L’approvazione della “Ley Bases” e la situazione nell’Argentina di Milei
L’elezione di Milei alla Presidenza della Repubblica nel dicembre 2023 ha significato l’affermazione in Argentina di un governo di chiara connotazione antipopolare: di fronte alla situazione sociale ed economica molto difficile (più della metà degli argentini vive in povertà) gli obiettivi dichiarati dal governo sono l’accelerazione delle privatizzazioni e la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Le riforme economiche promesse in campagna elettorale da Milei prendono forma nella “Ley Bases”, riduzione del bocciato progetto di legge precedente “Ley Omnibus”: il 12 giugno, giorno dell’approvazione del provvedimento al Senato, è stato caratterizzato da violenti scontri a Buenos Aires tra la polizia e i manifestanti anti-governativi, con decine di feriti e arresti.
Per comprendere meglio le implicazioni di questa strategia del governo argentino riportiamo di seguito una risoluzione del Comitato Centrale del Partito Comunista Argentino, che ne analizza i punti principali rispetto agli effetti sui lavoratori e sulle classi popolari. Buona lettura.
Redazione
Ley Bases: la legge dei monopoli
Il 12 giugno, tra proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro il proletariato e il popolo argentino, è stata approvata la Ley Bases, che rappresenta una nuova e immensa offensiva della borghesia contro la nostra classe, nonché uno strumento per la massimizzazione dei profitti dei monopoli locali e stranieri, a costo che i lavoratori continuino a portare sulle loro spalle la crisi aggravata dal governo antioperaio e antipopolare di Javier Milei e Victoria Villarruel.
La Ley Bases ha significato un enorme passo avanti nell’implementazione del piano economico del Fondo Monetario Internazionale. Mentre il FMI esige la legge sull’imposta sul reddito, la razionalizzazione dei sussidi, il controllo della spesa e una politica di cambio più flessibile, il 13 giugno, un giorno dopo la seduta del Senato, è stata approvata l’erogazione di 800 milioni di dollari per il nostro Paese, in un chiaro gesto di approvazione della gestione e dei feroci risultati del governo di Javier Milei. Questa approvazione si inserisce nell’ambito dei controlli approfonditi che il Fondo ha effettuato nel nostro Paese a partire dagli accordi presi da Sergio Massa, all’epoca superministro dell’Economia; e oggi costituisce l’apertura di una nuova fase in Argentina, consolidando il piano economico che il governo di Javier Milei, con Luis Caputo a capo, ha deciso di realizzare.
Tra negoziati, tangenti e sostegno di diverse fazioni della borghesia, sono riusciti ad approvare una delle peggiori leggi dal ritorno della democrazia, il che significa un grande passo indietro in termini di diritti conquistati. Lo si può vedere con il Regime di Incentivi per i Grandi Investimenti (RIGI), che avvantaggia direttamente il capitale con un progetto estrattivista. Sebbene anche la borghesia locale vi si opponga, denunciando una concorrenza sleale, noi comunisti non prendiamo le parti degli imprenditori argentini, poiché lo sfruttamento non distingue tra capitale straniero e capitale locale; né riconosciamo i loro tentativi di proclamare la difesa della “sovranità”, poiché con ciò cercano di mantenere lo sfruttamento del nostro suolo unicamente nelle mani dei monopoli locali. Al contrario, denunciamo che la RIGI apre la strada alla massimizzazione dei profitti capitalistici, in questo caso del capitale straniero. Per questo la proposta dei comunisti di fronte alla RIGI e a diversi punti della Ley Bases è che le leve dell’economia siano nazionalizzate sotto il potere dei lavoratori, ma non in questo sistema di sfruttamento e saccheggio, bensì in un sistema in cui le risorse siano utilizzate all’interno di una pianificazione a beneficio delle maggioranze.
All’interno della Ley Bases, una delle grandi vittorie della borghesia è stato il pacchetto di riforme del lavoro, che non solo avvantaggia i monopoli stranieri, ma la classe capitalista nel suo complesso: da un lato, con l’estensione dei periodi di prova da tre a sei mesi, con la possibilità di un’estensione a otto mesi nelle PMI con un numero di lavoratori compreso tra sei e cento, e fino a un anno nelle aziende con meno di cinque dipendenti; dall’altro lato, con l’eliminazione dell’indennità di licenziamento, sostituita da un “fondo” istituito a partire dalla contrattazione collettiva, si consente una maggiore flessibilità del lavoro e minori disagi per i padroni quando si tratta di licenziare i lavoratori, il che significa un grave attacco ai diritti strappati alla borghesia in questo regime. I comunisti hanno le idee chiare sui diritti del lavoro, poiché lottiamo per migliori salari, migliori condizioni di lavoro e per conquistare nuovi diritti, tra le altre lotte, ma il problema di fondo risiede nel modo di produzione in cui vive la classe operaia in Argentina e in quasi tutto il mondo, dove l’estrazione di plusvalore che va a finire nelle tasche dei parassiti capitalisti genera le grandi disuguaglianze della nostra società divisa in classi. Il socialismo in Unione Sovietica e nei Paesi dell’Est può dare una testimonianza sulle conquiste che riguardano i diritti dei lavoratori, quindi i comunisti hanno diversi compiti davanti a sé: da un lato lottare per le rivendicazioni della nostra classe, dall’altro lato il nostro compito principale è cambiare il modo di produzione, prendere il potere, socializzare i mezzi di produzione in mano ai capitalisti nelle mani dei lavoratori e costruire un governo in cui il potere sia nelle mani della classe operaia, in cui l’economia sia pianificata per i bisogni del popolo e non per i bisogni di una minoranza.
Un altro dei centinaia di articoli deleteri riguarda i poteri delegati approvati in questo disegno di legge, in cui si permette al governo dei monopoli di legiferare su questioni “amministrative, economiche, finanziarie ed energetiche”, in violazione delle libertà democratico-borghesi. Sebbene i comunisti sappiano che il parlamento, in tutte le sue dimensioni, avvantaggia solo una classe sociale e che le dispute sono per lo più tra blocchi capitalistici contrapposti a vantaggio dei monopoli che rispondono all’una o all’altra parte, denunciamo la chiara intenzione del governo di Javier Milei di portare avanti un’offensiva raramente vista in un governo eletto, contro gli interessi della classe operaia e, in questo senso, senza passare attraverso alcun organo legislativo.
D’altra parte, la privatizzazione delle aziende pubbliche rappresenta ancora una volta la svendita del bene pubblico: come nel caso dell’AYSA, mettendo in vendita le funzioni stesse dello Stato, poiché è ridicolo pensare che un’azienda privata possa avere l’intenzione di realizzare, ad esempio, una rete fognaria o di acqua potabile in un quartiere, quando il suo interesse principale è quello di massimizzare i propri profitti, non di occuparsi di ciò che è di sua competenza. La parziale sconfitta politica del governo con l’eliminazione di alcuni articoli ha impedito la privatizzazione di YPF, che avrebbe significato che ancora una volta, come negli anni ’90, l’Argentina avrebbe comprato petrolio da una compagnia internazionale, quando l’idrocarburo veniva estratto nel nostro Paese, sul suolo nazionale; ma, come ha già annunciato il portavoce presidenziale, il governo riproporrà nuovamente tutti gli articoli cassati. Noi comunisti insistiamo sul fatto che non c’è sovranità nazionale senza potere operaio, non c’è distribuzione delle risorse senza un governo che pianifichi in base alle necessità del Paese; in questo sistema di capitalismo monopolistico non c’è sovranità nazionale, poiché i diversi monopoli influenzano questo o quel settore della borghesia dominante per garantire i loro profitti.
Nella stessa direzione, nonostante la bocciatura della parte del provvedimento sulla previdenza, si colloca anche l’eliminazione della moratoria che permetteva a chi non aveva il numero necessario di anni di contributi, cioè 30 anni, di effettuare il versamento della differenza e, quindi, di accedere alla pensione, eliminazione sulla quale il governo ha promesso di dare battaglia nel secondo passaggio alla Camera del provvedimento; sempre nella stessa direzione l’aumento dell’età pensionabile, che viene estesa a 65 anni senza distinzione di genere, e alle modifiche della tassa unica sociale, che colpisce direttamente e apertamente i lavoratori più precari. È importante sottolineare che queste modifiche hanno un profondo carattere di arretramento dei diritti e fanno parte di un chiaro attacco contro le lavoratrici, poiché questa modifica blocca il processo di riconoscimento dei compiti di cura che, per la maggior parte, sono svolti dalle donne, come nel caso delle cosiddette casalinghe, nonché delle lavoratrici impegnate anche nel lavoro di cura, che nella maggior parte dei casi lavorano in modo informale, precario ed esternalizzato.
La Ley Bases e questo feroce attacco alla classe operaia non si sarebbero potuti realizzare senza la partecipazione attiva delle diverse correnti della borghesia, soprattutto di quelle che si sono alternate al potere statale negli ultimi 70 anni: il peronismo e il radicalismo. Il radicalismo ha garantito il quorum e le votazioni, mentre il peronismo ha svolto un ruolo cruciale nell’assicurare la vittoria della Ley Bases.
Il peronismo, che è la principale forza che garantisce la governabilità della borghesia argentina e lotta costantemente per mantenere l’armonia tra capitale e lavoro, attraverso la sua dirigenza sindacale burocratica non ha indetto uno sciopero di fronte a una simile offensiva contro i lavoratori; la sua mobilitazione è stata testimoniale, ritirandosi in anticipo, mentre tre senatori del Partito Giustizialista, che si sono insediati con il ticket di Alberto Fernández e Cristina Kirchner, hanno votato a favore di questa legge nefasta: Guillermo Andrada, Sandra Mendoza, Carolina Moisés e l’entrerriano (dalla provincia di Entre Ríos, ndt) Edgardo Kueider. Senza dimenticare la fondamentale partecipazione del peronista Guillermo Francos, ora Capo di Gabinetto, e di Daniel Scioli, peronista della prima ora, oggi funzionario del governo di Javier Milei.
L’approvazione di questa legge significa un chiaro passo indietro per i nostri interessi, senza nulla togliere alla straordinaria opposizione del popolo di Buenos Aires, che non solo resiste, ma risponde alla repressione scatenata dagli agenti di Patricia Bullrich.
La legge, in quanto tale, è della massima gravità per la nostra classe, e il 12 giugno è stato un momento decisivo, ma vale la pena analizzare a fondo come la borghesia, per salvarsi all’interno della propria crisi e avvantaggiare i centri imperialisti, infrange le regole che ha storicamente imposto – in questo caso molti dei punti vanno contro la stessa Costituzione nazionale del nostro Paese. Dal Partito Comunista Argentino riteniamo che ciò sia dovuto alla necessità di imprimere un cambio di passo all’accumulazione e al saccheggio. Fin dall’inizio del governo di Javier Milei abbiamo visto il suo aperto disprezzo per la democrazia borghese per come la conosciamo, così come l’andare contro il potere tripartito della Nazione e del repubblicanesimo; ma la questione centrale non è solo denunciare che oggi le libertà democratiche borghesi vengono messe in discussione, ma anche per sottolineare che, nel mezzo della crisi capitalista e della disputa per il primato della piramide imperialista mondiale, le risorse della nostra terra sono in contesa tra i due blocchi imperialisti antagonisti, e, come si è già visto dal 10 dicembre 2023, l’Argentina, per mano di Javier Milei, si è posizionata pienamente nel blocco NATO-Israele-UE. Oggi la stessa borghesia e i suoi lacchè vanno contro le stesse leggi che hanno scritto, votato e imposto, e avanzano modificando le caratteristiche dell’accumulazione e dello sfruttamento, cercando le risorse strategiche per sostenere le esigenze di accumulazione dei centri imperialisti.
La Ley Bases e la giornata di lotta del 12 giugno in tutto il Paese, in cui il nostro Partito era presente a Cordoba, Buenos Aires e Entre Rios, insieme ai successivi cacerolazos spontanei nell’AMBA (la vasta area urbana che include Buenos Aires, ndt), segnano un prima e un dopo: da un lato, con una chiara vittoria dei monopoli e, dall’altro, con un avanzamento della classe operaia in termini di lotta e di rottura con il quietismo e le forme di dialogo con il governo.
Come Partito Comunista Argentino crediamo che sia importante approfondire i metodi di lotta, coordinare le diverse lotte che si generano in tutto il paese, dare una direzione al movimento delle masse in senso strategico, rompere il Piano Motosega, per sconfiggere il governo dei monopoli e far sì che la classe operaia conquisti il potere.
Facciamo un appello a tutta la classe operaia e a tutto il popolo argentino affinché lottino apertamente contro il governo di Javier Milei e i monopoli, rafforzino i metodi che la nostra classe ha per lottare nelle strade, negli spazi di studio, di lavoro, nei quartieri ecc… Portiamo la nostra solidarietà con tutti i prigionieri della giornata del 12 giugno e chiediamo la loro immediata scarcerazione e assoluzione.
Lottare non è un crimine!
Stop alla criminalizzazione della protesta!
Abbasso la Ley Bases!