Héctor Alejo Rodríguez, Segretario delle Relazioni Internazionali del CC del Partito Comunista del Venezuela (PCV)
traduzione di Giaime Ugliano
L’11 agosto 2023, la Camera Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia del Venezuela ha emesso una sentenza giudiziaria illegale che ha concretizzato il piano della leadership del governo e del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) di assumere il controllo, con un’aggressione, del Partito Comunista del Venezuela (PCV).
Con questo intervento giudiziario, il governo socialdemocratico ha messo in atto una nuova modalità di messa fuori legge di un partito comunista. In questo caso, con il sequestro della figura giuridica del Partito, attraverso l’uso arbitrario e autoritario dei poteri pubblici, per consegnarla a un gruppo di persone estranee all’appartenenza comunista. Questi mercenari sono stati presentati all’opinione pubblica come presunte “basi scontente” del PCV attraverso una grottesca operazione di false flag organizzata, diretta e finanziata dal governo di Nicolás Maduro.
Ma come si è arrivati a questa situazione di aperto attacco da parte di un governo che si dichiara progressista, e persino antimperialista, contro il Partito Comunista del Venezuela e il movimento operaio di classe?
Il contesto del “processo bolivariano”
Per comprendere l’attuale tendenza reazionaria delle forze che guidano il governo in Venezuela e la svolta antipopolare intrapresa dalla gestione del governo, è essenziale tenere conto della specificità del processo di accumulazione del capitale in Venezuela1 e delle caratteristiche della gestione dello Stato capitalista durante il “processo di cambiamento” avviato dal governo di Hugo Chávez nel 1998, nonché della svolta che ha preso con l’ascesa di Nicolás Maduro nel 2014.
Contrariamente al normale corso dell’accumulazione del capitale mondiale, che è governato dall’efficienza nell’estrazione del plusvalore rispetto alla classe operaia nel suo complesso, in Venezuela ciò che determina il processo nazionale di accumulazione e, quindi, il movimento dell’economia, è l’entità e le forme di appropriazione della rendita petrolifera.
Le materie prime, come il petrolio, sono scambiate sul mercato internazionale a prezzi commerciali che di solito sono superiori ai prezzi di produzione, generando profitti straordinari per i loro produttori. Questo profitto straordinario è chiamato rendita fondiaria o mineraria e può essere di diversi tipi, a seconda del livello di produttività della terra o dei giacimenti: rendita assoluta, rendita differenziale I e II, o semplice rendita di monopolio.2
L’appropriazione di questa rendita straordinaria – che non proviene dai profitti medi generati dal capitale petrolifero industriale – è oggetto di una feroce lotta tra gli attori economici nazionali (capitale privato non petrolifero). Questo capitale privato non petrolifero, sia nazionale che straniero, è caratterizzato da una bassa composizione organica, che lo rende dipendente dall’appropriazione della rendita petrolifera per poter aumentare il proprio valore a tassi di profitto medi, compensando così gli alti costi generati dai bassi livelli di produttività. Poiché lo Stato venezuelano è il mezzo attraverso il quale si definisce il percorso del flusso di rendita verso il capitale nel suo complesso, la lotta tra i diversi partiti della borghesia e le potenze straniere per il controllo politico dell’apparato statale è una caratteristica preponderante della nostra società.
La vittoria del presidente Hugo Chávez, nel 1998, è avvenuta dopo oltre 20 anni di crisi di questa forma parassitaria di accumulazione del capitale, segnata da un periodo di forte contrazione della rendita petrolifera e dall’imposizione di politiche neoliberiste. I governi dell’epoca applicarono un aggressivo aggiustamento antipopolare caratterizzato da privatizzazioni, deregolamentazione del mercato del lavoro e liberalizzazione dei prezzi, oltre ad altre misure d’urto.
Il governo di Hugo Chávez si è proposto di contenere l’avanzata dell’agenda delle privatizzazioni, che mirava essenzialmente all’industria petrolifera e allo smantellamento del cosiddetto “Stato sociale”. Tuttavia, lo ha fatto rilanciando la stessa base economica rentier e dipendente, sostenuta da una strategia internazionale di recupero dei prezzi del petrolio. In questo senso, l’amministrazione di Chávez non ha cercato affatto di cambiare la specificità del processo di sfruttamento capitalistico in Venezuela, ma si è basata su di esso per promuovere un programma di contenuto “nazionalista e sociale”, volto a rafforzare il ruolo dello Stato nell’economia e a garantire una serie di diritti sociali alla popolazione, dopo gli effetti disastrosi del vortice neoliberista degli anni ’80 e ’90.3
Per quante conquiste la classe operaia e il movimento popolare abbiano ottenuto durante la fase espansiva della rendita petrolifera sotto l’amministrazione di Hugo Chávez, il fatto che si fondassero sulle fragili fondamenta di un’economia di rendita ha conferito a queste conquiste un carattere transitorio e instabile.4 Inoltre – come confermato da diverse indagini -, i grandi beneficiari di questo periodo di ricchezza petrolifera del governo di Hugo Chávez non sono stati né la classe operaia né gli strati popolari, ma la borghesia locale e i monopoli transnazionali. Infatti, si stima che circa 200 miliardi di dollari siano stati drenati dalla borghesia nazionale e straniera dall’economia venezuelana nel periodo 2003-2013.5
Nel 2007, la crisi finanziaria e la brusca caduta del prezzo del petrolio hanno reso evidente l’esaurimento del processo di accumulazione del capitale. Tuttavia, lungi dal considerarne il superamento rivoluzionario, il governo Chávez ne prolungò il crollo attraverso l’aumento del debito estero, mantenendo così la finzione di una fragile stabilità e di una crescita economica già insostenibile a causa della diminuzione dei proventi del petrolio, dell’arretratezza tecnica dell’apparato produttivo nazionale e dell’espansione del debito estero.6
La gestione di Nicolás Maduro
La fragile bolla è scoppiata durante la gestione di Nicolás Maduro. La fase espansiva della rendita petrolifera si è conclusa, e con essa la forma di gestione “anti-neoliberista” portata avanti dal presidente Hugo Chávez. È iniziato un periodo prolungato di contrazione delle entrate, mediato dalla caduta ciclica dei prezzi del petrolio e aggravato dalla scadenza degli impegni finanziari internazionali acquisiti dal Paese.
Di fronte a questo calo delle entrate, l’amministrazione di Maduro ha progressivamente applicato un aggiustamento economico antipopolare, con un impatto deleterio sulla classe operaia e sull’apparato produttivo nazionale. Con la riduzione delle entrate, il governo ha deciso di dare priorità al pagamento del debito estero, cancellandolo di quasi 110 miliardi di dollari a beneficio del capitale finanziario internazionale nel periodo 2013-2017.7 Per onorare questi impegni, il governo ha sacrificato il 60% delle importazioni del Paese e ha applicato severi tagli alla spesa sociale, agli investimenti nelle imprese strategiche e alle infrastrutture pubbliche.
La centralizzazione delle entrate insufficienti verso il pagamento del debito e le richieste del capitale privato più concentrato hanno generato una carenza di valuta estera nel mercato interno che ha finito per distruggere la politica di controllo dei cambi, scatenando una spirale iperinflazionistica e una svalutazione monetaria che ha polverizzato il potere d’acquisto dei salari reali dei lavoratori a vantaggio del profitto capitalista.
La contrazione delle importazioni si è tradotta anche in carenza di beni di consumo essenziali e nella proliferazione di “mercati neri” di merci come meccanismo del settore commerciale per eludere i controlli sui prezzi.
Il governo Maduro ha utilizzato la narrazione della “guerra economica” per giustificare la sua politica economica fluttuante e anti-popolare, attribuendo a fattori esterni la causa della crisi e mascherandone così il carattere. Il Partito Comunista del Venezuela ha sempre espresso chiaramente la sua critica e la sua opposizione al corso della politica economica del governo, chiarendo la sua posizione sul carattere capitalista della crisi e sulla necessità di affrontarla con una politica economica nuova e rivoluzionaria.8
Nel periodo dal 2014 al 2017, il PCV, nonostante le profonde divergenze con la politica economica del governo, ha dato priorità alla tattica di preservare l’unità delle forze patriottiche e antimperialiste contro i piani destabilizzanti della destra filo-imperialista che lavorava per imporre un cambio di regime al di fuori della legalità.
Tuttavia, le divergenze con il governo sono arrivate a un punto tale che, nel 2018, la XIV Conferenza Nazionale del PCV ha condizionato il nostro appoggio alla candidatura presidenziale di Nicolás Maduro per le elezioni dello stesso anno alla firma di un accordo programmatico con il quale si assumeva l’impegno di invertire la tendenza antipopolare della sua politica economica e la promozione di una serie di misure volte a proteggere il diritto della classe operaia a salari dignitosi e alla stabilità del lavoro.9
Maduro e la leadership del PSUV hanno sottoscritto questo accordo programmatico, ma ne hanno violato il contenuto pochi mesi dopo la vittoria elettorale. Nell’agosto 2018, il governo annuncia il suo “Programma per la ripresa economica, la crescita e la prosperità”, con il quale approfondisce l’aggiustamento volto allo smantellamento dei diritti dei lavoratori e alla deregolamentazione del mercato del lavoro.10
Con questo programma, il governo ha annunciato una delle più grandi frodi commesse contro la classe operaia venezuelana e ha aperto la strada a un processo sistematico di smantellamento dei diritti del lavoro stabiliti dalla Costituzione e dalle leggi del Paese. Attraverso un annuncio fraudolento di un aumento salariale, fissato a mezzo Petro11 (equivalente a 30 dollari al mese), il governo ha illegalmente appiattito i salari dei lavoratori in tutti i settori. Inoltre, ha eliminato unilateralmente i contratti collettivi di lavoro attraverso il memorandum-circolare n. 2792 emesso dal Ministero del Lavoro nell’ottobre 2018, annullando così gli effetti dell’aumento salariale annunciato sui contratti collettivi di lavoro dei lavoratori in vigore.
Ma questa non è stata l’unica frode, poiché alla lunga il governo non ha rispettato la promessa di ancorare l’aumento salariale al prezzo della criptovaluta, trasformando il presunto aumento in un volgare congelamento dei salari in bolivares che lo stesso movimento inflazionistico e la svalutazione della moneta si sono incaricati di polverizzare.
Il governo provvisorio e l’intensificazione delle sanzioni esterne
Nel 2019, l’imperialismo e i partiti della borghesia tradizionale hanno intensificato il loro piano di massima pressione e hanno installato un “governo provvisorio” illegale che ha dato una base alle misure coercitive unilaterali dell’imperialismo contro il Venezuela. È stato imposto il congelamento dei fondi pubblici all’estero; la proibizione del commercio agli enti pubblici venezuelani; la persecuzione delle imprese straniere che stabiliscono rapporti commerciali con il Paese.
L’impatto di queste sanzioni penali sulla fragile situazione economica ha aggravato la crisi ai suoi livelli più critici. Il PIL ha subito una contrazione dell’83% rispetto al 2013.12
Le sanzioni illegali hanno finito per far crollare l’industria petrolifera, in declino dal 2014.13 Il divieto per la compagnia statale Petróleos de Venezuela (PDVSA) di esportare carburante verso i suoi mercati naturali negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, insieme alle restrizioni sull’importazione dei fattori produttivi necessari per il funzionamento dell’industria, hanno ulteriormente compromesso le sue entrate e la sua capacità produttiva.
La borghesia associata al governo ha approfittato di questo difficile periodo di aggressioni esterne per aumentare la propria ricchezza. L’attività consisteva nel partecipare alla rete di aziende che fornivano il servizio di triangolazione internazionale per l’acquisto e la vendita di merci, appropriandosi di succosi profitti per il ruolo di mediatori nel processo. Nel periodo più difficile per le famiglie dei lavoratori, la borghesia parassitaria nazionale ha approfittato della situazione per accrescere la propria fortuna.
Le conseguenze della crisi acuta aggravata dalle sanzioni criminali sono ricadute interamente sulle spalle della classe operaia e degli strati popolari. La migrazione forzata dei lavoratori all’estero si è moltiplicata a causa della precarietà dei salari, della riduzione delle offerte di lavoro e della disperazione.
In questa complessa situazione, il governo di Nicolas Maduro, pur parlando in nome della Rivoluzione, del cosiddetto “socialismo del XXI secolo”, finisce per riaffermare il suo carattere socialdemocratico formulando una strategia di patto tra élite come via d’uscita dalla crisi e dall’isolamento internazionale.
Il patto tra le élite e la politica di liberalizzazione economica
La svolta definitiva della politica del governo in direzione apertamente anti-operaia è avvenuta nel 2020. Attraverso un patto con il settore imprenditoriale e i partiti della destra tradizionale, il governo del PSUV si è proposto di superare la stagnazione economica attraverso la definizione di un nuovo accordo di governance e la progressiva abolizione delle sanzioni esterne.
La soluzione alla crisi economica e politica del Paese, basata sul patto della borghesia, si sta sviluppando secondo la stessa ricetta dei governi neoliberisti: politiche volte a minimizzare l’impatto della crisi e delle sanzioni sulle imprese capitalistiche; misure di incentivazione e promozione degli investimenti privati nazionali ed esteri; liberalizzazione dei prezzi; privatizzazione delle imprese pubbliche; smantellamento della spesa sociale; congelamento dei salari e deregolamentazione del mercato del lavoro, come principali incentivi al capitale privato.
La ripresa economica comporta l’imposizione dei sacrifici più duri alla classe operaia e ai settori popolari per garantire stabilità alle imprese private. Si tratta di stendere un “tappeto rosso”14 agli uomini d’affari, come descritto dagli stessi portavoce del governo, affinché si sentano motivati a investire.
Una delle prime misure adottate dal governo è stata l’approvazione di una legge illegale, cinicamente chiamata “legge anti-blocco”, presentata al Paese come uno strumento fondamentale per superare la politica delle sanzioni. Tuttavia, a causa del suo contenuto e della sua applicazione, questo strumento è stato la base legale su cui il governo si è basato per imporre il suo programma economico neoliberista al di fuori della Costituzione e delle leggi.15
Questa legge non solo concede al potere esecutivo (Presidenza della Repubblica) il potere di ignorare gli articoli della Costituzione, ma anche di agire in segreto e senza rendere conto delle proprie azioni. È in queste condizioni che si sviluppano le attività di sfruttamento minerario, le concessioni con le transnazionali per lo sfruttamento di petrolio e gas, i privilegi illegali concessi al settore privato e gli accordi economici segreti con il governo degli Stati Uniti.
La politica antioperaia è la pietra miliare dell’aggiustamento economico
Ma se le entrate petrolifere continuano ad essere insufficienti a sostenere la normale valorizzazione dei capitali a bassa composizione organica che operano nell’economia nazionale, come si può garantire la loro redditività? Non è che le entrate petrolifere abbiano cessato di svolgere un ruolo importante nel processo di valorizzazione del capitale privato. La politica di sopravvalutazione della moneta nazionale, sostenuta con l’iniezione settimanale di centinaia di milioni di dollari al tasso di cambio,16 gli acquisti pubblici e le agevolazioni fiscali e tributarie, sono meccanismi che rivelano il trasferimento di ricchezza pubblica al settore privato.
Tuttavia, l’insufficiente entità ancora rappresentata dalla rendita petrolifera costringe i capitalisti a ricorrere ad altre fonti di entrate straordinarie per fare da contrappeso. Il meccanismo di compensazione più rilevante per i capitalisti oggi è rappresentato dalle condizioni di sovrasfruttamento della forza lavoro. La vendita della forza lavoro ben al di sotto del suo valore è diventata un mezzo essenziale per garantire il profitto delle imprese capitalistiche in Venezuela.
Il governo di Nicolás Maduro impone quindi una politica di cancellazione dei diritti del lavoro al di fuori delle disposizioni della Costituzione venezuelana e delle leggi sul lavoro. Il modo più criminale per ridurre al massimo il costo del lavoro a vantaggio delle aziende e dei loro profitti è stata la politica dei bonus salariali. Il diritto sancito dall’articolo 91 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che impone allo Stato di fissare un salario minimo legale in base al paniere alimentare di base, viene eliminato de facto e al suo posto viene imposta una politica di congelamento dei salari a un importo irrisorio fissato in valuta locale – eroso dagli effetti dell’inflazione e della svalutazione – e compensato con il pagamento di bonus che non hanno alcun impatto sui salari. L’impatto immediato di questa politica è la de-salarizzazione del reddito dei lavoratori e la deregolamentazione del mercato del lavoro, in modo che le aziende private possano determinare unilateralmente il reddito da pagare ai lavoratori sotto forma di bonus.17
Con la de-salarizzazione dei redditi, il governo elimina anche il diritto dei lavoratori a godere di benefici sociali, ferie, profitti e risparmi. Le passività lavorative delle aziende vengono ridotte al minimo, ampliando i loro margini di profitto e condannando la classe operaia a redditi di sussistenza.
I lavoratori del settore pubblico sono stati i più colpiti, poiché non solo ricevono bonus inferiori a quelli del settore privato, ma il governo ha anche imposto un taglio unilaterale e illegale dei bonus che ricevono in base ai loro contratti collettivi attraverso l’Ufficio nazionale del bilancio (Onapre).
Il furto sistematico e criminale alla classe operaia è la spina dorsale su cui si regge il profitto capitalista e la millantata “ripresa economica” di cui il governo socialdemocratico di Nicolás Maduro si vanta tanto e che viene applaudita dalla principale camera delle imprese del Paese, Fedecámaras. La prova più convincente di questo patto antioperaio è la decisione dei vertici del governo di non aumentare gli stipendi, nonostante l’economia abbia registrato una crescita del 17% rispetto al 2021, secondo i dati della Banca Centrale del Venezuela (BCV).18 A febbraio 2024 saranno trascorsi 23 mesi di blocco dei salari, con un’inflazione accumulata superiore al 300%.
La risposta del governo di Nicolás Maduro alle massicce mobilitazioni dei lavoratori del settore pubblico, degli insegnanti e dei medici per ottenere aumenti salariali è stata la repressione, la persecuzione, l’incriminazione e l’incarcerazione.
Oltre all’azione repressiva, il governo impone restrizioni alle libertà sindacali e ostacola lo svolgimento di elezioni per il rinnovo dei vertici dei sindacati, soprattutto di quelli non allineati ai suoi interessi. Lo scopo di questa manovra è quello di impedire ai lavoratori di avere sindacati legalmente riconosciuti e quindi di ritardare il processo di discussione dei contratti collettivi di lavoro.
Certamente le sanzioni imperialiste non hanno raggiunto l’obiettivo di portare a un cambio di governo, ma hanno svolto un ruolo importante nel determinare un cambiamento della politica economica in una direzione favorevole agli interessi dell’imperialismo e del business locale. Alla fine del percorso, il governo Maduro e la leadership del PSUV hanno finito per servire le richieste del grande capitale. Ora cercano inutilmente di nascondere il loro voltafaccia e il processo di conciliazione con l’imperialismo e i partiti di destra con un presunto dialogo di “unità nazionale” in cui la classe operaia e i settori popolari sono i grandi sacrificati.
Le lotte della classe operaia e dei partiti rivoluzionari
Naturalmente, questa svolta reazionaria del governo di Nicolás Maduro ha portato con sé cambiamenti nella mappa dei suoi alleati e nemici. Gli interessi della classe operaia, dei contadini e dei settori popolari sono diventati un ostacolo al piano di liberalizzazione economica orchestrato dal governo e dalle federazioni imprenditoriali riunite nel cosiddetto “grande consenso nazionale”.
Nonostante ciò, la borghesia si sforza di mantenere la retorica della falsa polarizzazione tra il PSUV, da un lato, e i partiti di destra subordinati agli interessi degli Stati Uniti, dall’altro. La realtà è che l’unità della borghesia si consolida e avanza con l’attuazione di questo adeguamento economico antipopolare.
La strategia della falsa polarizzazione mira a ingannare i lavoratori e mantenerli subordinati a questi due blocchi egemonici, impedendo qualsiasi processo che generi un movimento politico autonomo e indipendente della classe operaia che emerga come alternativa ai due poli del patto delle élite.
Ma c’è una situazione che rende più complesse e difficili le condizioni della lotta politica della classe operaia. La leadership del PSUV esercita un controllo onnipotente sulla totalità dei Poteri Pubblici dello Stato, che le permette di eseguire l’aggiustamento neoliberale senza resistenza e con una profonda capacità repressiva. Attraverso l’esercizio autoritario di questo potere, il PSUV colpisce tutte le forme di raggruppamento della classe operaia nella lotta per i suoi interessi economici e politici.
Nel campo della lotta per le rivendicazioni, si intensificano gli attacchi contro le libertà sindacali e il diritto dei lavoratori a protestare per salari dignitosi e altre rivendicazioni del lavoro; aumentano i casi di lavoratori perseguiti per aver lottato per i propri diritti e si moltiplicano gli ostacoli istituzionali all’esercizio del diritto all’organizzazione sindacale.
Le brutali pratiche repressive esercitate dalle forze di sicurezza governative e dal sistema giudiziario venezuelano ricordano i peggiori anni di persecuzione contro le lotte dei lavoratori durante i governi reazionari della destra tradizionale. Calpestando il legittimo diritto di esercitare la protesta, gli organi repressivi applicano pratiche che violano i diritti umani fondamentali, come il sequestro degli attivisti sindacali. In spregio al diritto dei lavoratori detenuti a un giusto processo e alle garanzie costituzionali per l’esercizio della difesa, gli organi repressivi tengono i leader sindacali imprigionati completamente isolati dalle loro famiglie per settimane, senza accesso ad avvocati e senza informazioni sul centro di detenzione in cui sono trattenuti.19
Si tratta di una strategia del terrore applicata contro la leadership sindacale con la più avanzata coscienza di classe, al fine di seminare la paura tra le masse lavoratrici e di disarticolare le lotte dei lavoratori nel Paese per ottenere salari dignitosi e il ripristino dei diritti del lavoro cancellati. Allo stesso modo, la presentazione di false prove contro questi lavoratori è diventata ricorrente con l’obiettivo di incriminarli per reati che non hanno commesso, al fine di giustificare gli arresti illegali e la violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza e del sistema giudiziario.
Dal punto di vista politico, questa offensiva mira a minare le libertà di associazione politica e i diritti democratici della classe operaia. A tal fine, utilizzano il potere statale per imporre un assedio e un blocco comunicativo al Partito Comunista del Venezuela, promuovendo campagne di diffamazione contro di esso e contro qualsiasi altra forza che identificano come avversaria.
Nei processi elettorali passati, come le elezioni regionali del 2021, le forze governative hanno squalificato illegalmente le candidature delle forze di sinistra, tagliando il diritto dei lavoratori a presentare candidati indipendenti. Non è un caso che siano state le candidature del PCV e dei suoi alleati a essere oggetto del maggior numero di squalifiche e non quelle dei partiti tradizionali di destra.20
Infine, il modo più arbitrario utilizzato per impedire l’esercizio dei diritti e delle libertà democratiche della classe operaia e dei suoi partiti è stato l’intervento nelle loro organizzazioni politiche.
L’intervento giudiziario nel PCV
L’intervento nel Partito Comunista del Venezuela è stato uno degli obiettivi più importanti del governo per bloccare qualsiasi possibilità per i lavoratori e le forze rivoluzionarie di presentare candidature indipendenti alle prossime elezioni presidenziali previste per quest’anno. Con questa azione, il PSUV cerca di impedire la nascita di una forza politica alternativa al patto con la borghesia.
Il modo in cui è stato eseguito l’intervento giudiziario è un’ulteriore prova dell’esercizio autoritario del potere statale da parte della leadership governativa.21 La sentenza n. 1.160 emessa dalla Camera Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia non è conforme alla legge e costituisce una flagrante violazione dell’ordine costituzionale e dello Stato di diritto. Il PCV è stato danneggiato giudiziariamente in un processo di cui non è stato ufficialmente informato, in cui non gli è stato concesso il diritto alla difesa e in cui è stata usata come base un’accusa priva di prove.22
Questo precedente di intervento giudiziario e messa fuori legge del PCV segna un riferimento molto pericoloso per tutti i Partiti Comunisti e Operai del mondo. Il governo autoritario ha usato l’usurpazione della figura giuridica del PCV come mezzo per eseguire la messa al bando del PCV e per sopprimere il diritto democratico dei comunisti di organizzarsi e lottare in modo indipendente.
La strategia utilizzata per attaccare il PCV dimostra il profondo grado di decomposizione morale e di servilismo del governo del PSUV nei confronti degli interessi della borghesia e dell’imperialismo. Nulla potrebbe essere più proficuo per le forze del capitale che spazzano via i diritti dei lavoratori e impongono un programma di deregolamentazione economica, che mettere fuori legge l’azione politica del Partito Comunista del Venezuela. La parte più aberrante della loro strategia è che hanno consegnato la sigla dell’organizzazione a un gruppo di mercenari estranei al nostro Partito, in modo da vendere l’immagine di un presunto sostegno del PCV al patto della borghesia.
Le sfide che attendono la classe operaia e il Partito Comunista del Venezuela sono piuttosto complesse. In Venezuela regna una forma di governo che incarna le caratteristiche più brutali della dittatura del capitale. In questo momento, i lavoratori venezuelani non stanno solo lottando per recuperare i loro diritti del lavoro violati, ma devono anche mobilitarsi per chiedere il ripristino del loro diritto all’organizzazione sindacale, ad avere partiti politici legali e a recuperare i diritti democratici elementari.
Questo deve avvenire affrontando un governo che si definisce “antimperialista” e “socialista” e che usa il suo passato per manipolare le forze comuniste e rivoluzionarie del mondo, evitando così qualsiasi forma di solidarietà con le lotte dei lavoratori e del Partito Comunista del Venezuela.
Così come la classe operaia venezuelana deve superare la manipolazione ideologica con cui si condanna a essere subordinata a due blocchi borghesi polarizzati e a non emergere come forza di classe indipendente, anche il Movimento Comunista e Operaio internazionale deve fare lo stesso: abbattere le barriere che la nuova socialdemocrazia intende erigere all’esercizio rivoluzionario dell’internazionalismo proletario. La classe operaia venezuelana ha bisogno della solidarietà dei lavoratori di tutto il mondo per poter lottare contro il potere autoritario del capitale incarnato da un governo socialdemocratico che le toglie i diritti economici e politici.
1 – Cfr. Linea politica del XVI Congresso nazionale del PCV, sezione VII, “La crisi capitalista in Venezuela”. Disponibile su https://prensapcv.files.wordpress.com/2022/10/linea-politica-1.pdf.
2 – Cfr. Karl Marx, Il Capitale, vol. 3.
3 – Cfr. Linea politica del XIV Congresso del PCV, Sezione II, “Caratterizzazione dell’attuale processo politico venezuelano”. Disponibile su https://issuu.com/tribuna_popular/docs/encartado_linea_politica_finaltp_29.
4 – Cfr. Tribuna Popular n. 3036, “10 anni senza Hugo Chávez: una critica necessaria per andare avanti”. Disponibile su https://issuu.com/tribuna_popular/docs/tp_3036.
5 – Cfr. Tribuna Popular n. 228, “La fuga di capitali della borghesia venezuelana”. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2013/11/06/la-fuga-de-capitales-de-la-burguesia-en-venezuela/
6 – Cfr. Linea politica del XVI Congresso nazionale del PCV, “Il contesto della crisi venezuelana”, p. 17. Disponibile su https://prensapcv.files.wordpress.com/2022/10/linea-politica-1.pdf.
7 – Vedere TeleSur News. “Maduro: Il Venezuela paga fino all’ultimo centesimo del debito estero”. Disponibile su https://www.telesurtv.net/news/Presidente-de-Venezuela-Hemos-pagado-nuestra-deuda-externa-hasta-el-ultimo-centavo-20171102-0067.html.
8 – Cfr. Linea politica del XV Congresso nazionale del PCV, anno 2017, “Sull’economia nazionale”. Disponibile su https://issuu.com/tribuna_popular/docs/tribuna_xv_congreso.
9 – Si veda l’Accordo quadro unitario PSUV-PCV per affrontare la crisi del capitalismo dipendente e rentier in Venezuela con azioni politiche e socioeconomiche antimperialiste, patriottiche e popolari. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2018/02/28/acuerdo-unitario-marco-psuv-pcv/.
10 – Cfr. Tribuna Popular n. 3037. “Un decennio di relazioni tra il PCV e Nicolás Maduro”. Disponibile su https://issuu.com/tribuna_popular/docs/tp_3037/.
11 – Il Petro è una criptovaluta creata nel 2017 per coprire il processo di dollarizzazione dell’economia. Il governo ha fissato un prezzo unilaterale della criptovaluta a 60 dollari per unità. Infine, il Petro è stato eliminato nel gennaio 2024.
12 – Cfr. Linea politica del XVI Congresso nazionale del PCV. “Gli effetti delle sanzioni penali imperialiste”, p. 24. Disponibile su https://prensapcv.files.wordpress.com/2022/10/linea-politica-1.pdf.
13 – Cfr. Carlos Mendoza Pottellá: “”Il Venezuela petrolifero che abbiamo conosciuto negli ultimi 100 anni è finito”. Disponibile su https://ecopoliticavenezuela.org/2020/04/16/entrevista-con-carlos-mendoza-pottella-la-venezuela-petrolera-que-conocimos-en-los-ultimos-100-anos-se-acabo/.
14 – Vedi BancaYNegocios. “L’Assemblea nazionale valuta la possibilità di revocare gli espropri quando il settore privato lo richiede.”. Disponibile su https://www.bancaynegocios.com/an-evalua-revertir-expropiaciones-cuando-el-sector-privado-lo-requiera/
15 – Si veda il “Comunicato del PCV sulla legge anti-blocco”. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2020/10/06/pronunciamiento-del-pcv-sobre-el-proyecto-de-ley-antibloqueo/
16 – Tra il 2020 e il 2023, il governo ha trasferito più di 10 miliardi di dollari al settore privato attraverso questo meccanismo.
17 – Si veda Tribuna Popular. “La Gazzetta n. 6.746 è il certificato di morte del salario minimo”. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2023/05/16/video-pcv-la-gaceta-n-o-6-746-es-el-acta-de-defuncion-del-salario-minimo/
18 – Cfr. BCV “Il PIL dell’economia venezuelana è cresciuto del 17,73% nel periodo gennaio-settembre 2022”, disponibile su https://www.bcv.org.ve/notas-de-prensa/el-pib-de-la-economia-venezolana-crecio-1773-en-el-periodo-enero-septiembre-de-2022.
19 – Il PCV denuncia la scomparsa dei leader sindacali arrestati dopo le proteste a Sidor. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2023/06/20/pcv-denuncia-desaparicion-de-dirigentes-sindicales-detenidos-tras-protestas-en-sidor/
20 – Si veda il “Rapporto sulla violazione dei diritti politici ed elettorali del PCV, dei candidati e dei cittadini”, disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2021/11/12/pcv-presenta-a-delegacion-de-la-union-europea-un-informe-de-las-violaciones-a-sus-derechos-politicos/.
21 – Cfr. Tribuna Popular n. 3.040. “Assalto giudiziario al PCV”. Disponibile su https://prensapcv.wordpress.com/2023/07/21/22007/
22 – Vedi “Dossier: Frode giudiziaria ai danni del PCV”.