Tempesta in arrivo: la crisi post Covid-19
L’analisi dell’Istat sullo stato dell’economia italiana è arrivata puntuale ed è una doccia fredda. Le valutazioni dell’Istituto Nazionale di Statistica prevedono per l’anno in corso, il 2020, un crollo del Pil dell’8,3% su base annua, causato soprattutto dalla forte contrazione della domanda interna (-7,2 %). A trainare nell’abisso l’economia italiana, dopo due mesi di lockdown totale e riaperture che procedono a rilento, tra misure di sicurezza elevatissime ed entrate praticamente azzerate, sono sia il crollo degli investimenti ( -12,5%) sia la drastica riduzione del consumo da parte delle famiglie italiane (-8,7 %). Sempre l’Istat, nello stesso rapporto, indica una possibile ma parziale ripresa nel 2021 (+4,1%) che tuttavia non sarebbe minimamente sufficiente a garantire ai lavoratori ed alle fasce più deboli della società di venire fuori dal baratro in cui ci si sta avviando. Il ministro dell’economia Gualtieri mostra positività: “i dati Istat confermano sostanzialmente le previsioni del governo e indicano una possibilità concreta di una ripresa già nel terzo trimestre, colgo segnali di ripartenza” in una triste somiglianza con “la luce in fondo al tunnel” dell’allora presidente del consiglio Mario Monti. Intanto in Italia le misure del governo, dal FIS (Fondo per l’Integrazione Salariale) al blocco dei licenziamenti (fino al 17 agosto), stanno temporaneamente illudendo una parte dell’opinione pubblica che la crisi economica sarà molto meno pesante del previsto e che i provvedimenti governativi stiano sortendo gli effetti sperati. Tuttavia, gli stessi dati Istat mostrano chiaramente come la crisi in arrivo sarà forte e severa, una crisi di sovrapproduzione dovuta al crollo della domanda durante la pandemia a cui le governance europee e mondiali si sono trovate del tutto impreparate.
In Italia, per di più, si sta scaricando il costo della crisi da una parte sulle casse statali, fornendo prestiti a privati (non solo al piccolo artigiano di quartiere ma soprattutto a multinazionali come FCA che spostano la sede fiscale dall’Italia all’estero per aumentare i profitti) garantiti per la maggior parte dallo Stato con ricaduta sulle tasche dei contribuenti e con il rischio di non vederseli rimborsati. Inoltre, non si è fermato lo smantellamento del welfare pubblico ad esempio con il raddoppio dei finanziamenti alle scuole private (da 80 a 150 milioni nel 2020) e, nell’ultimo decennio, con i continui tagli (circa 37 miliardi di euro) alla sanità pubblica che la pandemia ha portato in breve tempo al collasso. Il lockdown ha portato ad una riduzione dei servizi come il trasporto pubblico e l’assistenza sanitaria che necessitano ora di essere nuovamente riattivati ed ampliati da un lato per evitare una nuova emergenza sanitaria con l’affollamento dei mezzi pubblici dall’altro per garantire a tutti i cittadini l’accesso alle cure sicuro e gratuito.
Le misure economiche fin qui adottate rischiano di portare il debito pubblico oltre il 160% del Pil, creando una situazione di forte ricattabilità con i creditori esteri e con l’Unione Europea chiamata a vigilare sull’indebitamento degli Stati membri. Sul piano lavorativo inoltre, dopo l’ultimo Decreto Rilancio che ha esteso a 9 settimane la possibilità di ricorso alla Cassa Integrazione per il Covid-19 tra settembre e ottobre 2020, molte aziende stanno utilizzando lo strumento della Cig, approfittando della chiusura forzata per dismettere parte della forza lavoro e ridurre i costi a scapito dei lavoratori, come sostenuto in parte anche da Pasquale Tridico, direttore dell’INPS.
L’incapacità del governo Conte si intreccia alla subordinazione dell’esecutivo alle pressioni del mondo finanziario e non solo, come dimostra la creazione delle diverse task force, con in prima linea quella affidata al super manager Vittorio Colao (ex Ad di Vodafone), che partoriscono proposte miranti ancora una volta a socializzare le perdite private tutelando al contempo i profitti del grande capitale.
L’elemosina istituzionale elargita alle famiglie, ai lavoratori ed ai disoccupati in questi primi mesi del 2020, con il bonus dei 600 euro, bonus baby-sitter e simili, risulta del tutto insufficiente ed inefficace soprattutto nella misura in cui la burocrazia e l’inadeguatezza del sistema pubblico italiano hanno lasciato da marzo ancora “600 mila lavoratori” senza alcun sussidio, come affermato dal Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. Tutto ciò senza considerare il lavoro nero e il sommerso che per migliaia di famiglie rappresenta l’unico metodo di sussistenza. Con il venir meno nei prossimi mesi delle risorse finanziarie stanziate in questo periodo la strada che percorrerà il governo Conte sarà quella di contrarre nuovi debiti con gli organismi sovranazionali (come l’adesione al Mes o al Recovery Fund) e di continuare a far pagare le misure agli strati più deboli della società.
I prossimi mesi si preannunciano dunque rovinosi, con nuovi attacchi ai diritti dei lavoratori ed ai servizi pubblici che non faranno altro che incrementare la povertà nelle fasce già provate da anni di ristrettezze; il prossimo autunno sarà “caldo”, come quello del 1969, con settori sociali già in rivolta, lavoratori stremati e un crollo nella fiducia nelle istituzioni. Questa situazione può e deve diventare la chiave di volta per mettere a nudo tutte le contraddizioni del sistema capitalistico in Italia, non vittima della crisi ma fattore scatenante di essa, partendo dai luoghi di lavoro e dalla classe lavoratrice.
La stagione politica ed economica che stiamo vivendo non dovrà rimanere l’ennesima occasione persa ed agire hinc et nunc per compattare il movimento proletario deve essere l’imperativo per ribaltare la narrazione unica del capitale, per far pagare la crisi ai responsabili ed ai loro complici che in questo momento lanciano accorati appelli all’unità nazionale per uscire dalla crisi unendo padroni e sfruttati e continuando a nascondere le proprie responsabilità.
A partire dai sindacati e dalle forze politiche comuniste, con il sostegno degli studenti e delle nuove generazioni, anch’esse danneggiate gravemente dalla crisi, l’obiettivo comune deve essere quello di formare un fronte compatto di scontro e contrapposizione con le forze borghesi del centro-sinistra e centro-destra da tempo complici del capitale ma anche con la destra nazionalista che difende sì gli interessi degli italiani, ma solamente dei padroni.
Giovanni Sestu