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Piano USA–Israele per Gaza: progetti ignobili per trasformare Gaza in un protettorato americano

Di Redazione
12/10/2025
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Da Rizospastis, organo del Partito Comunista di Grecia (KKE)
4 ottobre 2025
Link all’originale

 

Nel mirino, la resistenza contro l’occupazione e la lotta del popolo palestinese per uno Stato indipendente

Piano USA–Israele per Gaza: progetti ignobili per trasformare Gaza in un protettorato americano

La mappa che accompagna il vergognoso piano degli Stati Uniti conferma la perpetuazione della presenza dell’esercito d’occupazione israeliano a Gaza

Con il nuovo vergognoso piano per Gaza presentato dal Presidente americano D. Trump martedì alla Casa Bianca, affiancato dal Primo Ministro dello Stato israeliano – assassino – B. Netanyahu, gli Stati Uniti, in stretto coordinamento con Israele, cercano di imporre ciò che non è riuscita a ottenere la carneficina condotta dall’esercito d’occupazione israeliano a Gaza dall’ottobre 2023: seppellire il diritto e la lotta dell’eroico popolo palestinese con tutti i mezzi, per uno Stato palestinese realmente indipendente, nei confini del 1967, con capitale Gerusalemme Est e con il ritorno dei rifugiati, sulla base di decine di risoluzioni ONU.

In questo contesto, il cosiddetto piano “di pace” in “20 punti” prevede, tra l’altro, la perpetuazione della presenza dell’esercito d’occupazione israeliano a Gaza, attraverso la presunta “ritirata graduale” in varie zone, senza alcun cronoprogramma definito, con molteplici “asterischi” e condizioni stabilite dallo stesso Israele, così da permettere interventi in qualsiasi momento desideri.

Inoltre, mira senza veli a trasformare la Striscia di Gaza in un protettorato sotto il controllo degli Stati Uniti, con la facciata “internazionale” di un cosiddetto “Consiglio di Pace” presieduto da Trump.

È stato annunciato che in tale “Consiglio”, che controllerà Gaza, avrà un ruolo di primo piano Tony Blair, ex Primo Ministro britannico, noto per il massacro della guerra del 2003 in Iraq, il cui istituto (Tony Blair Institute for Global Change, ndt) è direttamente coinvolto nei piani degli Stati Uniti per trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente” e in un “alleato abramico”, senza Stato palestinese.

Il piano di Trump prevede inoltre lo smantellamento delle organizzazioni palestinesi, lo schieramento di forze militari internazionali, la creazione di “zone economiche speciali” per garantire gli interessi dei monopoli statunitensi e dei loro alleati, e altri simili provvedimenti.

Piano USA–Israele per Gaza: progetti ignobili per trasformare Gaza in un protettorato americano

Gli Stati Uniti e Israele cercano di seppellire il diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente

Continua inoltre a trasformare l’assistenza umanitaria in un “arma”, poiché ne condiziona in modo ricattatorio l’erogazione a Gaza alla sottomissione da parte dei palestinesi nei confronti dell’inaccettabile piano.

I “20 punti” presentati coincidono pienamente con il testo molto più dettagliato di 38 pagine pubblicato alla fine di agosto dal quotidiano Washington Post, relativo al cosiddetto “GREAT Trust” per Gaza, con gli stessi obiettivi precisi di servire gli interessi degli Stati Uniti e di Israele nella regione più ampia, a discapito del popolo palestinese (cfr. Rizospastis, 5/9/2025, p. 15).

Inoltre, l’esperienza molto recente dell’accordo di “cessate il fuoco” in Libano, entrato in vigore il 27/11/2024 e da allora quotidianamente violato da Israele con il sostegno degli Stati Uniti, con oltre 100 libanesi uccisi, dimostra che non è necessario scavare nel passato per comprendere cosa prefiguri il nuovo piano “di pace” per Gaza e cosa significhino le cosiddette “garanzie” previste per i palestinesi…

I punti principali del piano Trump

Già nel primo dei “20 punti” del piano Trump si afferma che Gaza diventerà una “zona de-radicalizzata senza terrorismo” – con Israele e tutti i suoi alleati euro-atlantici che definiscono “radicalizzazione” e “terrorismo” la resistenza del popolo palestinese con tutti i mezzi contro l’occupazione, e la lotta per la creazione di uno Stato realmente indipendente.

Si afferma inoltre che, se il piano sarà accettato, “la guerra terminerà immediatamente” e l’esercito israeliano si ritirerà lungo una linea concordata (una minima ritirata, come appare anche nella mappa pertinente). Entro 72 ore saranno liberati tutti gli ostaggi e, in cambio, Israele rilascerà 250 palestinesi condannati all’ergastolo e altri 1.700 detenuti provenienti da Gaza.

Ai membri di Hamas che si impegneranno in una “convivenza pacifica” con gli occupanti e nel disarmo sarà concessa l’amnistia, mentre sarà garantito un “passaggio sicuro” a chi vorrà lasciare Gaza per altri paesi.

L’organizzazione palestinese è chiamata ad accettare di non avere alcun ruolo nella governance di Gaza, né diretto né indiretto, e che tutte le “infrastrutture militari” saranno distrutte, avviando un processo di “smilitarizzazione” sotto osservatori indipendenti.

Dopo l’accettazione dell’accordo, inizierà l’erogazione dell’assistenza umanitaria a Gaza, attualmente ostacolata dal blocco israeliano, che ha imposto la fame nel territorio palestinese.

La gestione della “quotidianità” a Gaza sarà affidata a un “comitato palestinese tecnocratico e apolitico“.

La supervisione di questo comitato e il vero controllo su Gaza sarà esercitato dal cosiddetto Consiglio di Pace, un “organismo transitorio internazionale” guidato da D. Trump, con un ruolo di primo piano per T. Blair.

Tale Consiglio gestirà i finanziamenti per la ricostruzione di Gaza, “fino a quando l’Autorità Palestinese non completerà il proprio programma di riforme” – cioè fino al pieno allineamento con gli interessi euro-atlantici – in modo che “possa assumere il controllo di Gaza in sicurezza ed efficacia“.

È previsto anche un “piano di sviluppo economico sotto Trump“, tra cui la creazione di una “Zona Economica Speciale” con “condizioni tariffarie e commerciali privilegiate“.

Ipocritamente si afferma che “nessuno sarà obbligato a lasciare Gaza” – mentre il territorio è stato devastato dall’esercito d’occupazione israeliano – e che “chi vuole potrà rimanere liberamente e tornare liberamente“.

Completando le previsioni per il protettorato progettato, si afferma che “gli Stati Uniti collaboreranno con partner arabi e internazionali per dispiegare una Forza Internazionale di Stabilizzazione temporanea (ISF), che sarà immediatamente schierata a Gaza“. L’obiettivo dichiarato è l’addestramento delle forze di polizia palestinesi a Gaza, in consultazione con Egitto e Giordania.

Viene inoltre fornita ipocritamente la garanzia che Israele non occuperà né annetterà Gaza. In realtà, l’esercito israeliano si ritirerà solo gradualmente, cedendo territori all’ISF, sulla base di “modelli, traguardi e cronoprogrammi” per la “smilitarizzazione” concordati tra l’esercito d’occupazione, l’ISF, gli USA e i “garanti“.

Anche nella fase dell’illusorio ritiro completo da Gaza, è previsto che l’esercito israeliano manterrà una “presenza di sicurezza perimetrale” all’interno di Gaza, “fino a quando Gaza non sarà completamente protetta da qualsiasi riaccensione della minaccia terroristica“.

Viene sottolineato in maniera ricattatoria che, se Hamas ritarderà la risposta o respingerà il piano, i suddetti progetti procederanno “in aree libere dal terrorismo“.

Infine, seppellendo il diritto del popolo palestinese a uno Stato realmente indipendente e tutte le relative risoluzioni ONU, si afferma in modo generico e vago che “mentre la ricostruzione di Gaza procederà, e quando il programma di riforma dell’Autorità Palestinese sarà attuato fedelmente, le condizioni potrebbero finalmente essere mature per un percorso affidabile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese“…

Reazioni internazionali

Martedì, appena 24 ore dopo la presentazione del piano Trump alla Casa Bianca, B. Netanyahu ha negato di aver accettato in linea di principio la futura creazione di uno Stato palestinese o che le forze di occupazione si sarebbero ritirate da Gaza.

“Se c’è una cosa detta chiaramente, è che siamo fermamente contrari a uno Stato palestinese”, ha affermato, precisando che l’esercito israeliano “rimarrà schierato nella maggior parte di Gaza”.

Secondo quanto riportato dai media, inoltre, sui punti principali erano state apportate “modifiche” da Israele prima della presentazione del piano, cambiando quanto concordato nelle trattative USA con i paesi arabi.

Nonostante ciò, i principali paesi musulmani e arabi si sono affrettati a salutare il “piano di pace” di Trump, così come hanno fatto i paesi occidentali che nei giorni precedenti avevano proceduto al riconoscimento di uno Stato palestinese con riserve, confermando che le loro “sensibilità” non hanno nulla a che fare con i diritti del popolo palestinese.

In questo contesto, l’Autorità Palestinese ha accettato il piano, lodando gli “sforzi sinceri e instancabili” degli Stati Uniti per porre fine alla guerra.

Hamas si è riservata di rispondere “con responsabilità”, senza rendere immediatamente note le proprie osservazioni, sebbene alcuni membri, intervistati dalla BBC, abbiano lasciato intendere un possibile rifiuto del piano, sottolineando che esso porta il marchio di Israele.

La Jihad Islamica ha respinto il piano, definendolo una “ricetta per il proseguimento dell’attacco contro il popolo palestinese” e un tentativo di Israele di “ottenere ciò che non è riuscito a realizzare con la guerra”.

I governi di Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Pakistan e Indonesia hanno pubblicato una dichiarazione congiunta salutando gli “sforzi sinceri” degli Stati Uniti per porre fine alla guerra a Gaza. Hanno inoltre presentato come successo il fatto che Trump eviterebbe, secondo loro, l’occupazione di Gaza o l’annessione della Cisgiordania.

In Israele, l’accettazione del piano è stata quasi totale tra i partiti borghesi, sia di governo sia di opposizione. A esprimere contrarietà è stato il ministro delle Finanze B. Smotrich, che chiede l’annessione della Cisgiordania e ha definito il piano una “sconfitta diplomatica”.

Il ministero degli Esteri russo ha valutato positivamente il piano, affermando che la sua applicazione “con successo” dovrebbe aprire la strada a un “dialogo costruttivo” tra israeliani e palestinesi per risolvere tutte le controversie “su basi internazionalmente riconosciute”, per la creazione di uno “Stato palestinese indipendente che viva in pace e sicurezza con Israele”.

La Cina ha sostenuto il piano, dichiarando di “appoggiare tutti gli sforzi” per la de-escalation delle “tensioni tra Palestina e Israele” e chiedendo l’attuazione “delle relative risoluzioni dell’ONU”.

Il presidente del Consiglio Europeo, A. Costa, ha invitato tutte le parti a cogliere l’occasione per dare “una vera opportunità alla pace”, aggiungendo che la soluzione dei due Stati “rimane l’unica strada percorribile per una pace giusta e duratura in Medio Oriente”.

Il ministro degli Esteri tedesco G. Wandervool ha definito il piano “un’opportunità unica per porre fine all’orribile guerra”.

Il presidente francese E. Macron ha espresso la speranza che Israele “si impegni con decisione” nel piano, aggiungendo che Hamas “non ha altra scelta”.

Il primo ministro britannico K. Starmer ha esortato tutte le parti coinvolte “a collaborare e lavorare” con gli Stati Uniti “per completare l’accordo”.

Il primo ministro spagnolo P. Sánchez ha salutato positivamente il piano, affermando che è giunto il momento per “porre fine alla violenza, liberare immediatamente gli ostaggi e fornire assistenza umanitaria ai civili”.

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