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Home›VPI - Articoli›Miseria dello sfruttamento, sfruttamento della miseria: lo “sviluppo personale”, strumento e conseguenza del capitalismo

Miseria dello sfruttamento, sfruttamento della miseria: lo “sviluppo personale”, strumento e conseguenza del capitalismo

Di Redazione
28/09/2025
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Articolo pubblicato nel numero di maggio-agosto 2025 di La Relève, organo dell’Unione della Gioventù Comunista (UJC, Francia)
Di Jean e PM
17 settembre 2025
Link all’originale

 

Lo sviluppo personale è un fenomeno multiforme che combina sia un approccio che si colloca nella tradizione new age, sia approcci meno spirituali ma di carattere pseudo-scientifico. È soprattutto in quest’ultimo che il “pensiero positivo” diventa motore di una trasformazione di sé e del proprio ambiente, accompagnandosi a uno sviluppo fisico, mentale, emotivo, spirituale e sociale. Ignorando ogni fattore esterno o negandone la natura mutevole, lo sviluppo personale dà la priorità all’individuo, capace di fare tutto da solo, e di cambiare sé stesso senza dover modificare le condizioni oggettive che lo circondano. Ed è proprio qui che si annida il problema: in un mondo in cui il modo di produzione capitalistico detta il ritmo delle nostre vite, è davvero possibile limitarsi a un ripiegamento interiore, guidato da una filosofia che si rivolge solo agli individui come aggregati disgiunti, negando ogni forza collettiva? Per alcuni rappresenta un mercato lucroso, per altri una carriera da coach o esperto, è indiscutibile che il successo dello sviluppo personale abbia assunto un peso considerevole dai tempi del crollo del campo socialista mondiale. Vedremo come possano articolarsi questi due elementi, che a prima vista possono sembrare distinti. Tra strategia commerciale ed espressione della miseria sociale, lo sviluppo personale sembra avere tutte le condizioni per conoscere, da alcune decadi, un successo mondiale.

Dall’uso del “pensiero positivo” allo sviluppo personale

È dunque attraverso l’utilizzo del “pensiero positivo” come oggetto di studio accademico e asse di ricerca durante gli anni 1990-2000 che lo sviluppo personale trova una base e una legittimità, assumendo l’aura di scientificità e quindi di “verità”, grazie all’emergere della psicologia positiva, in particolare sostenuta negli Stati Uniti dall’American Psychological Association. Molto rapidamente, il tema della “felicità” e tutto ciò che ne deriva diventa oggetto di criteri scientifici e accademici, con la sua applicazione rapida a campi più concreti come l’educazione, la terapia e l’economia, e, più in generale, tutto ciò che può riguardare il “benessere”. Questo dà origine all’emergere di nuovi coach, conferenzieri, manager ed esperti di vario genere, dotati di un “sapere” che beneficia e si inserisce nel mercato più ampio della terapia. Così, all’inizio degli anni 2000, l’International Coach Federation genera non meno di 2,356 miliardi di dollari, con conseguente pubblicazione di opere rivolte ai dirigenti aziendali. Allo stesso tempo, il commercio librario del “sviluppo personale” raggiunge oltre 50 milioni di euro di fatturato, e un numero sempre maggiore di francesi[1] ne legge quotidianamente: a livello nazionale le vendite raggiungono i 600.000 esemplari, mentre a livello internazionale si toccano gli 8 milioni di copie, come nel caso di Eckhart Tolle.

Durante il periodo successivo alla crisi finanziaria del 2008, lo sviluppo della psicologia positiva diventa uno strumento di misurazione per i governi, a cui viene attribuito un valore superiore rispetto agli strumenti abituali e oggettivi del progresso sociale ed economico. Questa misura soggettiva della felicità dei popoli diventa allora un modo per i governi capitalisti di non preoccuparsi più delle realtà economiche, trasformando questo insieme soggettivo in un elemento di giustificazione necessario per legiferare. Se le masse si sentono felici secondo questo pseudo-strumento, poco importa se il salario diminuisce e se lo sfruttamento si aggrava.

La costituzione di criteri per misurare la felicità individuale dei lavoratori non è separata dall’idea sottostante del mito dell’individuo responsabile, autonomo, atomizzato rispetto a qualsiasi istituzione sociale che gli permetta di essere individuo. Da quel momento, non gli resta che assicurarsi la propria felicità, cogliere le chiavi del successo: tutto dipende da lui e solo da lui; è l’espressione del primato dell’individuo che possiede tutta la forza necessaria per raggiungere – ignorando ogni determinismo esterno – il proprio successo economico e sociale. Manager, coach e tutti i ciarlatani dello sviluppo personale si fanno apostoli del sapere pratico e del successo; all’individuo non resta che rivolgersi a loro per consigli. Egli ha solo sé stesso per portare il peso di essere sé stesso, di accogliere successi e fallimenti; non si tratta più di nascere sotto una buona stella: la stella è lui stesso.

Lo sviluppo personale, il lavoro e l’espressione della “cultura aziendale”

L’emergere dello sviluppo personale nel mondo del lavoro va di pari passo con la retorica della “cultura aziendale”. L’uso di questo termine richiama nei dirigenti e nei titolari d’impresa l’idea di un’azienda che non sarebbe costruita attraverso un rapporto di forza o un contratto di lavoro, ma come una grande famiglia che promuove l’orizzontalità: tutti sono collaboratori e, come in una famiglia, quando qualcosa non va, la colpa non può che ricadere sugli individui incapaci di mettersi in discussione. Nel mondo del lavoro contemporaneo, gli esperti di sviluppo personale hanno sviluppato due grandi approcci[2] legati a queste questioni, permettendo di osservare il ruolo che giocano l’“autoefficacia”, l’ottimismo, la speranza, la compassione e la resilienza nell’impegno e nella motivazione dei dipendenti, con l’obiettivo di capire come migliorarne la produttività.

Nella continuità dello spirito della “cultura aziendale”, si diffondono sempre più strumenti per gestire le soggettività, con l’obiettivo costante di aumentare la produttività. Il caso del Lean Belt illustra questa volontà di produzione just-in-time con scadenze ravvicinate. Sebbene dannosa, chi la applica la considera uno strumento formidabile capace di sfumare ulteriormente i confini tra vita privata e professionale, e quindi la utilizzeranno anche al di fuori della propria vita professionale; può trasformare intere vite ed è un mezzo di formazione e auto-formazione. Simile al famoso test di Myers-Briggs (noto con l’acronimo inglese MBTI), questo permette di affinare la conoscenza di sé, attraverso un questionario standard di 15 o 20 domande. La Lean Belt porta i lavoratori che la utilizzano, e sono pagati per farlo, a credere che così facendo cambieranno il loro mondo e creeranno un’atmosfera sana ed equilibrata sul posto di lavoro.

Un nuovo oppio del popolo, l’individuo e la scomparsa delle forze collettive

Marx, in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, diceva: “La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione […] è l’oppio del popolo.” L’ampiezza e le forme assunte dallo sviluppo personale sembrano dare nuovo eco a queste celebri parole

L’esistenza dello sviluppo personale ha le sue radici nella miseria sociale ed è al tempo stesso un prodotto e una protesta contro tale miseria. Ma, come la religione, esso incarna una coscienza erronea del mondo, una concezione individualista della società in cui la fonte e la soluzione ai problemi di una persona risiedono unicamente in essa stessa.

Questa concezione del mondo è, naturalmente, caratteristica dell’ideologia liberale: si fa il bene facendo il bene per sé stessi. È scritto nella legge che siamo tutti uguali, quindi riuscire, essere ricchi, è solo una questione di volontà; e, per estensione, una persona infelice lo è per colpa sua, una persona povera lo è per colpa sua. La negazione delle condizioni materiali che la accompagna rende possibile l’ideologia dello sviluppo personale. Essa viene prima ricercata dalle masse come soluzione alla loro miseria, e poi incoraggiata e sviluppata dal sistema capitalista. Infatti, non è solo un eccellente mezzo per arricchirsi sul malessere delle masse, ma anche per cullarle di illusioni attraverso un’inquadratura scientifica del benessere, allontanandole dal collettivismo e da qualsiasi critica del sistema.

Lo sviluppo personale si inserisce così persino nel mondo del lavoro, in apparenza come attenzione al benessere dei dipendenti, in realtà come un nuovo ethos, una tirannia della felicità e, di conseguenza, una tirannia della produttività. Perché svilupparsi personalmente nel mondo del lavoro significa essere produttivi, e felici di esserlo, tra liste di cose da fare e bullet journal, per dimenticare la propria alienazione e la condizione di ingranaggio nella macchina di morte che è il capitalismo. Da risposta a un malessere che poteva essere reale, esso diventa una nuova religione, un nuovo oppio del popolo.

Dopo la caduta del campo socialista mondiale, la perdita di un solido punto di riferimento collettivo per il popolo-lavoratore come via d’uscita dal capitalismo e i devastanti effetti della controrivoluzione hanno facilitato l’affermarsi di questa visione come unica verità razionale. In Francia come in Europa, l’incapacità di sviluppare un Partito bolscevico[3] ha impedito la nascita di un campo socialista duraturo e il crollo generalizzato di quest’ultimo ha naturalmente causato la scomparsa dell’immaginario collettivo ed emancipatore che il socialismo offriva al popolo-lavoratore, costringendolo a rifugiarsi in soluzioni individualiste. È per questo motivo che, per combattere la miseria sociale e lo sviluppo di pseudo-soluzioni, è imperativo costruire un partito bolscevico, che possa fornire una linea guida al popolo-lavoratore nella realizzazione del socialismo-comunismo.

 

Note

[1] Ipsos, I francesi e la lettura, Centro Nazionale del Libro (CNL), gennaio 2025

[2] “Positive Organizational Behavior” (“Comportamento Organizzativo Positivo”) e “Integral Health Management” (“Gestione Integrale della Salute”).

[3] Osip Piatnisky, The Bolshevization of the Communist Parties by Eradicating the Social­ Democratic Tradition, 1° gennaio 1932: https://newworker.us/theory-history/the-bolshevisation-of-the-communist-parties-by-eradicating-the-social-democratic-traditions

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