Il Golpe Borghese, neofascisti e complicità nell’Italia del dopoguerra

Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 sarebbe dovuto andare a termine il piano ordito da Junio Valerio Borghese per la realizzazione di un colpo di stato col quale sopprimere le istituzioni repubblicane ed instaurare una dittatura di stampo fascista. A cinquant’anni da questo evento, passato poi alla storia come “Golpe Borghese”, è necessario analizzare il contesto di forte anticomunismo che permea la politica di allora e ragionare della carriera militare e politica di Junio Valerio Borghese, per comprendere il carattere reazionario che ha contraddistinto sin dai primi anni la neonata Repubblica.
Junio Valerio Borghese, divenuto poi noto come il Principe Nero, nasce a Roma il 6 giugno 1906 e si iscrive giovanissimo all’Accademia Navale di Livorno dalla quale esce, nel 1928, con il grado di guardiamarina. Aderisce alla guerra civile spagnola combattendo al fianco dei militari di Francisco Franco e durante il secondo conflitto mondiale fa carriera per il suo impegno nella marina e, in particolare, nel reparto dei mezzi d’assalto, che nel marzo del 1941 assumerà la denominazione di X flottiglia MAS.
Come comandante della X MAS è al fianco dei tedeschi nel periodo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e rende il reparto che comanda una élite impiegata nella lotta antipartigiana, che si distinguerà per l’efferatezza di delitti e massacri.
Solo nelle ultime fasi della guerra il Principe Nero cerca di scampare alle condanne imminenti aprendo trattative con gli americani, interessati a impiego futuro non solo di Borghese ma anche dell’intero battaglione. Queste relazioni gli permettono di tessere accordi e conoscenze al fine di evitare la giustizia partigiana nei giorni della liberazione e ottenere una pena più clemente. Viene infatti recuperato l’11 maggio del 1945, con l’aiuto dei servizi segreti USA e portato a Roma, dove trascorre qualche giorno prima di essere ufficialmente arrestato dalle autorità americane il 19 maggio e viene poi trasferito nel campo di internamento di Cinecittà. I servizi segreti in quel frangente chiedono ed ottengono di far giudicare Borghese dalla Corte D’Assise presieduta dal dottor Caccavale, ex vicepresidente dell’ “Unione fascista per le famiglie numerose” e amico di famiglia proprio dei Borghese. Questo fatto è importante non solo in riferimento al caso Borghese ma più in generale per comprendere il fallimento della giustizia post-bellica, la cui funzione primaria in teoria sarebbe dovuta essere la condanna degli esponenti e dei funzionari più illustri del fascismo. Un repulisti che non si è compiuto per molteplici fattori fra i quali il fatto che l’intero corpus di giudici è rimasto, nel passaggio dal ventennio alla repubblica, essenzialmente lo stesso. La permanenza del dott. Caccavale, nonostante la caduta del regime di cui era un fermo sostenitore, è solo una delle tante contraddizioni emerse da questa mancata epurazione.
Borghese viene quindi assolto dalle accuse di crimini di guerra e condannato a 12 anni per collaborazionismo con i tedeschi e concorso morale nell’eliminazione di un gruppo di partigiani. Di questi 12 anni ben 9 vennero condonati per i gesti al valore militare dell’imputato e con l’amnistia viene totalmente riabilitato.
Junio Valerio Borghese non ha smesso quindi di rivestire un ruolo di primo piano nella vita politica nazionale, rivestito di tanti di quei titoli che provavano una totale agibilità politica. Aderisce al Movimento Sociale Italiano (MSI) di cui è presidente dal 1951 al 1953, nel 1968 fonda il Fronte Nazionale e collabora con due gruppi di estrema destra ad esso collegati: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. Nel 1963 diviene a titolo onorario presidente del Banco di Credito Commerciale e Industriale.

Junio Valerio Borghese
Nei venticinque anni successivi alla Liberazione il Principe Nero instaura rapporti con esponenti dell’alta finanza, con parlamentari, con uomini appartenenti a Cosa Nostra e alla ‘Ndrangheta, con i servizi segreti locali ed esteri e con la loggia P2 di Licio Gelli, integrandoli in un progetto con una finalità ben precisa: cercare un solido sostegno al fine sovvertire gli organi repubblicani ed instaurare una nuova dittatura fascista. Il tentativo di Golpe da lui orchestrato e da mettere in moto nel 1970, noto anche con il nome in codice di “Tora Tora”, prevede di occupare a Roma nella notte tra il 7 e l’8 dicembre alcuni ministeri chiave come gli Interni e la Difesa e la sede della Rai in via Teulada. Tutto sembra essere studiato nei minimi dettagli, ma il contrordine arriva dallo stesso Principe senza nessuna spiegazione proprio nella notte in cui sta per scattare l’operazione; con buona probabilità qualche sostenitore molto influente chiede il ritiro del progetto del colpo di Stato, il caso però presenta più di un punto interrogativo. In seguito alla rivelazione di documenti statunitensi diviene noto come i servizi segreti USA fossero a conoscenza del golpe e manifestassero interesse acché l’Italia scardinasse il contrappeso politico rappresentato dai comunisti.
Il proclama che Borghese era deciso a pronunciare con l’ausilio della televisione pubblica è il seguente:
“Italiani, l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato, e ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Nelle prossime ore, con successivi bollettini, vi saranno indicati i provvedimenti più importanti ed idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione. Le forze armate, le forze dell’ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della nazione sono con noi; mentre, d’altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che per intendersi, volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo stato che creeremo sarà un’Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera. Il nostro glorioso tricolore! Soldati di terra, di mare e dell’aria, Forze dell’Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell’ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali, vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso TRICOLORE, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno all’amore: ITALIA, ITALIA, VIVA L’ITALIA!»
Un discorso che ben fa comprendere come l’intervento dei fascisti vada contestualizzato nella più ampia “Strategia della tensione”, operazione volta con l’ausilio di attentati e massacri a indurre paura e squilibrio nella società italiana e il cui battesimo si ebbe con la “Strage di Piazza Fontana” del 12 dicembre 1969.
Il Golpe Borghese è stato probabilmente progettato come la risposta ad un terrore indotto e promosso dagli stessi soggetti che appoggiavano la missione di Borghese, ed è evidente la specifica necessità nel passaggio in cui si ragiona di “fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione”.

Processo per il Golpe Borghese
Dopo “la notte della Repubblica”, come fu definito il Golpe in una inchiesta televisiva successiva, il comandante della X MAS fugge quindi in Spagna, sotto l’ala di Franco, per evitare l’arresto. I complici a cui si era riusciti a risalire verranno definitivamente assolti nel 1984 al termine di un processo, iniziato nel 1977, nel quale la Corte d’Assise di Roma agirà nell’intento di screditare ogni elaborazione delle vicende che indicasse in quella mobilitazione un vero e proprio Colpo di Stato e, parallelamente, ridurrà la portata delle ricostruzioni sostenendo che si trattasse di una fazione ostile, ma estranea al rovesciamento della Repubblica.
La superficialità con cui i tribunali italiani giudicarono l’imputato qualche decennio prima e l’intenzione da parte degli USA, dei grandi industriali italiani e della politica anticomunista in generale di ripristinare l’influenza politica e militare di Borghese portò il paese a sfiorare una nuova dittatura pochi anni dopo la morte del Duce.
Riccardo Polimeni
Per approfondire:
Conti D., “Gli uomini di Mussolini, Prefetti, questori e criminali di guerra dal Fascismo alla Repubblica Italiana”, Einaudi, 25 settembre 2018
Monti A., “Il Golpe Borghese, Un golpe virtuale all’italiana”, Lo Scarabeo, Bologna, 2006
Bocca G., “Storia dell’Italia Partigiana”, Mondadori, Milano, 1996.