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Home›Rassegna operaia›Yoox, un “accordicchio” per limitare ulteriori sviluppi

Yoox, un “accordicchio” per limitare ulteriori sviluppi

Di Redazione
17/03/2021
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È stata siglata nei giorni scorsi l’intesa fra CGIL, CISL, UIL e dirigenza aziendale di Yoox, multinazionale italiana attiva nel settore delle vendite online di beni di moda, lusso e design, ma per le lavoratrici e i lavoratori della filiera Yoox dell’Interporto di Bologna non si registra un avanzamento. Della questione ci eravamo già occupati a dicembre raccontando delle rivendicazioni avanzate, ormai da un anno, dalle operaie Lis Group, società che gestisce in appalto alcuni servizi per il gruppo internazionale Yoox e Geodis (qui), una serie di lotte che si vorrebbe interrompere con la stipula di un accordo che scontenta tutti tranne i padroni.

Uno dei problemi principali portati al tavolo delle trattative dai Si Cobas, in una azienda che impiega principalmente donne, era la redistribuzione su turni che rendevano incompatibile la gestione del lavoro con i tempi di vita e il lavoro di cura, che come è noto ricade ancora principalmente sulle donne, delle lavoratrici: dopo il subentro della nuova cooperativa, alle operaie veniva infatti richiesto di svolgere le proprie mansioni unicamente su due fasce orarie (5.30-13.30 e 14.30-22.30) eliminando di fatto il turno intermedio. Non è difficile comprendere quali siano, per una madre ad esempio, le problematiche che scaturiscono da una situazione del genere, soprattutto in momento particolare come questo.

Qual è stata dunque l’intesa raggiunta fra sindacati confederali e azienda? Un “accordicchio”, per citare Eleonora (responsabile sindacale del SI Cobas per la vertenza) che si limita a ribadire diritti basilari dei lavoratori, sanciti per CCNL o dal Patto per il Lavoro della Regione Emilia-Romagna, e che penalizza ulteriormente quelle lavoratrici che chiedono un maggiore equilibrio tra i loro impegni di madre e di membro produttivo della società.

Le decantate vittorie per le donne lavoratrici, secondo l’accordicchio, comprendono: la riconquista del turno centrale per le madri con figli fino a un anno, beneficio che decade al compimento di un anno e 1 giorno; la possibilità di richiedere un part time fino al compimento dei 3 anni del bambino e cinque giorni di congedo lavorativo in più all’anno in caso di malattia dei minori tra i 3 e gli 8 anni. A quest’ultima si aggiunge la possibilità di richiedere periodi di aspettativa non retribuita.

“Quello che trovo preoccupante” – afferma Eleonora senza stupore, commentando le ricostruzioni apparse sulla stampa (qui e qui) e le dichiarazioni di Marco Lombardo (qui), assessore al Lavoro del comune di Bologna – “è che, al netto degli equilibrismi politici, si continui a perpetrare un pensiero molto vecchio che esulta per questa azione positiva verso le donne lavoratrici senza che nessuno si sia preso la briga di andare ad analizzare veramente i fatti. L’accordo viene celebrato più per motivi propagandistici che per gli effetti che ha nella realtà. Infatti scontenta la gran parte delle lavoratrici. Inoltre, Il resto della filiera sotto Yoox aveva già de facto un accordo di questo tipo, quindi si va indietro perché quello precedente prevedeva le agevolazioni fino al raggiungimento dei cinque anni di età da parte dei figli delle operaie. Oltre all’arretramento c’è una contraddizione fortissima tra ciò che viene dichiarato e ciò che è: da una parte tutte le istituzioni proclamano quanto sia importante sostenere le donne lavoratrici in questo periodo di pandemia e più in generale rispetto a discriminazioni dirette e indirette che subiscono, dall’altra non sanno neanche leggere la corrispondenza fra ciò che i dati sulle discriminazioni riportano e ciò che è sancito dall’accordo, che loro presentano come una vittoria”.

Un’aspettativa non retribuita di sei mesi non esaurisce, infatti, quelli che sono i problemi di una madre lavoratrice, non è pensabile che la scelta debba essere tra una riduzione delle prospettive economiche e l’occuparsi del benessere dei propri familiari, perché lavoro di cura non significa solo figli. Il 73% di chi chiede dimissioni volontarie per incompatibilità a conciliare il lavoro di cura con il lavoro produttivo sono donne (Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri) impegnate ad occuparsi anche di famigliari con handicap o anziani, a cui i tagli al SSN riservano 2 giorni al mese e nessun ulteriore supporto. Di questa evidenza non si tiene conto nella conclusione dell’accordo, elargendo quelle poche briciole disponibili esclusivamente alle lavoratrici che hanno la possibilità di dividere la gestione familiare con un partner ed escludendo così le madri sole o le donne impegnate in lavori di cura alternativi. “La discriminazione” continua Eleonora “non avviene apertamente dicendo: “tu sei uomo, tu sei donna”, ma con meccanismi indiretti come: “a chi faccio fare quel lavoro?” alle donne. E come è pagato quel lavoro là? Con una paga oraria di sicuro differente rispetto a quella di operai specializzati impegnati ad esempio nel manovrare mezzi o guidare i camion”.

In questo senso il cosiddetto “gender pay gap” appare come una realtà che spesso non riguarda una differenza della paga oraria ma il fatto che le donne sono spinte, da un molteplicità di fattori legati anche ad aspetti di cultura e tradizione, a passare meno ore sul posto di lavoro o assegnate a mansioni meno retribuite, diminuendo così la loro possibilità di guadagno. I dati sono chiari: il 19,5% delle donne occupate lavora con un part-time non volontario contro il 6.5% degli uomini (Sottocupati e part time involontario, dati ISTAT)

“Questo accordo” conclude Eleonora” secondo noi interviene a cercare di bloccare un passo in avanti che queste lotte avevano comunque portato all’interno del settore. I confederali, sempre stati dalla parte di Yoox, intervengono con queste presunte concessioni per perimetrare qualsiasi tipo di ulteriore sviluppo. Ci sarà un altro incontro a breve nell’ambito del confronto con la consigliera regionale di Parità Sonia Alvisi e crediamo che l’azienda, se sarà presente, verrà per dire che andava tutto bene e va anche meglio grazie a quanto concesso, non accogliendo alcun altro tipo di proposta. Da quanto ci riferiscono, al di là dei titoli roboanti della stampa e dei comunicati dei confederali, le lavoratrici tutte ridicolizzano e non leggono questo accordo come un miglioramento. Quanto ottenuto non ha assolutamente l’approvazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Se fosse stata fatta su di esso una consultazione a maggioranza non ho dubbi che sarebbe stato rigettato in toto”.

 

Sarah Romagnoli

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