“Si organizzerà una grande manifestazione internazionale con data fissa, in modo che, in tutti i paesi e nelle città allo stesso tempo, nello stesso giorno concordato, i lavoratori intimino ai poteri pubblici di ridurre legalmente a otto ore la giornata di lavoro e di applicare le altre risoluzioni del Congresso Internazionale di Parigi”
Con questo spirito internazionalista, che pone la lotta per il salario e l’orario di lavoro su un piano globale, lo spirito del Congresso Internazionale di Parigi del 1889 che istituisce la Giornata Internazionale di Lotta dei Lavoratori, diamo spazio ad alcuni contributi dal mondo sul Primo Maggio 2025.
Partiamo dal contributo del Partito Comunista del Venezuela (PCV) sull’origine storica della Giornata, la sua dimensione strategica e internazionalista per l’emancipazione dei lavoratori e la conquista della giornata lavorativa di otto ore. Segue il contributo del Partito del Lavoro d’Austria (PdA) che, di fronte ad una situazione simile alla nostra in Italia e negli altri paesi dell’UE, affronta il tema dell’economia di guerra, del riarmo e del militarismo per salvare il capitalismo in crisi: il loro slogan è “Contro il governo dei carri armati e delle multinazionali”.
Una situazione simile di profondo attacco alla classe operaia è quella dell’Argentina, per la quale ospitiamo il contributo del Partito Comunista Argentino: sul “Piano Motosega” di Milei-Villarruel, sulla finta opposizione e sulla rivendicazione di una centrale delle lotte che ponga, oltre alle rivendicazioni immediate, la questione del potere che spetta alla classe operaia.
In conclusione, il rapporto del Partito Comunista di Turchia (TKP) sulle piazze del Primo Maggio con numerosi stralci degli interventi: in Turchia, “i parassiti, gli sfruttatori, i proprietari si sono impadroniti dell’intero Paese” e per distruggere il parassitismo, i miliardari, le sette religiose, lo sfruttamento dei giovani lavoratori che muoiono nei percorsi di formazione professionale (tutto il mondo è paese…) bisogna che la classe operaia prenda il potere, e per farlo deve tornare protagonista della politica. I comunisti turchi con lo slogan “Non ci inginocchieremo davanti al padrone o al tiranno” pongono la sfida al governo di Erdoğan e alle politiche oscurantiste del suo partito, l’AKP.
Buona lettura.
INDICE
Partito Comunista del Venezuela (PCV): Dimensione internazionalista e strategica del Primo Maggio
Di Pedro Eusse, da Tribuna Popular, organo del Partito Comunista del Venezuela (PCV)
30 aprile 2025
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Tradizionalmente, la storiografia sindacale presenta il Primo Maggio come il risultato delle battaglie per la riduzione della giornata lavorativa degli operai di Chicago e la sua tragica fine, con gli omicidi dei manifestanti e le ingiuste condanne penali dei principali dirigenti di queste proteste. Ma in realtà, l’istituzione del Primo Maggio come Festa del Lavoro o Giornata Internazionale di Lotta dei Lavoratori fu determinata da un processo più ampio che non si limita unicamente agli avvenimenti vissuti dalla classe operaia negli Stati Uniti nel 1886, bensì al patrimonio storico accumulato e all’ascesa dell’azione organizzata dei lavoratori nel pieno della lotta di classe a livello internazionale.
Del resto, la tradizione sindacale ha dimenticato che i momenti più drammatici di quelle eroiche giornate di Chicago, in realtà, non si svolsero il primo giorno del mese – quando scoppiò lo sciopero generale per l’istituzione della giornata lavorativa di otto ore – ma il 4 maggio, durante un’imponente manifestazione in piazza Haymarket, quando si verificarono i noti fatti di sangue, provocati da agenti della borghesia per giustificare la feroce repressione poliziesca.
In nessun modo intendiamo sminuire quegli episodi indimenticabili di cui furono protagonisti i lavoratori statunitensi, perché fanno parte del patrimonio del movimento operaio mondiale e hanno effettivamente contribuito alla conquista della giornata lavorativa di otto ore. Ma riteniamo necessario individuare la dimensione strategica e internazionalista del Primo Maggio, che trascende l’aneddotica e la circostanza nazionale.
La lotta per la riduzione della giornata lavorativa è stata una rivendicazione fondamentale dei lavoratori di tutto il mondo fin dagli albori del modo di produzione capitalistico, quando vennero imposte giornate di lavoro fino a 18 ore continuative, corrispondenti alle esigenze degli alti livelli di produttività del capitale e all’eccessiva avidità dei padroni; condannando i lavoratori (compresi donne e bambini) a una vita miserabile e all’impossibilità di recuperare le forze.
Naturalmente, questo portò al fatto che le prime azioni collettive della classe operaia furono per la riduzione dell’orario di lavoro senza alcuna diminuzione del salario. In Inghilterra scoppiarono scioperi già a partire dai primi decenni del XIX secolo per la riduzione dell’orario di lavoro a 10 o 8 ore.
La classe operaia inglese, già con l’attivismo dei sindacati, fissò una data per l’entrata in vigore delle otto ore di lavoro: il 1° marzo 1834, che avrebbe dovuto essere l’inizio di uno sciopero generale. Il piano non poté essere realizzato, ma si registra per la prima volta nella storia del movimento operaio la determinazione di una data e di un piano di scioperi per la riduzione della giornata lavorativa. Infine, dopo numerose mobilitazioni, si riuscì in quel paese ad ottenere l’approvazione di una legge insufficiente ma importante per la riduzione parziale e progressiva della giornata lavorativa (fino a 10 ore), che entrò in vigore proprio il 1° maggio 1848.
Da parte sua, in Francia non tardarono ad arrivare gli scioperi e le mobilitazioni operaie per la riduzione della giornata lavorativa, ottenendo anch’essi leggi e decreti a riguardo, con la prevedibile resistenza dei padroni, che alla fine riuscirono a farli abrogare, senza che esistesse una forza proletaria capace di imporli.
Ma fu l’Associazione Internazionale dei Lavoratori (la Prima Internazionale), sorta nel 1864 – con Karl Marx come principale leader teorico – che elevò la questione della riduzione della giornata lavorativa a rivendicazione internazionale della classe operaia e, nel suo Primo Congresso (Ginevra, 1866), adottò la risoluzione per la lotta per la giornata lavorativa di otto ore come «il primo passo» verso l’emancipazione operaia. Il III Congresso dell’Internazionale (Bruxelles, 1868) ribadì quella posizione, incaricando le sezioni nazionali di agire per conquistarla.
Negli Stati Uniti, fin dai primi anni dell’attività industriale capitalista, si manifestò l’agitazione per la riduzione della giornata lavorativa e si registrano scioperi con questo obiettivo a partire dal 1827. Al primo congresso dei sindacati industriali, tenutosi a New York nell’ottobre 1845, fu sollevata la questione della riduzione legale della giornata lavorativa a 10 ore, in seguito alla quale scoppiarono degli scioperi. Allo stesso modo, un congresso nazionale del lavoro tenutosi a Baltimora nell’agosto 1866 proclamò l’obiettivo di ottenere una legge che stabilisse la giornata lavorativa di otto ore «per tutti gli Stati dell’unione americana».
Come risultato di tutti gli sforzi compiuti fino a quel momento dai lavoratori statunitensi e dalle loro organizzazioni, nel 1868 fu ottenuta una legge federale che istituiva la giornata di otto ore negli stabilimenti del governo degli Stati Uniti; tuttavia, i lavoratori del settore privato continuavano a lavorare 12 ore al giorno o più.
Di conseguenza, la lotta per la riduzione della giornata lavorativa continuò e si rafforzò con l’organizzazione e la crescita del movimento sindacale americano, in particolare con i Cavalieri del Lavoro e la Federazione Americana del Lavoro (AFL). Contemporaneamente, i militanti operai abbandonavano le illusioni di ottenere una legge federale, che sarebbe rimasta lettera morta, quindi la giornata di otto ore avrebbe potuto essere ottenuta solo attraverso l’azione diretta del movimento operaio organizzato. Tale posizione si concretizzò nel IV Congresso dell’AFL (Chicago, 1884), che approvò che a partire dal 1° maggio 1886 la giornata lavorativa normale sarebbe stata di otto ore e che nei luoghi di lavoro in cui questa decisione non fosse stata rispettata si sarebbero svolti scioperi dei lavoratori, un piano che richiese un intenso processo di preparazione e l’unità d’azione delle principali organizzazioni sindacali.
Il 1° maggio 1886 si svolsero quasi 5.000 scioperi in tutto il Paese. Come risultato, si stima che 125.000 lavoratori ottennero la giornata lavorativa di otto ore, alla fine di maggio erano 200.000 e poco dopo fino a un milione di lavoratori beneficiarono della riduzione della giornata lavorativa.
Ma al culmine di quella massiccia offensiva di classe, si verificano in vari stati sanguinosi scontri tra il proletariato e le forze repressive dello Stato, iniziando a Milwaukee e degenerando, con nauseante furia criminale, nella città di Chicago il 3 e 4 maggio. Chicago era allora un importante centro di agitazione rivoluzionaria, che concentrava la più grande e meglio organizzata militanza del proletariato anarchico dell’epoca.
In diverse aziende, i padroni tentarono di contrastare lo sciopero assumendo crumiri e utilizzando i servizi di un’agenzia di mercenari privati per terrorizzare i lavoratori, come fece la fabbrica di macchine agricole McCormick, con un bilancio di sei operai uccisi e decine di feriti.
Successivamente a quegli avvenimenti, l’AFL proseguì la lotta per la riduzione della giornata lavorativa e, nel suo congresso del 1888, concordò un piano d’azione per introdurre la giornata di otto ore a partire dal 1° maggio 1890, decisione che un anno dopo avrebbe avuto un effetto di rilevanza storica internazionale.
Parallelamente a quegli avvenimenti, in diversi paesi d’Europa si svolgevano giornate di lotta per la conquista legale delle otto ore di lavoro o per la sua istituzione attraverso l’azione diretta dei lavoratori organizzati. La nascita di partiti operai di orientamento marxista diede un grande impulso a questa lotta.
In Francia, nel giugno 1889, si tennero due congressi socialisti internazionali che si pronunciarono a favore della giornata di otto ore, ma fu il Congresso Internazionale di Parigi – più allineato con le idee marxiste – ad adottare la storica risoluzione di assumere il 1° maggio come Giornata Internazionale di lotta della classe operaia, con la seguente proclamazione:
«Si organizzerà una grande manifestazione internazionale con data fissa, in modo che, in tutti i paesi e nelle città allo stesso tempo, nello stesso giorno concordato, i lavoratori intimino ai poteri pubblici di ridurre legalmente a otto ore la giornata di lavoro e di applicare le altre risoluzioni del Congresso Internazionale di Parigi. Visto che una simile manifestazione è già stata decisa dalla Federazione Americana del Lavoro per il 1° maggio 1890, al suo Congresso di Saint Louis, si adotta questa data per la manifestazione internazionale».
In tal modo si realizzava un’antica aspirazione di Marx e dei militanti di classe della Prima Internazionale: adottare un giorno affinché i lavoratori di tutto il mondo, uniti, scendessero in piazza per manifestare contro il sistema capitalista e per esigere condizioni di lavoro dignitose; unendo le loro forze per avanzare verso il trionfo rivoluzionario del proletariato mondiale.
Partito del Lavoro d’Austria (PdA): Discorso del presidente del PdA Tibor Zenker
Dal Partito del Lavoro d’Austria
1° maggio 2025
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Discorso di Tibor Zenker, presidente del Partito del Lavoro d’Austria (PdA), durante il concentramento iniziale della Marcia Internazionalista del Primo Maggio a Vienna, 1° maggio 2025.
Care compagne e cari compagni, care amiche e cari amici!
Vorrei condividere con voi alcune parole a nome del Partito del Lavoro d’Austria e del Fronte della Gioventù.
Dopo anni di crisi capitalistiche, di aumento dei prezzi, di distruzione di posti di lavoro, di peggioramento delle condizioni della classe operaia austriaca, ora finalmente i socialdemocratici sono tornati al governo – promettendo di risolvere i problemi. Ma tutto è come sempre, solo peggio: verrà introdotto un pacchetto di austerità sulle spalle della gente che lavora, di cui non si riesce nemmeno a immaginare l’entità; si risparmierà sui poveri, sui disoccupati e sui pensionati, sul sociale e, tra l’altro, anche sulla sanità – come se una pandemia non fosse mai esistita.
Questo è il vero volto della SPÖ: quel poco che ci aveva lasciato l’ÖVP, ora ce lo toglie la SPÖ in perfetta collaborazione concertativa con l’ÖVP stessa, assistita dai radicali capitalisti dei NEOS (i liberali, Ndt). Tutto ciò avviene sullo sfondo di sviluppi economici errati, intrinseci al capitalismo: recessione, disoccupazione crescente, problemi di delocalizzazione produttiva, fino a una vera e propria deindustrializzazione. La povertà, l’insicurezza sociale ed economica stanno diventando la norma per un numero sempre maggiore di persone in Austria.
Ciò che il governo non dice è questo: è il capitalismo che si vuole salvare; sono i profitti capitalistici che si vogliono garantire. Affinché gli sfruttatori e i ricchi restino ricchi e diventino ancora più ricchi, la classe operaia e le masse popolari devono pagare.
Contemporaneamente, nonostante un deficit di bilancio di miliardi, si trovano comunque i soldi per un massiccio riarmo militare. L’esercito federale riceverà carri armati, elicotteri, aerei, missili e molto altro ancora, per decine di miliardi di euro. Perché anche il governo austriaco si prepara alla guerra, nel contesto dell’UE e ai margini della NATO. Con sempre più armi si pretende di “garantire la pace” – e si fa, ovviamente, l’esatto contrario. Con un bellicismo senza precedenti, alcuni non vedono l’ora di passare dalla guerra economica all’economia di guerra – proprio a 80 anni dalla fine della devastante Seconda Guerra Mondiale.
Questo è il momento, care compagne e cari compagni, in cui dobbiamo dire con chiarezza: “No!”. No al riarmo e alla militarizzazione! No all’escalation politica e alla propaganda di guerra! Non un centesimo, non un uomo e neanche una donna per le guerre del capitale! Rifiutiamo di farci carne da cannone sui campi di battaglia di una nuova grande guerra imperialista, rifiutiamo di uccidere e morire per l’avidità di profitto e le smanie di potere geopolitico dell’oligarchia finanziaria. Perché sappiamo: il nostro principale nemico è nel nostro stesso Paese.
E rifiutiamo di essere poveri! La ricchezza che viene prodotta appartiene alla classe operaia, non a pochi miliardari e milionari o ai loro lacchè politici nei partiti di sistema. Dobbiamo riprenderci ciò che ci spetta. Ancora una volta, il capitalismo dimostra chiaramente di non funzionare. È un sistema di sfruttamento e oppressione, di crisi e guerre – ed è quel sistema che, nell’ombra, tiene pronto il fascismo. Questo sistema non si può migliorare, non si può abbellire, non si può disarmare.
Deve essere rovesciato, una volta per tutte – e questo accadrà, attraverso la lotta di classe e la rivoluzione. Miliardi di persone oppresse saranno più forti di una manciata di miliardari, e getteranno la dittatura borghese – con la sua finta democrazia, il capitalismo, l’imperialismo e la guerra – nella spazzatura della storia.
In questo spirito, care compagne e cari compagni – viva il 1° maggio, giornata internazionale di lotta della classe operaia!
Contro il governo dei carri armati e delle multinazionali!
Contro l’imperialismo e la guerra!
Per la pace e il socialismo!
Partito Comunista Argentino (PCA): Primo Maggio, la classe operaia e la sua lotta per il potere politico
Da Orientacion, organo del Partito Comunista Argentino (PCA)
1° maggio 2025
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Il Primo Maggio è la data in cui la classe operaia mondiale rende omaggio ai martiri di Chicago, quei lavoratori brutalmente uccisi dalle mani del sistema capitalistico, attraverso una classe padronale che non ha tollerato, non tollera e non tollererà mai che i lavoratori assumano il loro ruolo di classe e si liberino dallo sfruttamento capitalistico, prendendo nelle loro mani, insieme agli altri settori sfruttati, il potere dello Stato e avviandosi verso la costruzione di una nuova società: la società socialista. Al sistema capitalistico è bastato un solo momento, nel 1917, quando i lavoratori riuscirono a prendere il potere durante la grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, e ha imparato da questo fatto. Da allora, il sistema ha esercitato una strategia articolata per evitare e impedire, con tutti i mezzi a disposizione, che i lavoratori si organizzino, formino le loro organizzazioni di lotta e, ancor più, aderiscano e integrino le fila del loro partito: il Partito Comunista, perché tale passo significa che i lavoratori hanno preso coscienza della loro condizione di classe sfruttata e, quindi, hanno deciso che il potere politico non è qualcosa di esclusivo delle élite storiche; significa che con la loro lotta hanno capito che possono sconfiggere il loro nemico storico: il capitalismo come sistema sociopolitico che porta i lavoratori alla povertà e alla miseria sistematica, mentre parallelamente l’accumulo e la moltiplicazione della ricchezza aumentano, rubando quotidianamente una parte importante del lavoro della classe operaia.
Attualmente, l’umanità attraversa la fase dell’imperialismo, cioè il capitalismo nel suo stato parassitario e in decomposizione, che si concretizza oggi nella guerra imperialista in Ucraina, nell’aggressione imperialista di Israele sulla Palestina, nei vari conflitti bellici in Africa e Asia, e nella guerra dei dazi scatenata dagli Stati Uniti contro il resto del mondo, principalmente contro il loro principale rivale nella disputa per la primazia nella piramide imperialista mondiale: la Cina.
I vari conflitti e guerre scatenati in questo contesto di decomposizione del capitalismo finiscono per essere caricati sulle spalle della classe operaia mondiale, con l’aumento dei beni di consumo, con la disoccupazione, con le misure di austerità, e persino con la guerra che porta i lavoratori a diventare carne da cannone nelle dispute inter-imperialistiche. I grandi perdenti di questi conflitti sono i lavoratori, mentre i grandi monopoli ottengono benefici a spese della nostra sofferenza e della morte della nostra classe.
In Argentina, la crisi strutturale del capitalismo — acuita dall’offensiva della borghesia contro la classe lavoratrice — si esprime brutalmente sotto il governo di Javier Milei e Victoria Villarruel. Il loro programma economico, politico e ideologico, caratterizzato da un feroce aggiustamento di bilancio, dalla cessione della sovranità e dalla repressione sistematica, risponde fedelmente agli interessi del capitale monopolista, sia locale che straniero.
Nel contesto del sistema imperialista globale, il nostro Paese sta subendo un saccheggio da parte dei monopoli nazionali e internazionali che, nel calore del cosiddetto “Piano Motosega”, avanzano senza tregua sulle nostre risorse naturali, cedendole al miglior offerente; in cambio, il popolo riceve salari da fame, una devastante riduzione del potere d’acquisto e un crescente indebitamento che ipoteca il futuro di intere generazioni di lavoratori.
Questo ciclo di dominazione imperialista e sottomissione dello Stato agli organismi finanziari internazionali si sostiene con un brutale aggiustamento di bilancio che si traduce, giorno dopo giorno, in migliaia di licenziamenti, in un aumento generalizzato del costo della vita e nel deterioramento di tutte le condizioni materiali di esistenza delle masse popolari.
All’offensiva economica si aggiunge l’apparato repressivo dello Stato, comandato da Patricia Bullrich, che scarica tutta la sua violenza contro lavoratori, studenti e settori mobilitati che si oppongono alle politiche di fame del governo nazionale. La brutale repressione del 12 marzo è una prova esplicita: il compagno Pablo Grillo è in terapia intensiva come conseguenza diretta dell’azione criminale delle forze di sicurezza, e settimana dopo settimana la repressione, anziché fermarsi, si è intensificata.
Il governo di Milei, il governo dei monopoli, ha anche coloro i quali garantiscono la sua governabilità, cioè coloro che, volendo presentarsi come opposizione, votano le leggi e non si mobilitano; al contrario, chiamano costantemente alla smobilitazione e ad evitare il confronto diretto con il governo, perché, come accade spesso con queste fazioni della borghesia (come il peronismo), tessono accordi per i loro interessi di classe, mentre la classe operaia e il popolo argentino affondano nella miseria, nella disoccupazione e nell’assenza di un futuro degno.
Noi comunisti sosteniamo che non esiste un modo in cui la situazione della classe operaia e del popolo argentino possa migliorare all’interno dei limiti del sistema capitalistico, non crediamo che il capitalismo possa essere riformulato o possa avere un volto più “umano”. Al contrario, sosteniamo che finché il modo di produzione che si appropria del prodotto sociale per il guadagno di pochi continuerà ad esistere, i problemi attuali non saranno risolti, perché questi problemi non possono essere risolti da un governo “progressista” e socialdemocratico con un po’ di assistenza sociale, ma solo con la presa del potere da parte della classe operaia, la costruzione del potere operaio e la pianificazione centralizzata, in sintesi: il socialismo-comunismo.
Oggi i grandi compiti che abbiamo davanti come classe sono l’unione del movimento operaio e popolare, la creazione di un grande Centro Coordinatore delle Lotte, la costruzione di un piano attivo di lotta per rompere il Piano Motosega che non solo lotti per le piccole e grandi rivendicazioni, ma anche per la lotta politica per il potere, e allo stesso tempo avanzare in termini di organizzazione e risposte più rigide alla classe capitalistica al potere che giorno dopo giorno ci saccheggia, ci reprime e ci fa l’austerità.
La garanzia della vittoria della classe operaia nei compiti posti, sia tattici che strategici, è la consolidazione e lo sviluppo del partito politico dei lavoratori argentini, il Partito Comunista Argentino, che si arma e si nutre della potente scienza del marxismo-leninismo.
Il nemico di classe non esita a usare tutti gli strumenti a sua disposizione per garantire i profitti dei grandi capitalisti. Di fronte a questo, solo l’organizzazione combattiva, l’unità del movimento operaio e popolare, e la costruzione di un’alternativa rivoluzionaria possono aprire una via favorevole alla classe operaia e al popolo argentino.
Viva il Primo Maggio!
Viva la classe operaia!
Abbasso la guerra imperialista!
Rompiamo il piano motosega di Milei-Villaruel con la forza operaia del martello e della falce!
Proletari di tutti i paesi, unitevi!
Partito Comunista di Turchia (TKP): Partecipazione di massa del TKP al 1° Maggio. “Non ci inginocchieremo davanti al padrone o al tiranno”
Dal Partito Comunista di Turchia (TKP)
2 maggio 2025
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Il Partito Comunista di Turchia (TKP) ha partecipato massicciamente al Primo Maggio 2025 in tutto il Paese. In 30 province, i lavoratori hanno marciato con il corteo del TKP.
Il 1° maggio, giorno dell’unità, della lotta e della solidarietà della classe operaia, decine di migliaia di lavoratori si sono riuniti nonostante il tempo piovoso e freddo per la manifestazione a Kadıköy, Istanbul.
I sindacati, le organizzazioni dei lavoratori e i partiti politici hanno marciato da Haydarpaşa e Söğütlüçeşme fino alla piazza del molo di Kadıköy per la manifestazione che si è tenuta nella piazza del molo di Kadıköy.
Il TKP ha allestito un palco a Söğütlüçeşme
Nell’area del concentramento del TKP a Söğütlüçeşme è stata allestita un palco: gli artisti Senan Kara e Orhan Aydın hanno rivolto al corteo poesie e il Coro d’Ottobre, guidato dall’artista Gülcan Altan e dal direttore Haluk Polat, ha rivolto al corteo inni e canti.
Anche il segretario generale del TKP, Kemal Okuyan, ha tenuto un discorso.
Okuyan ha dichiarato: “Lo stato del nostro mondo è lo stesso della Turchia. 750 milioni di persone nel mondo lottano per non morire di fame. 150 milioni di persone nel mondo non hanno un tetto sopra la testa. Il numero reale di disoccupati nel mondo è di 450 milioni. 750 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità. Inoltre compagni, 720 milioni di persone nel mondo si trovano in condizioni di profonda ed estrema povertà. Il loro reddito mensile è di circa 2400 lire o meno (55€, NdT). Compagni, sapete perché vi sto dicendo tutto questo? Noi stiamo già vivendo questa povertà e questa ingiustizia come la grande maggioranza del Paese. Ma tutto il mondo è così. Di fronte alla sofferenza di miliardi di persone, una manciata di ricchi ha enormi ricchezze. Ora vi chiedo: questi super-ricchi, proprietari di holding, di monopoli, sono più intelligenti di voi, compagni?”.
Continuando il suo discorso dopo che si sono levate le voci del “No”, Okuyan ha chiesto: “Allora questi ricchi, questi padroni sono più laboriosi di voi?”.
Affermando che la risposta alla domanda “Perché è così?” è molto semplice, Okuyan ha detto: “Qualcuno si è impadronito di tutte le risorse del mondo, risorse energetiche, miniere, fabbriche, imprese, terreni agricoli, allora perché le persone sono affamate, povere, senza elettricità, perché sono senza casa? Compagni, è per questo che ci siamo riuniti sotto la pioggia, vogliamo i nostri diritti”.
Okuyan: dobbiamo prendere il potere politico
Chiedendo “Quali sono i nostri diritti?” Okuyan ha ricordato lo slogan “Fabbriche, campi, potere politico, tutto sarà per il lavoro” e ha usato le seguenti espressioni:
“Compagni, il potere politico è l’ultimo passo, la prima cosa che dobbiamo fare. Quelli di noi che alzano le bandiere più in alto qui per la nostra salvezza, quelli di noi che dicono ‘Viva il 1° maggio’ devono prendere il potere politico”.
“La Turchia è un grande Paese, dobbiamo moltiplicarci”, ha detto Okuyan:

Kemal Okuyan, Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia
“Oggi è la festa del lavoro. Cosa rappresenta per noi? Oggi è un giorno di lotta. Per prima cosa dobbiamo renderci conto che siamo tutti e solo lavoratori. Tra di noi ci sono pensionati che sono condannati a morte da questo ordine. I pensionati sono lavoratori. Tra di noi ci sono studenti della classe operaia che devono lavorare per continuare la loro istruzione, che aiutano le loro famiglie, fanno parte della classe operaia. Ci sono corrieri tra noi che corrono da qui a lì, che vengono rimproverati quando sono in ritardo, che cercano di essere trasformati in commercianti, che hanno incidenti e muoiono mentre si spostano da un posto all’altro. Fanno parte della classe operaia.
Abbiamo minatori che vengono sepolti vivi sottoterra, che producono valore sottoterra. Fanno parte della classe operaia. I lavoratori comunali, i lavoratori del settore tessile, i lavoratori delle cucine e dei servizi, gli operatori sanitari, i lavoratori dell’istruzione, coloro che lavorano nelle piazze e fissano lo schermo di un computer per 10 ore al giorno sono classe operaia. Per prima cosa dobbiamo rendercene conto. Dobbiamo dire che siamo lavoratori per poter conquistare il potere politico. Se dimentichiamo che siamo lavoratori, continueranno a sfruttarci e a farci vivere in povertà. Prima ci renderemo conto di essere lavoratori, poi diremo questo: noi, coloro che vivono del proprio lavoro, coloro che creano, producono, aggiungono valore, non abbiamo bisogno di parassiti e sfruttatori”.
Il partito dei lavoratori al potere
“Guardate, abbiamo una festa preziosa, il 29 ottobre, la Festa della Repubblica. Non possiamo celebrare la Repubblica nel giorno della Festa della Repubblica. Perché?”, ha chiesto Okuyan, facendo notare che i lavoratori e gli operai sono diventati ospiti di questo Paese, che hanno creato pagando con il sangue dei contadini poveri.
Okuyan ha detto: “I parassiti, gli sfruttatori, i proprietari si sono impadroniti dell’intero Paese. Non abbiamo bisogno di parassiti e parassitismi in questo Paese. Per questo dobbiamo prendere il potere politico. Dobbiamo nazionalizzare tutto, tutto da cima a fondo”, ha detto.
Okuyan ha aggiunto: “La condizione per la conquista del potere politico da parte dei lavoratori è fare politica. La politica non si fa sui social media o davanti alla televisione. La politica si fa lottando per 20 ore sotto la pioggia, quando è necessario. La politica si fa sfidando l’ordine per strada, in fabbrica, a scuola. La politica si fa nel partito della classe operaia. Gli operai al partito, il partito al potere. Viva la rivoluzione, viva il socialismo per una Turchia socialista dove celebreremo una vera festa della classe operaia con questa determinazione”.
Il presidente provinciale del TKP Istanbul Dincel: non perdoniamo il TÜSİAD (la Confindustria turca, NdT)
Poi il corteo del TKP ha marciato con lo striscione “Non ci inginocchieremo davanti al padrone o al tiranno”. Dopo la manifestazione in piazza Kadıköy Dock, il corteo ha marciato verso Altıyol.
Il presidente provinciale del TKP di Istanbul, Ahmet Dincel, ha tenuto un discorso davanti alla statua del Toro e ha detto al corteo: “Siamo arrabbiati con tutti coloro che rappresentano questo ordine. La nostra rabbia aumenta di giorno in giorno, ma c’è qualcosa che accompagna la nostra rabbia. La nostra speranza, la nostra fede nella classe operaia turca. Benvenuti a coloro che uniscono queste due cose e le organizzano”.
Dincel ha affermato che continueranno a sollevare questa rabbia organizzata contro coloro che ci rubano le ricchezze e i politici di establishment che li rappresentano, e la porteranno nel campo della politica, e che aumenteranno la lotta della classe operaia.

Presidente provinciale del TKP Istanbul Ahmet Dincel
Dincel ha affermato che si cerca di affogare i lavoratori nell’oscurità affinché una manciata di padroni possa fare profitti e ha detto: “Non devono confondere il Partito Comunista di Turchia con altri partiti. Il TKP non si accontenta di poco. Il TKP non si sottometterà a questa oscurità”.
Celebreremo il 1° maggio, ma possiamo accettare che sette e congregazioni siano la realtà di questo Paese? Festeggeremo il 1° maggio, ma possiamo chiudere gli occhi sul fatto che l’istruzione e la sanità continuano a essere a pagamento? Il TKP non si sottomette alla politica di comando e all’ipocrisia. Il TKP non è un partito ipocrita. Festeggeremo il 1° maggio, continueremo a gridare che il nostro obiettivo è il capitale. Non chiudiamo gli occhi di fronte al TÜSİAD. Vogliamo questo Paese, vogliamo il potere”.
Nel frattempo, il corteo ha intonato “TÜSİAD vattene, questo Paese è nostro”.
Il pessimismo è vietato
“Non permetteremo che la classe capitalistica si appropri di ciò che il popolo turco ha guadagnato a costo del proprio sangue e delle proprie vite. Continueremo a difendere il diritto della classe operaia di fare politica ovunque”, ha proseguito Dincel nel suo discorso:
“Partiamo da qui con una promessa. Il pessimismo è vietato, compagni. C’è il buio, sì, ma il pessimismo è vietato. Ogni volta che vi sentite pessimisti, continuate ad abbracciare il vostro compagno, il vostro partito, la classe operaia della Turchia”.
Osservando che tutto ciò che affligge i lavoratori in questo ordine è il prodotto dello sfruttamento, Dincel ha concluso le sue parole dicendo: “Un saluto a coloro che portano avanti la lotta di Mustafa Suphis, che ha dedicato la sua vita alla fondazione del TKP 105 anni fa, fino ad oggi”.
L’entusiasmo del 1° maggio ad Ankara
Ad Ankara, i lavoratori si sono riuniti in mattinata davanti al Centro culturale Atatürk di Ulus per le celebrazioni della Festa del lavoro del 1° maggio.
Nell’area del concentramento, dove si sono riunite le organizzazioni professionali, i sindacati e i partiti politici, i lavoratori si sono preparati per la marcia con canti e slogan. Il corteo si è riunito in via Kazım Karabekir e ha marciato verso piazza Tandoğan.
Il Partito Comunista di Turchia (TKP) ha formato il suo spezzone con lo striscione “Non ci inginocchieremo davanti al padrone o al tiranno”, mentre migliaia di residenti di Ankara dei quartieri, lavoratori delle fabbriche e la Gioventù Comunista di Turchia hanno preso posto nel corteo.
Dopo la marcia, la massa ha raggiunto piazza Tandoğan, dove si sarebbe tenuta la manifestazione. Poi è iniziato il comizio. Durante il comizio sono state rilasciate dichiarazioni sul 1° maggio. Dopo i discorsi, si è tenuto un concerto.
Presidente provinciale TKP Ankara: Oggi è un giorno di sfida
Lo spezzone del TKP che ha partecipato alla manifestazione ha poi allestito la propria tribuna di fronte alla stazione della metropolitana di Maltepe.
Il membro del Comitato centrale del TKP e presidente provinciale del TKP di Ankara, Ali Ufuk Arikan, ha iniziato il suo discorso inviando i saluti alla “nostra classe operaia che ha costruito il Paese con il sudore della fronte”.
Arikan ha salutato i giovani di Ankara, della METU (Università Tecnica del Medio Oriente, NdT), di Cebeci, di Beytepe e dei campus di tutto il Paese che hanno detto “Non ci sottometteremo all’AKP” e ha affermato “I giovani che mostrano la volontà di proteggere questo Paese sono qui!”.
Arikan: “Questo sistema uccide ogni giorno almeno 5 dei nostri lavoratori. Non basta, ora hanno messo gli occhi sugli studenti delle scuole superiori. In un solo anno hanno ucciso 14 studenti delle scuole superiori nel nome del MESEM (Centro di Formazione Professionale, NdT). Hanno messo illegalmente gli insegnanti alla porta. Ma gli studenti delle scuole superiori non si sono arresi, hanno difeso le loro aule, le loro scuole e le loro piazze. Oggi sono qui, un saluto agli studenti delle scuole superiori!”
Nel frattempo, il corteo ha intonato gli slogan “Gli studenti organizzati non si piegano!”.
Arikan ha rivolto un saluto alle lavoratrici e ai lavoratori che non si sottomettono all’oscurantismo dell’AKP, e le sue parole sono state accompagnate dagli slogan “Viva le donne, che il vostro ordine fallisca!” del corteo.
Il presidente provinciale del TKP di Ankara ha dichiarato: “Oggi è il nostro giorno: il giorno della classe operaia, dei giovani, delle donne, dei lavoratori che fanno la Turchia. Oggi è un giorno di sfida. Sfidiamo l’oscurantismo, il bigottismo di questo ordine, coloro che ci vedono come sudditi, coloro che siedono nei palazzi e pensano di essere sultani. Sfidiamo una manciata di parassiti, sette e congregazioni che fanno passare l’inferno alla classe operaia dall’alto dei loro palazzi di proprietà”. La massa ha scandito gli slogan “Stop alla Sharia, al fascismo, alle tenebre!”.
“Abbiamo una lotta, non ci sottometteremo a questa ingiustizia”

Presidente del TKP di Ankara Ali Ufuk Arikan
Arikan ha proseguito il suo discorso come segue:
“Compagni, è così che si celebra la giornata della classe operaia, con questa volontà. Ma non ci fermeremo qui. Oggi guardiamo a questo Paese. I padroni dicono: ‘I salari degli operai sono troppo alti, dobbiamo trasferire le fabbriche in Egitto?’. Risparmiano milioni di dollari con il nostro sudore, ma non basta. Il salario minimo è di 22.000 lire (500€), il limite della fame è di 24.000 lire (550€). La soglia di povertà è di 76.000 lire (1700€). I nostri pensionati che hanno lavorato per anni sono pagati 14.000 lire (320€). E allora, se non sfidiamo questo sistema, cosa dobbiamo fare? Se non ci ribelliamo a questo ordine ingiusto, che senso ha? Noi proclamiamo che non ci inchineremo, non ci inginocchieremo. Abbiamo una lotta, non ci sottometteremo a questa ingiustizia!”
Affermando che il capitale ha lanciato la sfida ai lavoratori con “i salari minimi, i femminicidi, le morti nelle scuole superiori e i miliardi di dollari che hanno accumulato”, Arikan ha detto: “Ci hanno ritenuto degni della povertà e si sono gettati nella comodità di aziende e ville. Ci hanno sfidato liquidando la Repubblica. Noi, invece, proteggeremo la Repubblica e ristabiliremo una Repubblica equa e libera. Questo Paese è nostro!”, ha detto.
“Il capitale se ne vada, questo Paese è nostro!”, hanno scandito gli slogan del corteo del TKP.
“Sarete voi a inginocchiarvi, con i vostri palazzi e i vostri padroni!”
Arikan ha proseguito:
“Loro hanno sfidato il popolo con le loro holding, le loro confraternite religiose, le loro sette, con i Koç e i Sabancı (due delle famiglie più potenti e ricche della Turchia, NdT). E noi chiediamo: in questi ultimi 23 anni, Koç o Sabancı si sono mai rattristati, anche solo per un secondo? Con le ricchezze che hanno accumulato e con la complicità dell’AKP hanno saccheggiato le risorse di questo Paese. Faremo i conti con le holding ladre, con l’ordine ladro! Dicono: ‘Abbiamo distrutto la Repubblica, ora c’è il nostro Nuovo Ordine Ottomano’. Ma si sbagliano. La gioventù di questo Paese, le lavoratrici e i lavoratori, la classe operaia, non si inginocchieranno mai davanti al vostro sistema. Sarete voi a piegarvi! Davanti alla volontà della classe operaia, delle donne, del popolo, sarete voi a inginocchiarvi, con i vostri palazzi e i vostri padroni!
Compagni, noi amiamo profondamente questo Paese. Lo amiamo abbastanza da non consegnarlo a sette religiose, confraternite, all’AKP, al palazzo del potere. Per questo lanciamo un appello alla lotta. Il Partito Comunista di Turchia vi propone la militanza. Oggi è il momento di decidere. Che questo Primo Maggio 2025 sia il giorno in cui abbiamo sfidato questo sistema, il giorno in cui con la nostra forza organizzata abbiamo fatto tremare i padroni. Se saremo organizzati, loro — coi loro palazzi, i loro padroni, le loro confraternite — si inginocchieranno. Grazie a voi, questa volontà rossa si rafforzerà. Le fabbriche, le terre, il potere politico: tutto sarà del lavoro!”
Smirne in piazza il 1° maggio: il mondo si sta creando nelle nostre mani

Il membro del Comitato Centrale del TKP Savaş Sarı
Migliaia di lavoratori di Smirne sono scesi in piazza per celebrare il 1° maggio. Decine di migliaia di lavoratori hanno partecipato alla manifestazione indetta dal comitato organizzativo formato da sindacati e camere professionali. I cittadini si sono radunati nel centro della città e si sono riuniti in piazza Gündoğdu camminando in 4 colonne.
Il TKP si è riunito di fronte alla stazione di Alsancak alle 11.00 e ha allestito una tribuna. Il lavoratore in subappalto dell’IBB (la municipalità di Istanbul, NdT), Doğukan Bayar, che ha protestato per giorni per rivendicare i suoi diritti e ha riconquistato il suo posto di lavoro, ha parlato per primo. “Se siamo disoccupati e precari, se pensiamo a come sbarcare il lunario ogni giorno, oggi è il momento di costruirne uno migliore”, ha detto. “Il mondo è creato nelle nostre mani. Se ci uniamo, nessuno può opporsi a noi”.
“In questo sistema non c’è futuro per la classe operaia”
Anche Savaş Sarı, membro del CC del TKP, ha tenuto un discorso. Sarı ha dichiarato: “Le ricchezze del Paese, il valore creato per decenni con il lavoro della classe operaia è stato saccheggiato con un’avidità inconcepibile, e ciò che è rimasto continua a essere saccheggiato. Noi viviamo a Smirne. Sperimentiamo ogni giorno quale grande saccheggio sia la privatizzazione, quale crimine contro il popolo. È passato più di un anno. Sappiamo che la causa principale dell’omicidio di due giovani in mezzo alla strada per folgorazione è stata la mancanza di pianificazione e l’avidità di profitto causata dalla privatizzazione”.
“È un quadro pesante in cui una grande ricchezza è concentrata nelle mani di una manciata di padroni e di aziende e milioni di lavoratori lottano con la povertà”, ha detto Savaş Sarı:

Presidente provinciale del TKP di Smirne Tuğçe Sezen Gedik
“Hanno trasformato la Turchia in un paese dove denaro, politica e religione si intrecciano, in cui le confraternite religiose scorrazzano liberamente. Cercano di sottomettere lavoratori e giovani attraverso queste sette. E ciò che abbiamo vissuto nel mese di marzo è la prova che il governo dell’AKP è arrivato al punto di calpestare ogni norma e ogni legge, fino a violare il diritto dei cittadini di eleggere ed essere eletti.
Un sistema basato sullo sfruttamento, sul saccheggio e sulla rapina, che genera una disuguaglianza e un’ingiustizia enormi, e che per sostenersi ricorre a una violenza crescente. In un sistema del genere, non c’è alcun futuro per la classe operaia.
Ma lo sappiamo: la nostra rabbia potrà trasformarsi in qualcosa di diverso solo se saremo una forza organizzata, se lotteremo per una Turchia in cui tutti siano uguali, in cui non esista lo sfruttamento, una Turchia che ci spetta di diritto. Solo allora la nostra collera non ci soffocherà, ma diventerà il terrore dei parassiti!”
Parlando alla fine dell’incontro del TKP del 1° maggio a Smirne, il presidente provinciale del TKP di Smirne Tuğçe Sezen Gedik ha detto: “Chiediamo ancora una volta ai nostri compagni che hanno riempito queste piazze con il TKP di rafforzare la lotta insieme”.
Lavoratori di Eskişehir con una sola voce: “In questo paese c’è chi non si sottomette a bigotti e tiranni!”
Centinaia di persone a Eskişehir si sono riunite con il corteo del TKP alle 10.00 vicino alla fermata del tram di Atatürk Boulevard per celebrare il 1° maggio.
Da lì la massa ha marciato verso piazza Odunpazarı per raggiungere l’area della manifestazione e poi il parco Yediler.

Membro del CC del TKP Ömer Faruk Erol
Il membro del CC del TKP Ömer Faruk Erol, Suzan Şahin a nome dei Comitati di Solidarietà delle Donne e Bahadır Sökel a nome della Gioventù Comunista di Turchia hanno tenuto discorsi al Parco Yediler.
Il membro del CC del TKP, Erol, ha dichiarato: “Questo non è uno spazio di festa in questo sistema; questo è uno spazio di lotta, dove si sente la voce di milioni di persone che sono state ignorate.”
Erol ha sottolineato che, mentre il Primo Maggio viene celebrato, milioni di lavoratori sono schiacciati dalla ruota dello sfruttamento e ha ricordato che questo sistema non promette altro che fame, disoccupazione e insicurezza.
Affermando che il 19 marzo il popolo turco ha alzato la voce contro questo ordine e le condizioni di sfruttamento, Erol ha invitato a fare di questo Primo Maggio un punto di svolta sia per Eskişehir che per la Turchia e ha concluso le sue parole dicendo: “Facciamo crescere la nostra lotta organizzata spalla a spalla, fianco a fianco”.
Parlando a nome dei Comitati di Solidarietà delle Donne, Şahin ha iniziato il suo discorso affermando che le donne di questo Paese si svegliano ogni giorno con maggiori difficoltà.
“Come donne, siamo arrabbiate, ma i tiranni non dovrebbero gioire, non siamo mai senza speranza”. Şahin ha concluso le sue parole invitando i presenti a parlare e organizzarsi contro l’oppressione e l’oscurantismo.
Parlando a nome della Gioventù Comunista di Turchia, Sökel ha detto: “Il nostro Paese sta entrando nel 1° maggio sotto il pesante assedio di padroni e sette, stiamo attraversando tempi difficili. Mentre una manciata di minoranze dell’ordine capitalistico si arricchisce, noi, studenti e lavoratori, soffriamo per la povertà e la mancanza di futuro”. “Ma d’altro canto, il nostro Paese sta entrando il 1° maggio con una mobilitazione mai vista dai tempi di Gezi. La luce sta emergendo dal buio pesto, scrollandosi di dosso e sollevandosi dall’oppressione e dall’incapacità dell’AKP di governare”.
Sökel ha detto che i giovani sono usati come forza lavoro a basso costo con progetti come MESEM e che i diritti dei giovani sono lasciati alla mercé del mercato, e ha detto che non si sottometteranno a questo.
“Vogliono che ci pieghiamo a questo sistema di sette e holding, guidato dalla classe capitalistica, all’inferno della privatizzazione, alla brutalità dell’AKP, che restiamo senza organizzazione e soli. Vogliono che facciamo finta di non vedere le sette che nutrono e crescono, che si divertono nelle nostre scuole, per mantenere il loro ordine di saccheggio.” Con queste parole, Sökel ha continuato, aggiungendo “No al saccheggio!” e ha dichiarato:
“Se loro sono organizzati, anche noi lo saremo. Se l’oscurità ci piomba addosso con la sua forza unitaria, anche noi costruiremo l’illuminazione, organizzeremo la luce.”
Sökel ha concluso il suo discorso chiamando tutti i presenti ad organizzarsi sotto le bandiere del Partito Comunista di Turchia.