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Violenza di genere: perché la lotta non si può fermare

Di Redazione
06/05/2025
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Il fenomeno della violenza di genere è un tema all’ordine del giorno, tantopiù a seguito di diversi casi brutali di femminicidio che hanno riempito le pagine di cronaca, scosso intere comunità studentesche e cittadine, provocato partecipate manifestazioni di rabbia nelle scorse settimane.

La narrazione sostenuta dai partiti di centro-destra e centro-sinistra si focalizza su aspetti esclusivamente repressivi e moralistici. Al contrario , è indispensabile riflettere su alcuni fenomeni che contraddistinguono la nostra società, nella quale le differenze di genere, in molti casi legate a pregiudizi e stereotipi, sono spesso fonte di discriminazione, effettuata anche dalle corti e dalle istituzioni.

Uno degli ultimi casi di violenza di genere, avvenuto lo scorso 7 aprile in Colombia, deve risvegliare le coscienze. Le immagini diffuse online mostrano esplicitamente una donna trans, Sara Millerey González Borja[1], brutalmente aggredita con diverse gravi fratture e gettata viva in un torrente, mentre vari individui si limitavano a fotografare la scena. La sofferenza di Sara e la malvagità degli aggressori e di chi guardava ma non reagiva dimostrano che le denunce  e le sentenze non sono sufficienti. È necessario agire con coraggio, lottando per affermare  la libertà di vivere senza costrizioni la propria sessualità ed esprimere amore liberamente. Dobbiamo affermare con forza che senza organizzazione non si va da nessuna parte, non è sufficiente la sensibilizzazione individuale: la conquista e la difesa dei diritti sono una questione sociale e per cambiare contesti di disagio, discriminazione e violenza  occorrono iniziative collettive coordinate.

Quando parliamo di violenza di genere non possiamo dimenticare le donne palestinesi, costrette a vivere sotto un regime genocida e fascista, dal quale subiscono violenze e forme di oppressione in maniera estrema e particolarmente dolorosa: ogni giorno diverse di loro vengono violentate ad ogni età e non vengono nemmeno considerate esseri umani  ma animali.

Un altro esempio, più vicino a noi, è il caso di Giulia Cecchettin, con sentenza della Corte di Assise di Venezia, 8 aprile 2025 (ud. 3 dicembre 2024), n. 2/2024 (Presidente dott. Manduzio, Estensore dott.ssa Zancan). Dopo oltre un anno di indagini, Filippo Turetta è stato riconosciuto colpevole del suo omicidio, confermato anche da lui in tribunale. Tuttavia, non sono state incluse le aggravanti per atti persecutori e crudeltà. Da un punto di vista giuridico, la sentenza mostra senza dubbio un passo avanti, con un riconoscimento dell’esistenza e della gravità di una serie di fenomeni che caratterizzano la violenza contro le donne[2]. Per quanto riguarda gli atti persecutori, è interessante notare una cosa: se leggiamo la sentenza vengono riportati dei fatti che motivano l’esclusione della relativa aggravante. Questi fatti sono le testimonianze dei familiari e amici e di Giulia stessa, che si fidava, a quanto pare, ed è morta proprio perché si è fidata. Il fatto che non sempre ci sono dei “segnali a cui stare attente”, come spesso viene ripetuto quasi a scaricare sulle donne stesse la responsabilità dell’accadimento di queste tragedie, smonta l’idea che la violenza di genere possa essere evitata con le sole “precauzioni” prese dalle donne stesse. Inoltre, un’altra cosa che si potrebbe commentare è il fatto che la sentenza mette in luce la “mente fredda” e la premeditazione di Turetta, al di là dello stereotipo del raptus. Il mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà, invece, anche qualora fosse corretto secondo l’attuale impianto legislativo, come evidenziato anche da autorevoli fonti[3], mostra l’inadeguatezza di un modello che non è in grado di punire simili atti di crudeltà per come sono concepiti, ormai, dal senso comune.

Non possiamo più far passare il messaggio secondo cui una simile ferocia non è un atto di crudeltà, non considerare il peso di 75 coltellate inferte in più fasi dell’aggressione che, come dichiara la sentenza, è durata circa 20 minuti. Non possiamo, per diversi motivi, nasconderci dietro lo scudo delle definizioni giurisprudenziali[4]. C’è oggi, infatti, una contraddizione tra la concezione minimale e astratta di “crudeltà” che è riportata dalla Cassazione – «condotta che va oltre il processo causale che porta alla morte della vittima» – e la concezione comune. Una contraddizione che, ora, ha anche un’importanza sostanziale. In altre parole: se fossimo in un’epoca, come il Medioevo, nel quale l’assassinio era un atto utilizzato con frequenza per risolvere dispute e questioni personali, questa definizione sarebbe stata probabilmente più consona. Oggi, invece, non è sufficiente per riflettere tutti gli aspetti umani e sociali per cui un assassino può essere effettivamente crudele (freddezza, consapevolezza, durata prolungata dell’attacco e della sofferenza inferta, coscienza di tradire la fiducia di una persona, e così via).

Ci chiediamo se non sia il momento di fornire a ogni individuo la possibilità di comprendere come evolvono i rapporti e diffondere una cultura del rispetto e dell’eguaglianza tra i sessi e i generi nelle strade e nelle scuole. Dall’inizio del 2025 fino all’8 aprile si sono verificati 16 femminicidi, 2 suicidi di donne, 1 suicidio di un ragazzo trans, 1 suicidio di una persona non binaria, 4 casi in fase di accertamento[5].

Le vittime recenti di casi di violenza contro le donne includono Sara Campanello e Ilaria Sula, mentre centinaia di aggressioni domestiche denunciate non trovano riscontro effettivo e diversi casi di stalking, anche denunciati, non ricevono adeguate tutele, finendo addirittura in femminicidi che potevano e dovevano essere evitati[6]. Le misure di sicurezza nei confronti delle donne sono inefficaci e le istituzioni, più che tutelare i minori con la prevenzione del disagio familiare, tendono a compromettere le relazioni e favorire economicamente cooperative e associazioni assistenziali a cui vengono affidati i minori.

Lo stato italiano, dovrebbe muoversi rapidamente per fornire alle case rifugio di donne vittime di violenza i fondi adeguati: oggi la metà dei Centri Antiviolenza è concentrata in sole 4 regioni[7]. Si dovrebbe rendere obbligatoria l’educazione sessuale nelle scuole, cosa che più del 94% degli studenti richiede[8]; fare formazione adeguata alle figure professionali[9], come professionisti del servizio sanitario, agenti delle forze dell’ordine e magistrati, che devono rappresentare una sicurezza per le donne vittime di violenza; garantire un supporto economico dignitoso ai casi di maltrattamento, dato che spesso la violenza fisica si trasforma anche in violenza economica che rende la vittima isolata e con poche possibilità di reazione. Oggi questo supporto è poco dignitoso e assolutamente insufficiente[10], per non parlare della banale questione per cui alle donne servirebbe un lavoro e un asilo nido per rendersi realmente indipendenti, non solo “assistenzialismo”, spesso e volentieri temporaneo. Si dovrebbero migliorare i percorsi di rieducazione degli uomini violenti, stabilendone la gratuità e l’obbligatorietà per  tutti gli autori di violenza di genere[11]; rendere più efficaci e concrete le misure di protezione delle vittime, oggi insufficienti[12]. Infine, è necessario che in ogni contesto pubblico, e in particolare nel riportare le notizie dei casi di violenza di genere,  che si parli della violenza dell’azione compiuta senza attribuire giustificazioni, seppur parziali, legate al contesto: esiste un codice deontologico già da tempo ma è spesso ignorato e, recentemente, ne è stato creato uno nuovo[13]. Nel descrivere i carnefici si deve parlare di esseri umani, non di mostri con attacchi di ira e occorrerebbe evitare di parlare di “incapacità” di reagire da parte della vittima. Queste rivendicazioni sono necessarie per contrastare la discriminazione vissuta dalle donne e dalle persone di altro genere; tuttavia, i problemi legati alla violenza contro le donne e contro le minoranze sono da attribuire alla società in cui viviamo, e pertanto devono essere affrontati con la lotta politica proprio contro questo modello di società.

La lotta contro la violenza di genere è indissolubilmente legata alla lotta contro una società che produce discriminazione, emarginazione, sfruttamento, sopraffazione, come abbiamo già chiarito altrove[14]: le nostre vite non devono avere padrone, la nostra mente non deve essere manipolata, le nostre scelte devono essere libere.

Chiara Rapiti

 

Note

[1]: Colombia in piazza per chiedere giustizia per Sara Millerey, la trans brutalmente uccisa in diretta social, Tgcom24.mediaset.it, 11 aprile 2025.

[2]: Omicidio Giulia Cecchettin, i giudici: da Turetta abietti motivi di arcaica sopraffazione, Ilsole24ore.com, 8 aprile 2025.

[3]: Caso Turetta (omicidio Giulia Cecchettin): le motivazioni della sentenza della Corte di Assise di Venezia, Giurisprudenzapenale.com, 10 aprile 2025.

[4]: L’aggravante della crudeltà, nella commissione dell’omicidio, è prevista al punto 4 dell’articolo 61 del Codice penale italiano, con una definizione molto generica. Con sentenza del 30.04.2014 nr. 18136, la prima sezione della Cassazione penale specifica, però, che il configurarsi della crudeltà richiede un cosiddetto quid pluris, ossia una condotta che vada oltre il processo causale che porta alla morte della vittima. Questo in effetti ha pochi margini di interpretabilità da parte del giudice, una volta che la perizia ha ritenuto che fosse questo il caso. Ma i giudici avrebbero potuto richiedere il superparere della Cassazione, un parere di natura tecnica o specialistica che va oltre la semplice consulenza legale standard, fornendo un’analisi più approfondita di un caso specifico e potendo, potenzialmente, ridefinire una fattispecie. È una pratica che difficilmente avrebbe portato a una ridefinizione, ma sarebbe stato un atto “politico” di rilevanza nazionale che avrebbe rimesso in discussione una definizione così angusta rispetto alla realtà umana, in un momento in cui la sensibilità sul tema della violenza di genere è al massimo storico.

[5]: Osservatorio nazionale, Osservatorionazionale.nonunadimeno.net.

[6]: «Il braccialetto elettronico “in pausa” per fargli fare la spesa: così papà ha potuto uccidere mamma», Open.online, 3 maggio 2025.
Se le misure di deterrenza alla violenza di genere sono fallaci: la storia di Viola, Editorialedomani.it, 27 marzo 2025.

[7]: Report 2023, Direcontrolaviolenza.it.

[8]: Educazione sessuale, il 94% dei ragazzi la vorrebbe a scuola, Tuttoscuola.com, 27 ottobre 2023.

[9]: Il cosiddetto “Codice Rosso” (Legge n. 69/2019), tra le altre misure introdotte, prevede l’obbligo della formazione specifica delle forze dell’ordine e dei magistrati.

[10]: Reddito di libertà – adottato il decreto attuativo in favore delle donne vittime di violenza, Programmagoverno.gov.it, 23 dicembre 2024.

[11]: I CUAV (centri per uomini autori di violenza) sono stati istituiti con il Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020.
Programmi per gli autori di reato, Istat.it. 

[12]: Misure civili di protezione contro le violenze domestiche: considerazioni sparse, Osservatoriofamiglia.it.

[13]: Cosa cambia o si aggiunge con il nuovo Codice deontologico, Odg.mi.it, 4 marzo 2025.

[14]: Per approfondire: La violenza contro le donne nella nostra società: alcune riflessioni di classe, Lordinenuovo.it, 25 novembre 2024.

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