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Home›Copertina›ProtectEU: rafforzare i meccanismi repressivi per prepararsi alla guerra

ProtectEU: rafforzare i meccanismi repressivi per prepararsi alla guerra

Di Lorenzo Vagni
05/05/2025
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Da ormai diverse settimane il dibattito pubblico ha visto tra gli argomenti centrali il piano ReArm Europe, presentato da Ursula von der Leyen[1]. Il piano di riarmo da 800 miliardi di euro, le cui principali linee direttrici sono fornite dal “Libro Bianco sulla Difesa Europea”, non è però l’unico adottato dall’Unione Europea nei mesi recenti: ad esso sono associati la “Strategia dell’UE sull’Unione della preparazione”[2] (Readiness 2030), lo “Scudo europeo della democrazia”[3] (tuttora in fase di ultimazione) e la “Strategia europea di sicurezza interna”[4].

Quest’ultima, chiamata anche ProtectEU[5], integra gli altri piani, il cui complesso mira a comporre «il quadro globale di un’Unione sicura in tutti gli aspetti e resiliente». Mentre i primi riguardano riarmo, prevenzione e risposta alle minacce (di guerra) e “democrazia” dell’UE, ProtectEU punta a «rivedere l’approccio alla sicurezza interna». In altre parole, l’insieme dei piani completa il rafforzamento dell’UE nell’ottica della preparazione alla guerra – in un contesto in cui aumenta la concorrenza con Cina e Russia, ma anche con gli USA – e affronta al tempo stesso il problema del “nemico interno”, intensificando il livello di repressione dei popoli.

PRINCIPI E OBIETTIVI DEL PIANO

Come l’inasprimento del conflitto interimperialistico sia il motivo alla base di ProtectEU viene dichiarato dalla stessa Commissione Europea[5]:

«I confini tra minacce ibride e guerra aperta sono sfumati. La Russia sta conducendo una campagna ibrida, online e offline, contro l’UE e i suoi partner, con l’obiettivo di destabilizzare e minare la coesione sociale e i processi democratici, nonché di mettere alla prova la solidarietà dell’UE nei confronti dell’Ucraina. Stati stranieri ostili e attori sponsorizzati da Stati cercano di infiltrarsi e di compromettere le nostre infrastrutture critiche e le catene di approvvigionamento, per rubare dati sensibili e posizionarsi per massimizzare le possibilità di sabotaggio in futuro. Usano la criminalità come servizio e i criminali come intermediari. Inoltre, la nostra dipendenza da Paesi terzi in termini di catene di approvvigionamento ci rende più vulnerabili alle campagne ibride di Stati ostili.»

L’importanza strategica della difesa delle infrastrutture critiche è confermata anche dal recente annuncio di Henna Virkkunen, vicepresidente esecutiva per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, di “un nuovo hub regionale baltico” per sorvegliare i cavi sottomarini come “una risposta diretta alle crescenti vulnerabilità nelle nostre infrastrutture digitali e critiche”[6].

Il testo diffuso dalla Commissione, traboccante di propaganda volta a instillare paura e insicurezza (riscontrabile nel frequente riferimento a minacce alle libertà, spionaggio, criminalità e terrorismo che vengono descritti come dilaganti, oppure alla retorica secondo cui “le nostre vite non sono più al sicuro”), cita non a caso «l’ondata di estremismo anti-sistema il cui obiettivo è distruggere l’ordine legale democratico». Il significato sottotraccia di queste parole è, tantopiù in assenza di una definizione univoca di “estremismo”, “ordine” e “odio” (termine richiamato in diverse parti del documento), porre la lotta politica più dura e radicale – ossia le organizzazioni militanti realmente “anti-sistema” – sullo stesso piano del terrorismo, dello spionaggio da parte di agenti al servizio di potenze concorrenti dell’UE e della criminalità organizzata.

Tutto ciò mentre i principi ispiratori definiti come base del piano stesso sono non solo la maggiore integrazione, un “cambiamento culturale” sulla sicurezza che coinvolga l’intera società, «compresi la società civile, la ricerca, il mondo accademico e gli enti privati», ma anche l’aumento della spesa pubblica per la sicurezza e la promozione di ricerca e investimenti in materia. Non solo quindi un ulteriore travaso di fondi pubblici dalla spesa sociale, ma anche il coinvolgimento di enti pubblici, imprese e addirittura luoghi della formazione a scopi repressivi; un criterio, questo, analogo a quanto previsto originariamente in Italia dal governo Meloni nella formulazione del DDL Sicurezza[7] e che non a caso va di pari passo con l’inasprimento della stretta repressiva anche nel nostro paese.

DISPOSIZIONI OPERATIVE DI PROTECTEU

Più potere alle forze di sicurezza e alle agenzie europee

ProtectEU prevede tra le proprie principali disposizioni l’espansione dei poteri di polizia e agenzie europee. Come spiegato infatti da Magnus Brunner, commissario UE per gli Affari Interni, il piano «punta a dare alle forze di polizia gli strumenti necessari per agire»[8].

In tal senso, Europol (l’agenzia di polizia che supporta la cooperazione tra le forze dell’ordine dei Paesi membri) diventa una forza di polizia operativa con maggiore accesso ai dati e strumenti per agire direttamente in operazioni transfrontaliere, aumentando la centralizzazione delle forze di sicurezza. Europol agirà inoltre in stretto contatto con gli Stati membri e rafforzerà il proprio coordinamento con Eurojust (l’Agenzia per la cooperazione giudiziaria), EPPO (la Procura europea) e ENISA (l’Agenzia per la cybersicurezza), meccanismi repressivi a disposizione dell’UE. Al contempo, Frontex (l’agenzia che si occupa del controllo delle frontiere esterne e della gestione dell’immigrazione) triplica il personale raggiungendo fino a 30.000 unità e ottiene competenze antiterrorismo, ampliando la sua funzione oltre il controllo delle frontiere. Infine, viene prevista la creazione di squadre operative congiunte con polizie straniere, il che implica che cittadini europei possano essere coinvolti in operazioni guidate anche da attori esterni[8].

Incremento della sorveglianza digitale

Il potenziamento di polizia e agenzia va di pari passo con l’incremento delle loro capacità di sorveglianza, con particolare riferimento alla sfera digitale. Infatti, secondo Europol l’85% delle indagini penali nei Paesi membri si basa «sulla capacità delle autorità di accedere alle informazioni digitali»[8]. Proprio per questo, ProtectEU prevede una nuova legge sulla cybersicurezza, misure per lo sviluppo della sovranità tecnologica (fattori che possono tradursi in restrizioni all’uso di software, piattaforme o strumenti ritenuti insicuri) e l’introduzione di una tabella di marcia per l’accesso legale ai dati da parte delle forze dell’ordine[9], anche presso provider privati.

È prevista inoltre una migliore condivisione delle informazioni di intelligence, sia tra gli Stati membri sia con le agenzie dell’UE sia con il SIAC (Single Intelligence Analysis Capacity, un’unità che fornisce analisi strategiche di intelligence su sicurezza e difesa)[9].

Il piano introdurrà altresì una nuova agenda sulla prevenzione e la lotta contro il terrorismo e l’estremismo violento, volta a contrastare i fenomeni di “radicalizzazione”[9], anche in questo caso senza una chiara definizione di questi termini, che potrebbero quindi essere piegati per colpire le lotte del movimento operaio-popolare.

ProtectEU richiede inoltre l’applicazione rigorosa del Digital Services Act, la legge sui servizi digitali che può portare a una maggiore censura preventiva di contenuti online ritenuti pericolosi[9].

L’ulteriore involuzione introdotta da ProtectEU

Come conseguenza di quanto detto finora, alla luce del fatto che gli elementi presi in considerazione sono solo parziali rispetto a quanto introdotto complessivamente dal piano, ProtectEU costituisce un’ulteriore involuzione sul piano normativo/repressivo rispetto all’impianto già previsto dall’Unione Europea.

Per prima cosa il piano procede ulteriormente verso il processo, già avviato da decenni, di centralizzazione dei poteri al livello UE; in particolare, il potenziamento di polizia e agenzie limita l’autonomia degli Stati membri e sposta poteri coercitivi su organismi anche nominalmente meno soggetti alla volontà dei cittadini, riducendo ulteriormente il già risibile controllo democratico.

Dal punto di vista della sorveglianza, la “tabella di marcia” per l’accesso legale ai dati rischia di bypassare tutele finora esistenti che limitavano il controllo delle autorità sui singoli individui. Inoltre, la sorveglianza preventiva online, specie se accompagnata come previsto dal piano dal ricorso a nuove tecnologie quali l’intelligenza artificiale, può portare alla rimozione preventiva di contenuti leciti ma ritenuti “estremi”, alla profilazione massiva degli utenti e alla censura algoritmica praticata dalle piattaforme di reti sociali con ridotta o nulla trasparenza o possibilità di appello. A ciò si aggiunge come già anticipato, alla luce del particolare focus che il piano pone su contrasto a “radicalizzazione”, “estremismo violento” e “incitamento all’odio”, una speciale sorveglianza politica nei confronti di militanti, attivisti, sindacalisti o giornalisti promotori di opinioni (seppur legittime) non conformi alle principali direttive della politica dell’UE e dei monopoli che essa rappresenta (alla cui difesa concorrono pressoché tutti i principali schieramenti borghesi), mentre contro la lotta politica potrebbero essere rivolti i rinnovati strumenti antiterrorismo.

Infine, le squadre operative miste con paesi extra-UE pongono dubbi circa la responsabilità giuridica di eventuali violazioni commesse nel corso di azioni sul territorio europeo ma con cooperazione esterna e sulla sistematizzazione della collaborazione con forze di polizia estere che agiscono in maniera maggiore in violazione dei diritti fondamentali.

 

CONCLUSIONI

Con ProtectEU assistiamo a uno slittamento verso un modello fortemente repressivo di “sicurezza integrata” in cui la sorveglianza diventa sistemica e potenzialmente pervasiva, con l’“adattamento” al contesto di guerra del meccanismo di repressione già esistente nell’Unione Europea e la sua ulteriore espansione. Una necessità urgente dei governi borghesi europei è, infatti, sempre più la soppressione di ogni voce di critica o mobilitazione operaia e popolare contro i piani guerrafondai.

Nel frattempo, sempre più risorse vengono sottratte dalla spesa sociale (la stessa “protezione delle infrastrutture” prevista da ProtectEU non riguarda affatto le reali esigenze della popolazione in materia di protezione civile o la salvaguardia di infrastrutture realmente critiche per la popolazione) nel quadro della preparazione alla guerra imperialista generalizzata.

Lo scivolamento della nostra società verso il baratro, verso l’unico paradigma degli  interessi dei padroni e delle istituzioni loro emanazione è sempre più evidente; tanto più la classe operaia rimarrà disorganizzata, quanto più sarà facile per i governi borghesi e l’UE imporre riforme e piani antipopolari per condurci verso il loro massacro. Del resto, proprio la volontà di disarmare i lavoratori e la loro opposizione alla guerra testimonia quanto potenzialmente l’organizzazione della classe operaia possa mettere in discussione gli interessi di guerra e i profitti padronali sulla nostra pelle. Per questo l’intensificazione delle lotte e la costruzione in ogni paese di un forte soggetto politico della classe operaia, il Partito Comunista è sempre più urgente, anzi, vitale.

Note

[1]: Per approfondire: “ReArm EUROPE” – Strumento multiuso di guerra contro i popoli, Lordinenuovo.it, 30 marzo 2025.

[2]: Strategia dell’UE sull’Unione della preparazione: prevenire e reagire alle minacce e alle crisi emergenti, Ec.europa.eu, 26 marzo 2025.

[3]: La Commissione avvia una consultazione pubblica sullo scudo europeo per la democrazia, Italy.representation.ec.europa.eu, 2 aprile 2025.

[4]: Svelata dalla Commissione ProtectEU: nuova strategia europea di sicurezza interna, Ec.europa.eu, 1° aprile 2025.

[5]: COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS on ProtectEU: a European Internal Security Strategy, Eur-lex.europa.eu.

[6]: Sicurezza digitale e antiterrorismo: ecco cosa prevede la nuova strategia ProtectEU, Eurofocus.adnkronos.com, 2 aprile 2025.

[7]: Per approfondire: DDL Sicurezza, scudo penale e zone rosse: la stretta repressiva si inasprisce, Lordinenuovo.it, 20 gennaio 2025.

[8]: Dopo RearmEu e Readiness 2030, ecco ProtectEu. Bruxelles svela una nuova strategia di sicurezza interna, Eunews.it, 1° aprile 2025.

[9]: Sicurezza digitale e antiterrorismo: ecco cosa prevede la nuova strategia ProtectEU, Eurofocus.adnkronos.com, 2 aprile 2025.

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Lorenzo Vagni

Lorenzo Vagni, classe 1993, laureato in Ingegneria Elettronica. Militante comunista dal 2015 nel FGC e dalla sua fondazione nel FC, ha ricoperto per anni incarichi di rappresentanza degli studenti all'Università di Roma "La Sapienza". È autore di diversi articoli per il giornale della gioventù comunista, Senza Tregua. Collabora con L'Ordine Nuovo su argomenti di politica e attualità.

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