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Sul ruolo dell’imperialismo nel transfemminicidio e nella LGBT+fobia in Francia e nel resto del mondo

Di Redazione
08/06/2025
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Dal Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) e l’Unione della Gioventù Comunista (UJC)
2 giugno 2025
Link all’originale

 

Ricordiamo che i transfemminicidi non sono atti isolati, compiuti da “individui isolati”, e che la violenza transfobica non scomparirà magicamente se questi venissero condannati: la transfobia, come tutte le forme di fobie verso le persone LGBT+, ma anche il sessismo e la misoginia, è un prodotto del capitalismo, in particolare quando questo è in crisi. Queste forme di oppressione e le loro conseguenze, come i transfemminicidi, si verificano anche nelle grandi potenze imperialiste come la Francia.

Questo Mese dell’orgoglio appena iniziato vedrà alcune istituzioni statali e alcuni settori della borghesia sostenere in modo ipocrita la comunità LGBT+ e denunciare la transfobia, tentando di far credere che tale violenza possa essere eliminata all’interno del capitalismo attraverso la lotta istituzionale. Costoro cercano di depoliticizzare ed edulcorare la nostra lotta, mentre le nostre esperienze sono rivoluzionarie e rimettono in discussione, di fatto, la famiglia nucleare eterosessuale e gli stereotipi di genere, necessari alla sopravvivenza del capitalismo in quanto strumenti di divisione di genere del lavoro e di super-sfruttamento del lavoro riproduttivo.

Dimenticare che le nostre esperienze sono rivoluzionarie ci rende più fragili di fronte ai loro attacchi e alle loro violenze. Commemoriamo la lotta rivoluzionaria all’origine del Mese dell’orgoglio: la rivolta di Stonewall, che – ricordiamolo – fu iniziata da donne transgender e donne lesbiche in risposta a violenze poliziesche LGBT+fobe, sostenute e organizzate dallo Stato capitalista.

Di fronte a tutte le forme di violenza e di oppressione contro le persone LGBT+: accusiamo e attacchiamo il capitalismo! La classe capitalista avalla e orchestra le fobie LGBT+ per i propri interessi di classe!

Per le donne vittime di transfemminicidio, per tutte le vittime del capitalismo: organizziamo la risposta!

Il 6 aprile 2025, Sara Millerey, una donna transgender, è stata stuprata e poi assassinata nella città di Bello, in Colombia. Il suo omicidio e la sua agonia sono stati filmati e diffusi sui social network, moltiplicando la violenza dell’accaduto. Il giorno prima, ad Abidjan (In Costa d’Avorio [NdT]), è stata assassinata Jennifer, una rifugiata trans beninese. Questi omicidi colpiscono per la loro brutalità e per la disumanizzazione di queste giovani donne, che nel caso di Jennifer continua anche dopo la morte.

Il presidente colombiano Gustavo Petro ha denunciato “il fascismo” e la presenza di “nazisti” nel Paese come causa dell’assassinio. Tuttavia, la violenza transfobica non è solo il gesto di individui, e non scomparirà come per magia a seguito di condanne penali. La transfobia, come tutte le forme di fobie LGBT+, ma anche il sessismo e la misoginia, è un prodotto del capitalismo, soprattutto quando è in crisi.

Queste forme di oppressione e le loro conseguenze, come i transfemminicidi, si verificano anche nelle grandi potenze imperialiste come la Francia. Sono proprie del modo di produzione capitalista, in particolare nella sua fase attuale dell’imperialismo mondiale (il capitalismo dei monopoli su scala globale). La classe capitalista di ogni Stato, attraverso lo Stato stesso in quanto suo strumento di dominio, lavora per mantenere una rigida divisione di genere, in particolare per assicurare la divisione sessuale del lavoro e il super-sfruttamento del lavoro riproduttivo, favorendo l’accumulazione del capitale e i profitti, nonché la divisione interna del proletariato tra donne e uomini, tra persone LGBT+ e persone cisgender ed eterosessuali. In questo senso, i transfemminicidi rientrano tra le violenze “correttive” che, all’interno del capitalismo, servono a riassegnare le persone LGBT+ a un ruolo cis-eteronormato, per garantire soprattutto la generalizzazione della famiglia nucleare eterosessuale, che è a sua volta garanzia della divisione sessuale del lavoro e dello sfruttamento del lavoro riproduttivo.

In Francia, i media e le associazioni LGBT+ integrate nell’apparato statale francese, che hanno riportato la notizia di questi omicidi, si sono affrettati a denunciare la fobia LGBT+ presente in questi Paesi, senza cercare di risalire alla causa e senza sottolineare il ruolo svolto dalle borghesie storicamente dominanti dell’imperialismo (tra cui la borghesia francese) nell’alimentare questa violenza. Gli imperi coloniali francese, britannico e spagnolo, in particolare, hanno avuto un ruolo centrale nell’imposizione delle norme di genere e sessuali che ancora persistono nelle loro colonie attuali o passate in tutti i continenti, reprimendo ogni forma di fluidità di genere o di esistenza non cis-eteronormata che esistevano nelle società precoloniali.

Ma le fobie LGBT+, in quanto prodotti dell’oppressione e della divisione del lavoro generate dalle società di classe e quindi perpetuate dal capitalismo, non sono proprie solo delle ex colonie né, in generale, degli Stati più deboli nel sistema imperialista. Persone transgender vengono aggredite e assassinate ogni anno anche in Francia, la cui borghesia – dietro a una retorica pro-LGBT+ – di fatto avalla queste aggressioni e questi omicidi. Le donne transgender razzializzate ne sono particolarmente vittime, bersagli di una doppia oppressione: la transmisoginia e il razzismo. Non dimenticheremo mai, e mai perdoneremo, l’omicidio di Géraldine, donna peruviana assassinata il 9 luglio 2024 a Parigi, né quello di Vanesa Campos, anche lei donna peruviana assassinata il 17 agosto 2018, sempre a Parigi, né tutti gli altri omicidi e aggressioni subite ogni anno da persone transgender.

I 50.000 pesos promessi dal governo colombiano a chi fornirà informazioni sugli assassini di Sara Millerey, così come il miliardo proposto dal Nuovo Fronte Popolare in Francia per combattere la violenza contro le donne, non potranno mai risolvere alla radice i problemi legati alla transfobia, alla misoginia e alla transmisoginia. Lo Stato borghese non può e non potrà mai rispondere in modo adeguato alle aspirazioni popolari, nemmeno se guidato da socialdemocratici. L’esperienza mondiale ce lo dimostra ogni giorno: in Messico, in Venezuela, in Grecia e in Spagna, i governi socialdemocratici non hanno mai risposto alle aspirazioni popolari. Infatti, questi governi e partiti politici difendono gli interessi delle loro borghesie nazionali con slogan popolari, e mantengono il sistema di sfruttamento salariale responsabile dell’oppressione di genere nei compiti domestici. Dunque, lo Stato borghese non può essere lo strumento delle masse popolari per porre fine agli omicidi transfobici. Voler utilizzare questo tipo di apparato significa legittimare il ruolo del sistema giudiziario borghese nell’eliminazione della violenza transfobica. Questi apparati statali borghesi non serviranno mai gli interessi delle masse popolari dominate e sfruttate. Quando uno Stato di questo tipo inscena una parvenza di progressismo, si tratta sempre di una manovra temporanea per incanalare, sul momento, la rabbia popolare legittima.

Il vero progresso, efficace e duraturo, per preservare la dignità e i diritti delle persone transgender, come di tutte le attuali vittime di violenze legate alle discriminazioni, sarà possibile solo con il rovesciamento del sistema di sfruttamento capitalista.

Di fronte a questi omicidi, accusiamo e attacchiamo il capitalismo: la classe capitalista avalla e orchestra questi omicidi e tutte le forme di fobie LGBT+ per i propri interessi.

Per le donne vittime di transfemminicidi, per tutte le vittime del capitalismo: organizziamo la risposta!

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