriminazione. Ci chiediamo dunque quale possa essere il senso della valutazione in un contesto in cui non è garantita a tutti l’accesso agli insegnamenti.
In conclusione, la nostra esperienza come professori durante la didattica a distanza ci insegna che non tutti hanno gli stessi mezzi, le stesse opportunità, gli stessi stimoli. “Che ci ostiniamo a curare chi ha già le medicine in casa e sa in che ospedale andare, mentre qualcuno non sa neppure di essere malato.” Di fatti tutte le condizioni di classe stanno venendo allo scoperto durante questa pandemia e il suo stato emergenziale, non per l’ultimo la condizione degli studenti di serie B, figli del proletariato, il cui diritto allo studio viene leso. Per questo come professori che hanno a cuore il ruolo sociale che ricoprono, chiediamo al governo una piattaforma online nazionale gestita dallo Stato, di occuparsi di fornire il supporto tecnico necessario per scuole e studenti e soprattutto garantire al rientro dall’emergenza modalità di supporto per permettere agli studenti di rimettersi in pari, e inoltre chiediamo che non vengano valutati i nostri studenti dato che per quanto detto prima, la valutazione sarebbe assolutamente arbitraria e discriminatoria nei confronti di chi ha mezzi insufficienti.
Cogliamo infine l’occasione per fare un appello ai nostri colleghi affinché in questo contesto di emergenza l’obbiettivo primario sia quello, attraverso il proprio impegno e sforzo lavorativo, di rendere queste lezioni telematiche il più possibilmente accessibili. A delle lezioni Live magari fruibili solo da alcuni studenti, che hanno a disposizione i mezzi necessari (internet e PC), affiancare lezioni registrate in maniera tale che gli studenti con minori possibilità abbiano modo di poter accedere quando possibile a quegli insegnamenti. È fondamentale che i docenti capiscano che giocano un ruolo determinante per far sì che questi strumenti non siano discriminatori verso gli alunni con minori possibilità spesso legate a fattori economici. Perché anche noi docenti giochiamo un ruolo all’ interno di un modello di istruzione sempre più di classe ed elitario.
[1] https://www.istat.it/it/archivio/240949
[2] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Secondo%20Rapporto%20Auditel%20Censis.pdf
[3] https://www.repubblica.it/tecnologia/2020/03/20/news/internet_rallenta-251777168/