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Home›Capitale/lavoro›“L’attacco degli imprenditori”: intervista a Emiliano Gentili alla festa Avanguardia

“L’attacco degli imprenditori”: intervista a Emiliano Gentili alla festa Avanguardia

Di Redazione
11/07/2025
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Emiliano Gentili è un insegnante, musicista e appassionato di politica, e ha presentato il suo ultimo libro, “L’attacco degli imprenditori. Indicazioni per chi lotta nei luoghi di lavoro”, alla festa Avanguardia 2025. Il libro propone una riflessione radicale sulle condizioni di lavoro contemporanee, analizzando problemi comuni ai lavoratori in un mercato frammentato e tecnologizzato. Offre strumenti politici e analitici per l’azione sindacale e integra oltre quaranta interviste per restituire una visione dal punto di vista dei lavoratori. Gli aspetti approfonditi durante la presentazione sono stati quelli relativi all’utilizzo della tecnologia sul posto di lavoro, all’intensificazione dei ritmi di lavoro e all’usura fisica e psicologica cui conducono le mansioni operaie, nonostante l’applicazione contraddittoria delle teorie sull’ergonomia del lavoro. 

Una parte del lavoro di ricerca contenuto nel libro è stato affrontato con l’aiuto e il supporto del sindacato Si Cobas di Roma, che ha preso parte alla presentazione con una delegazione di lavoratori. A seguire, l’autore ha risposto a qualche domanda per l’Ordine Nuovo, da cui è nata un’interessante discussione che vi proponiamo di seguito. 

ON: Siamo felici di averti qui ad Avanguardia, un’iniziativa che nasce in una borgata e che punta a intrecciare cultura, impegno politico e momenti di condivisione popolare. Cosa ti ha spinto a essere dei nostri questa sera, presentando il tuo libro?

A me ha fatto piacere già dal momento in cui si è ipotizzata la mia partecipazione ad Avanguardia: la presentazione di questo libro ha rappresentato un momento di confronto tra il Fronte Comunista, il Fronte della Gioventù Comunista e il sindacato SI Cobas. Tra l’altro io ero già venuto qui al Circolo ARCI Concetto Marchesi, sia per l’attività politica, sia come musicista. Mi fa piacere contribuire al dibattito tra i compagni, io infatti non ho tessere sindacali in tasca proprio per poter dare contributi su vari fronti. 

ON: Qual è la tua storia politica, sindacale e militante?

A casa mia sono cresciuto in un ambiente militante fin da piccolissimo, da quando avevo circa 10 anni leggevo i quotidiani e provavo a immaginare cosa avrei fatto io al posto dei protagonisti della vita politica dell’epoca. Al liceo a Roma iniziai a fare politica in prima persona, con contatti nella sinistra extraparlamentare: poi rimasi un po’ deluso dalla politica strettamente territoriale, così iniziai a dare una mano al sindacato Unione Inquilini, ma poi ho deciso, come dicevo prima, di rimanere un “battitore libero” per dedicarmi, senza vincoli, a questo lavoro di ricerca che ho seguito e che ha portato alla pubblicazione del libro “L’attacco degli imprenditori”. 

ON: Hai parlato durante la presentazione del libro della centralità, nel tuo approccio, alla questione dei rapporti di forza – ci spieghi questa cosa della concezione “militare” della politica?

“L'attacco degli imprenditori”: intervista a Emiliano Gentili alla festa Avanguardia

Il dibattito con Emiliano Gentili ad Avanguardia La Festa, 6 luglio 2025

Il titolo del libro rappresenta il mio approccio alla politica ovvero considerarla sul piano dei rapporti di forza, una concezione un po’ militare. Io penso sia una giusta via di mezzo, che ci consente da un lato di avere quella giusta duttilità per essere elastici, capire il contesto e adeguarci di conseguenza; dall’altro lato, avendo sempre in mente degli obiettivi concreti, è un viatico per evitare di scadere nell’opportunismo e nel principismo. Nel momento in cui ti relazioni col tuo massimo ideale, cioè quello del mondo senza classi e senza stati, e basi la tua azione politica su questo, con questo approccio secondo me si riesce a soppesare meglio gli elementi. 

ON: Cosa rappresentano secondo te questi estremi opposti che cerchi di evitare col tuo approccio, opportunismo e principismo?

Io per opportunismo intendo quando si prende atto del contesto di un lavoro politico e ci si adegua, senza nessun limite nel farlo. Principismo, al contrario, è per me lo scegliere la propria postura politica sulla base delle proprie posizioni identitarie. Invece, provare ad affrontare la politica in un modo più pragmatico, basarsi sui rapporti di forza col nemico, verificare ciò che si sostiene sulla base dello scontro col nemico (e non con la correttezza di principio delle posizioni identitarie – cosa che purtroppo facciamo spesso noi tutti), credo rappresenti un avanzamento. E quindi questo è il motivo per cui ho chiamato il libro “L’attacco degli imprenditori”: la considerazione in senso militare della politica.  

ON: In cosa consiste oggi, e negli ultimi anni, quello che chiami l’attacco degli imprenditori?

Gli imprenditori cercano di abbassare il salario, e di aumentare l’orario, o di aumentare i ritmi lavorativi. Questo libro tenta di capire come si articola oggi questo attacco, più che descriverlo in astratto: l’intenzione non era scoprire le categorie della lotta di classe, ma scoprire come funziona concretamente oggi. 

ON: Come mai oggi un manuale politico? Di solito questi temi vengono affrontati dall’accademia. A chi è rivolto questo manuale?

Quando ho scritto questo libro io pensavo, per quanto riguarda la strategia, le idee fondamentali, la struttura del libro, il mio interlocutore è sicuramente il dirigente sindacale. Per quanto riguarda la prosa – e ci sono voluti 4 anni di studi – il mio pubblico è sicuramente quello degli operai: credo che nella maggior parte delle pagine sia riuscito a centrare entrambi gli obiettivi. L’approccio accademico lo rifiuto perché per questo tipo di ricerca i dati vanno raccolti presso i lavoratori, mentre i capitalisti (di cui l’accademia è, volente o nolente, espressione) portano una visione dell’azienda legata ai propri interessi, ponendo il rischio d’impresa come una questione oggettiva anziché una loro scelta. Per la classe capitalistica le condizioni di lavoro fanno parte di questa realtà immutabile del mercato, noi pensiamo invece l’azione dei lavoratori possa cambiare le condizioni di lavoro. L’accademia da un lato è manchevole di una parte della narrazione; dall’altro, non accetto l’aspetto riduzionista, cioè quell’attitudine intellettuale che porta a cercare il più piccolo dettaglio e poi imperniare su quello il significato complessivo dell’analisi. Faccio un esempio sulle condizioni di lavoro: come fanno le aziende a determinare la velocità di scorrimento della catena di montaggio. Per calcolare i tempi ciclo, in cui l’operaio deve fare un certo movimento per un certo numero di volte, viene inserito un correttivo ergonomico che tiene conto dello sforzo che fa l’operaio e, introducendo del tempo in più nel tempo ciclo, garantisce, secondo queste teorie, che il lavoro fatto a quella determinata velocità, con in mano un attrezzo che ha un determinato peso, sia ergonomico e possa quindi essere svolto per tutta la giornata lavorativa. Peccato però che il lavoratore affronta il movimento la prima volta in modo perfetto, poi a lungo andare diventa difficile, usurante ripeterlo: evidentemente non è il dettaglio dell’esecuzione del movimento la realtà ultima, ma bisogna tenere presente una serie di altri elementi di contesto. Questo è un esempio elementare, ma è proprio tutta l’organizzazione aziendale moderna che si sviluppa secondo questi parametri. 

ON: Hai parlato nella tua presentazione di centralità del lavoro dipendente nei processi di trasformazione sociale, “in totale controtendenza”. Al di là del dibattito politico e filosofico, vorremmo chiederti dove nell’organizzazione del lavoro si vedono praticamente gli effetti della diffusione delle varie teorie che postulano il superamento della centralità del lavoro?

“L'attacco degli imprenditori”: intervista a Emiliano Gentili alla festa Avanguardia

Emiliano Gentili, “L’attacco degli imprenditori. Indicazioni per chi lotta nei luoghi di lavoro”, Sensibili alle Foglie, Roma, 2025

Si potrebbe citare come esempio l’aspetto delle competenze sul lavoro, che è l’ultimo capitolo del libro. Tra le rivendicazioni classiche del sindacalismo concertativo, figura il riconoscimento delle competenze sul lavoro, cioè che i lavoratori più specializzati vengano pagati di più e traggono più vantaggi. Secondo dati che ho potuto analizzare e basati su una raccolta statunitense, in realtà il riconoscimento delle competenze sul lavoro ha provocato un abbassamento del salario di coloro i quali svolgono mansioni non qualificate. Come si usa la teoria della perdita della centralità del lavoro dipendente in azienda? Non è una teoria direttamente operativa, come quella della lean production ad esempio, però c’è una retorica, una narrazione si direbbe oggi, dietro alla perdita di centralità del lavoro dipendente e una delle forme che può assumere è quella relativa alle componenti della retribuzione: un lavoratore non specializzato è giusto che non sia centrale nell’azienda, è giusto che prenda di meno, perché il mondo va verso la direzione della marginalizzazione del lavoro dipendente in azienda. Le teorie associate rappresentano una giustificazione di questa dinamica: per un riferimento bibliografico su queste teorie, vi consiglio di Aldo Schiavone “Sinistra!”. 

ON: Il libro è ricco di interviste, a lavoratori, sindacalisti e militanti politici: nel confronto con le diverse condizioni di lavoro e militanza, quali presupposti da cui partivi si sono confermati, e quali ipotesi invece nel confronto concreto sono state trasformate? 

Prima di parlare di cosa si è confermato e cosa si è smentito, io partirei dicendo che il grosso del libro rappresenta ciò che ho scoperto intervistando i lavoratori. Poi una cosa che avevo immaginato in modo diverso è il grado di variabilità, che pensavo fosse molto più contenuta: ad esempio per quanto riguarda le modalità per definire il tempo ciclo, un qualsiasi lavoratore compie lavorazioni molto diverse, ma per analizzare il tempo ciclo occorre individuare quella principale. Ma le razionalizzazioni sono allo stesso tempo delle semplificazioni, e nascondono una variabilità che non mi aspettavo. 

ON: Quali sono le indicazioni più importanti che la tua ricerca può trasmettere al sindacato oggi?

Io vedo l’aumento dei ritmi generalizzato: mi verrebbe da pensare che bisognerebbe chiedere un’indennità da intensificazione, e di tenere conto del deterioramento progressivo della salute man mano che il lavoro si intensifica. Ma non è detto che sia ciò che vuole il lavoratore: questi può voler ottenere in cambio soldi, tempo libero, abbassamento dei ritmi, benefit, azioni aziendali etc… in questo senso indicazioni specifiche non ne ho, ma proporrei appunto di esplorare le rivendicazioni legate all’intensificazione dei ritmi. Spesso questi aspetti ricadono in secondo piano rispetto alla rivendicazione salariale e per il mantenimento del posto di lavoro. 

Nel libro inoltre si parla di tutta una serie di elementi relativi al salario, come IRPEF, pensioni, competenze sul lavoro, eccetera: le conclusioni che ho tratto è che laddove c’è un elemento che ha effetti uniformi e ben prevedibili, come la questione delle pensioni (ad esempio l’innalzamento dell’età pensionabile), su questi aspetti il potenziale di mobilitazione potrebbe essere molto più ampio. 

Infine, quando strutturiamo una rivendicazione, è importante capire che forma darle: è chiaro che deve venire dall’incontro con i lavoratori e dallo scontro con l’azienda, ma dev’essere anche autonoma, indipendente. Mi spiego meglio: noi compagni abbiamo un’identità forte, ma complessivamente a mio parere questa identità non viene messa in gioco. Ci limitiamo a riproporre aspetti della nostra identità, cercando di sovrapporli a quelli della società contemporanea. Mettersi in gioco, in discussione vuol dire per me cercare nella realtà dello scontro la giustezza o meno delle proprie formulazioni. Spero di essere riuscito a dare un contributo valido tramite queste riflessioni.

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