La IV Conferenza Internazionale sulla Ricostruzione dell’Ucraina si è tenuta il 10 e 11 luglio alla Nuvola, nel quartiere EUR di Roma, e ha visto la partecipazione del nazista-accattone Zelens’kyj con la moglie, della premier italiana Giorgia Meloni, della presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, del premier spagnolo Sánchez, del cancelliere tedesco Merz, del premier greco Mītsotakīs, di quello polacco Tusk, l’albanese Rama, il maltese Abela, il finlandese Orpo e del presidente ceco Pavel.
Alla conferenza, oltre alle 100 delegazioni governative, hanno partecipato anche 40 organizzazioni internazionali, tra cui le principali banche di sviluppo e le cosiddette organizzazioni “non” governative, ma soprattutto più di duemila aziende private, tutte sedute al tavolo della spartizione imperialistica. Nessuna delle parti in conflitto, il blocco USA-UE-NATO da un lato, e la Russia dall’altro, è intenzionata a porre fine alle ostilità rinunciando alla prospettiva di futuri profitti, derivanti dal business della ricostruzione, che, secondo le stime, riguarderebbe per la maggior parte le regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporožie, Kherson e Kharkov, nonché dallo sfruttamento delle materie prime, delle risorse agricole, delle industrie e della forza lavoro ucraina, concentrate proprio nelle zone controllate dalla Russia. La preoccupazione dell’UE di rimanere tagliata fuori dal saccheggio dell’Ucraina è ciò che alimenta la linea della coalizione dei “volenterosi” e della stessa UE di continuare la guerra a qualsiasi costo, fino all’ultimo ucraino.
Alla conferenza il premier ucraino Denys Šmyhal’ ha affermato che servirà più di 1 trilione di dollari in 14 anni per la ricostruzione dell’Ucraina, da ricavare, secondo i piani, per una metà dagli asset russi confiscati e dalle sanzioni secondarie che prevedono dazi a carico di quei paesi che importano dalla Russia, per l’altra metà con un fondo UE, con soldi pubblici che dovrebbero fare da garanzia e apripista ad investimenti privati. Ad oggi, più della metà del bilancio dello Stato ucraino è finanziato dall’estero, con il solo esercito che costa 50 miliardi di € all’anno di cui metà pagati dall’UE. In sostanza, secondo queste fantasie, la ricostruzione ucraina e i profitti che ne deriverebbero per i monopoli dell’UE e degli USA, dovrebbero essere finanziati da un’appropriazione banditesca di beni altrui e da nuovi, pesantissimi sacrifici imposti al proletariato.
Nella realtà, le forze russe continuano a guadagnare terreno e l’Ucraina è quotidianamente colpita da centinaia di droni e missili. La guerra si è intensificata di recente: ne è esempio l’attacco aereo sferrato dai russi il 9 luglio, il più massiccio dall’inizio della guerra, impiegando oltre 728 ordigni – tra cui numerosi droni kamikaze e i nuovi missili ipersonici Kinžal, intercettabili solo da sistemi antimissile di ultimissima generazione. Secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, il mese di giugno ha registrato il numero più alto di vittime civili degli ultimi tre anni, anche a causa della cinica tattica ucraina di nascondere installazioni militari all’interno di strutture civili e abitative.
Anche gli attacchi ucraini all’interno della Russia stanno diventando più frequenti: il 10 luglio sera, ad esempio, sono stati abbattuti 155 droni lanciati dalle forze ucraine, di cui 53 nella regione di Kursk e 11 nei pressi di Mosca; anche in territorio russo si segnalano vittime tra la popolazione civile.
Le mosse degli “avvoltoi” europei…
L’intervento alla Conferenza di Von der Leyen ha ribadito il supporto militare per l’Ucraina, indissolubilmente legato al piano di difesa UE ReArm Europe Plan/Readiness 2030, tramite il quale saranno mobilitati 800 miliardi di euro, di cui 150 con il nuovo strumento a debito denominato SAFE 2030. Per la ricostruzione dell’Ucraina, oramai al quarto anno di guerra e dopo 165 miliardi di euro di aiuti dall’UE, l’Europa ha annunciato anche un nuovo piano di aiuti per 14 miliardi di euro e un nuovo Fondo Europeo di Ricostruzione per l’Ucraina che Von der Leyen ha definito “il più grande fondo azionario a livello globale a sostegno della ricostruzione”. Questo fondo darà il via a investimenti nei settori dell’energia, dei trasporti, delle materie prime critiche e delle industrie dual-use, cioè fornitrici di componentistica impiegabile anche a livello militare.
L’uso dei fondi pubblici per ingrassare i profitti dei monopoli privati è platealmente ammesso dalla Von der Leyen (oramai, l’UE contro gli aiuti di Stato è un lontano ricordo): “Ci stiamo letteralmente giocando il futuro dell’Ucraina, facendo leva sul denaro pubblico per portare investimenti su larga scala del settore privato e per aiutare a ricostruire il Paese.” Considerato l’altissimo e notissimo livello di corruzione del governo e dell’apparato statale ucraino, i fondi sottratti alla spesa sociale e al soddisfacimento dei bisogni delle masse popolari europee finiranno per ingrassare ulteriormente Zelensky e i suoi accoliti.
Il complesso militare-industriale ucraino viene preso a modello per la futura difesa UE: “L’Ucraina dispone di sistemi d’arma all’avanguardia ed è in grado di effettuare consegne molto rapide e a basso costo. Questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nell’UE. […] Ora i nostri Stati membri possono utilizzare i loro prestiti SAFE e acquistare direttamente dall’industria della difesa ucraina.” Si rafforza quindi il progetto di utilizzare l’Ucraina come fabbrica di morte e di carne da cannone, per la difesa degli interessi dei monopoli dell’UE: questo in cambio dei generosi affari che sicuramente i grandi capitalisti ucraini potranno fare (che, come quelli russi, hanno saccheggiato ciò che il popolo sovietico aveva costruito).
Von der Leyen chiude la sua dichiarazione con una prospettiva inquietante: “Sotto un fuoco implacabile, l’Ucraina sta approvando una riforma dopo l’altra […] L’Ucraina sta portando avanti le sue riforme – ora dobbiamo farlo anche noi”. Ci si domanda se le riforme di cui parla la presidente della Commissione UE, di cui l’UE avrebbe bisogno, siano sul solco di quelle che in Ucraina hanno bandito i partiti di opposizione, accorpato tutti i canali TV in un unico canale di Stato, rimosso ogni tutela per i lavoratori delle piccole e medie imprese (la maggioranza, ovviamente) e messo fuori legge il Partito Comunista? È la progressiva fascistizzazione dell’Ucraina il modello politico e organizzativo che l’UE vuole darsi in futuro?
E che ne pensano di questa prospettiva di “riforme” quelle forze politiche che coltivano l’illusione di poter riformare l’UE dall’interno?
Il presidente Mattarella ha parlato di un’“Unione Europea contro le politiche di potenza” che quindi deve lavorare per “una pace giusta, complessiva, condivisa, duratura” – leggi: guerra fino all’ultimo ucraino – appellandosi al “diritto internazionale” e al “comune sentire dell’umanità”. Sulla reale natura reazionaria, anticomunista e guerrafondaia (nonché antidemocratica) dell’UE ci siamo già espressi e non torniamo di nuovo sull’argomento, ci limitiamo in questa occasione a sottolineare come le argomentazioni del Presidente siano a corrente alternata e non si applichino mai al massacro di Gaza e allo Stato occupante e genocida d’Israele.
La premier italiana Meloni dal canto suo ha paragonato gli investimenti in Ucraina al Piano Marshall, che generò un “miracolo economico” per l’Italia appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale. Ha aggiunto che sono stati presi impegni nei confronti dell’Ucraina per oltre 10 miliardi di euro, con 200 contratti firmati – 40 con aziende italiane – citando il ruolo dei grandi monopoli italiani in partnership con analoghe aziende ucraine, come Leonardo, Enel, Terna, Ferrovie dello Stato, ENAV, Snam, Cassa Depositi e Prestiti, SACE e SIMEST. Alla gara per la “spartizione” delle spoglie della martoriata Ucraina l’Italia ha “vinto” la regione di Odessa, dove, oltre agli investimenti in edilizia e infrastrutture, si occuperà anche di restauro del patrimonio artistico e culturale, sempre che i russi non arrivino prima anche lì.
Inoltre Meloni ha partecipato anche alla teleconferenza tra Roma e Londra della Coalizione dei Volenterosi, e a Meloni, Zelens’kyj e Merz si sono aggiunti in collegamento il premier inglese Starmer e il presidente francese Macron, oltre ad una delegazione USA con militari e senatori. La premier ha ribadito che l’unità “occidentale” è fondamentale e che “la deterrenza è l’unico modo per creare spazio per la diplomazia” (la storia dimostra, al contrario, come gli investimenti in armi servano a preparare i massacri del futuro). Durante la teleconferenza è stato richiesto un rafforzamento delle sanzioni economiche contro la Russia, e la Germania ha dichiarato di voler acquistare missili Patriot dagli USA per consegnarli all’Ucraina. L’obiettivo dichiarato fin dall’inizio della Coalizione dei Volenterosi è l’organizzazione dello schieramento di truppe europee (si parla di fino a 50.000 soldati) in territorio ucraino come “deterrente”, in caso di cessate il fuoco, una prospettiva assolutamente inaccettabile per la Russia.
… come risposta a quelle degli “avvoltoi” statunitensi.
L’intento dell’UE con questa Conferenza è quello di “recuperare terreno” nei confronti degli USA, già ben avviati alla spartizione delle risorse naturali ucraine. A partire dall’accordo USA-Ucraina sullo sfruttamento dei minerali critici e delle risorse naturali, firmato il 30 aprile 2025: l’accordo è arrivato in un momento critico per il supporto dell’amministrazione Trump alla guerra in Ucraina, dopo che un accordo simile saltò a marzo con il famoso litigio Trump-Zelens’kyj nello Studio Ovale. Questa trattativa si inserisce nella politica di progressivo spostamento, da parte degli USA, degli oneri della guerra in Ucraina sui paesi dell’UE: questo sia a livello di aiuti militari ed economici statali, sia in termini di investimenti privati. Il fondo BlackRock, ad esempio, ha interrotto la creazione di fondi di investimento in Ucraina, chiedendo ad altri fondi legati ai governi dell’UE (Germania, Italia, Polonia e Francia) di sostituirlo.
Dei circa 50 minerali critici che l’amministrazione USA ha identificato, l’Ucraina ne possiede più di 20 nel proprio sottosuolo. Tra questi il titanio, per l’industria aerospaziale, il litio per le batterie, l’uranio per le armi e il nucleare civile, poi grafite, manganese. Tra le terre rare l’Ucraina dispone ad esempio dell’itterbio per i laser e i sistemi di comunicazione a fibra ottica, laddove oggi la Cina detiene un monopolio quasi totale dell’estrazione e trattamento di questi elementi chimici (non tanto per una questione di disponibilità nel sottosuolo, che è abbondante anche negli USA, ma per una questione di costi ed economie di scala). Nonostante la politica dell’amministrazione Trump di togliere i contributi pubblici alle energie rinnovabili, tecnologie in cui (tra batterie per auto elettriche, pale eoliche e pannelli fotovoltaici) questi elementi sono determinanti, le terre rare sono comunque fondamentali anche nelle applicazioni militari: ad esempio un singolo F-35 ne contiene almeno 400 grammi.
Una buona parte di questi minerali in Ucraina, stando alle vecchie mappe di epoca sovietica, sarebbero però oggi in aree occupate dalla Russia, e secondo alcuni studiosi il loro sfruttamento non sembra nemmeno economicamente conveniente: le mosse di Trump appaiono quindi possibilmente strumentali per altri fini.
L’accordo USA-Ucraina include anche petrolio e gas naturale, ma esclude i giacimenti già sfruttati dall’Ucraina: dipende quindi dal successo di nuovi investimenti, ed è già frutto di una rinegoziazione dopo che la prima bozza è stata addirittura respinta da Kiev, in quanto eccessivamente a favore degli interessi nordamericani (a seguito della richiesta da parte di Trump di un “pizzo” di 500 miliardi di dollari in risorse naturali). Sostanzialmente ogni futura assistenza economica e militare USA all’Ucraina sarà considerata come un versamento in un fondo congiunto, che attribuisce agli USA il diritto di prelazione su ogni futuro nuovo investimento minerario in Ucraina.
Infine, non va dimenticato che gli Stati Uniti, ma in misura largamente minore anche l’UE, controllano ingenti quote della produzione agricola ucraina attraverso appositi fondi d’investimento.
Appare quindi chiaro l’intento imperialista e predatorio di questo tipo di accordi.
La guerra è imperialista e ha come scopo la spartizione delle risorse
Come affermato già dai Partiti Comunisti aderenti all’Azione Comunista Europea, l’elemento centrale che alimenta la guerra in Ucraina è la competizione tra i grandi monopoli capitalistici e gli Stati che ne sono l’espressione politica per appropriarsi delle risorse naturali, sia del sottosuolo che della superficie, e della ricchezza prodotta dal lavoro salariato. Si tratta di una guerra imperialista, scatenata dai capitalisti dei paesi coinvolti, dove sono perseguiti precisi interessi materiali sotto gli speculari pretesti della “salvaguardia dei valori democratici europei contro le autocrazie”, da un lato, o della “denazificazione”, dall’altro lato
Mentre ucraini e russi continuano a morire sui campi di battaglia, la Conferenza è stata l’occasione per tutti gli avvoltoi imperialisti del campo euro-atlantico per spartirsi una preda non ancora catturata, con l’obiettivo di rapinarne le materie prime, le infrastrutture e di trarre ingenti profitti dai futuri investimenti nella ricostruzione, dando pieno sostegno al governo fascista di Zelens’kyj nella guerra per procura contro la Russia. Le dichiarazioni durante questa ennesima (la quarta oramai) Conferenza sulla Ricostruzione, raduno di avvoltoi imperialisti, certificano la correttezza di questa analisi.
Il proletariato e i popoli devono rifiutare di sostenere l’uno o l’altro schieramento, dai quali non hanno da attendere nulla di positivo e devono intensificare la lotta per la sospensione delle forniture di armi al regime fascista ucraino, per l’uscita dei rispettivi paesi dall’UE e dalla NATO. Per una pace reale, il becco degli avvoltoi va spezzato.