Il settimo numero della rassegna sul Movimento Comunista Internazionale si apre con la dichiarazione della Iniziativa Comunista Europea sulla lotta per l’ambiente con un approccio di classe. Proseguiamo con i comunicati sulle lotte e gli scioperi in Grecia e Colombia, rispettivamente del KKE e delle FARC-EP, e un articolo di riflessione sugli sviluppi dello scenario politico in Cile relativo alla Costituente. Infine, un comunicato del PCTE sul significato della proposta di indulto in Spagna per i politici catalani indipendentisti condannati e la lotta contro il nazionalismo.
- Iniziativa Comunista Europea: il profitto e la protezione dell’ambiente sono incompatibili
In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, l’Iniziativa Comunista Europea ha diramato una dichiarazione in cui responsabilizza il capitalismo della distruzione ambientale e indica come “i vari accordi intercapitalisti, come l’accordo di Parigi del 2016 sul riscaldamento globale, riflettono i bisogni e gli obiettivi del capitalismo, non dei lavoratori. L’UE e i suoi governi promuovono la propria agenda del cosiddetto sviluppo verde come soluzione alla crisi capitalista. (…) Il capitalismo finanzia la cosiddetta “crescita verde” con enormi somme di denaro sottratte ai lavoratori e raccolte nel “Recovery Fund” e nel “Just Transition Fund” dell’UE che vengono utilizzati per una ristrutturazione della produzione in modo presunto eco-compatibile, mentre l’obiettivo dei monopoli è quello di integrare le nuove tecnologie nella produzione basata sui soli criteri dei loro profitti e dell’intensità dello sfruttamento dei lavoratori, cercando allo stesso tempo di disorientarli e manipolarli. La pratica ha dimostrato che il sistema capitalista è responsabile dello sfruttamento dei lavoratori, della povertà, della disoccupazione e di altri peggioramenti delle condizioni di vita al fine di ottenere incessantemente un profitto. Lo sviluppo capitalistico basato sul profitto porta alla distruzione dell’ambiente naturale e delle sue risorse.” La dichiarazione individua infine come solo il socialismo fornisca ai lavoratori il potere e le possibilità pratiche per la protezione dell’ambiente, assumendosi “la responsabilità di fermare la devastazione del nostro mondo e di costruire un’economia che sia veramente a favore della protezione ambientale”. Per cui, i partiti comunisti “hanno il compito di contestualizzare questa coscienza e la preoccupazione delle persone per la crescente distruzione ambientale e di collegarla alla lotta contro i monopoli, il capitalismo e la necessità di rovesciarlo.” - KKE: La legge antioperaia rimarrà sulla carta!
Mobilitazioni e scioperi generali si sono susseguiti in queste settimane in Grecia contro il disegno di legge antioperaio che estende la giornata lavorativa a 10 ore sulla base della contrattazione individuale, introduce la domenica lavorativa in nuovi settori, facilita i licenziamenti, attacca le libertà sindacali e ostacola il diritto di sciopero. Dopo lo sciopero generale del 10 giugno, lo scorso 16 giugno un nuovo sciopero generale si è svolto in concomitanza con la votazione in parlamento che ha infine approvato il provvedimento con i 158 voti a favore della maggioranza di governo. Nel suo intervento in parlamento, il SG del CC del KKE, Dimitris Koutsoumpas si “è riferito in dettaglio al meccanismo di sfruttamento dei lavoratori, che viene ulteriormente esacerbato con questo progetto di legge”, sottolineando “che tutte queste misure sono già state elaborate nell’UE e si stanno implementando in molti stati membri.” “Il progetto di legge antioperaio – ha concluso l’intervento Koutsoumpas – che vi accingete a votare oggi è, secondo il Ministro del Lavoro, un progetto di legge dell’epoca contemporanea! Se è così, allora perché le condizioni di lavoro ritornano indietro di un secolo, trasformando i lavoratori in schiavi nel XXI secolo? Perché determinano un aumento anziché una riduzione dell’orario di lavoro, con un lavoro dall’alba al tramonto, con persecuzioni di sindacalisti e proibizione degli scioperi? Nell’era contemporanea, dell’enorme sviluppo della tecnologia e della scienza, ciò che è contemporaneo è ridurre l’orario di lavoro, lavorare 7 ore – 5 giorni – 35 ore alla settimana. La modernità è garantire a tutti un lavoro, con condizioni di salario e diritti soddisfacenti e non tornare alle condizioni di lavoro del medioevo. Ecco perché la vostra mostruosità rimarrà sulla carta, come tante altre leggi ingiuste prima di questa“. - FARC-EP: Lottare fino alla vittoria!
Continua senza tregua la rivolta del proletariato e del popolo colombiano. In un comunicato le FARC-EP Segunda Marquetalia chiamano a proseguire e intensificare la lotta in una “marcia impetuosa di insurrezione, all’assalto al cielo, che è la presa del Palacio de Narino.” Nel rivolgersi ai soldati e poliziotti invitandoli all’insubordinazione e alla disobbedienza voltando le spalle a Duque, Uribe, ai generali e al ministro della difesa che gli ordinano di sparare contro la popolazione inerme, la riorganizzata guerriglia afferma che “il popolo non crede più alle parole ingannevoli: adesso crede solo nella forza della sua unità, nella sua organizzazione. Se Duque porta i suoi sbirri nelle strade accompagnati da civili armati, che siano paramilitari, agenti della SIJIN (Sezione Investigativa Giudiziaria della Polizia Nazionale, ndr) o elementi di estrema destra a sparare contro il popolo, anche il popolo ha il diritto di difendersi con le armi. Con la potenza trasformatrice nata dall’unità, dobbiamo demolire la macchina dello Stato che ci opprime e al suo posto stabilire nuove istituzioni, un nuovo Stato che stabilisca un ordine sociale giusto, protetto dalla milizia di tutto il popolo”. “È ora di passare all’offensiva con la presa e il controllo di obiettivi importanti del potere e per questo è necessario unificare le leadership sociali e politiche in un comando centrale che dovrà condurre il popolo alla vittoria” prosegue il comunicato che conclude sottolineando che “non basta raggrupparsi intorno ad alcuni slogan politici; dobbiamo farlo anche – come sta facendo lo Stato – con le armi. Resistenza popolare contro l'”assistenza militare”. Dobbiamo passare all’offensiva sostenuti da soldati, sottoufficiali e ufficiali patrioti e bolivariani. Che si sveglino i nostri fratelli nelle caserme! È il momento di unirsi al fantasma che si aggira nel paese, che è uscito dalle catacombe dell’esclusione e della miseria, della diseguaglianza e dell’iniquità del capitalismo, cercando il sogno collettivo e ricorrente di un nuovo ordine sociale giusto, più umano e includente.” - Sullo scenario politico in Cile
L’articolo di Ángel Chávez, direttore del giornale El Machete del Partito Comunista del Messico, offre una riflessione sugli sviluppi della lotta in Cile dopo la rivolta popolare e le recenti elezioni per la costituente che hanno visto un risultato sfavorevole alla destra al governo mentre una maggioranza di seggi è stata ottenuta per il 31% da forze indipendenti, 18% dalla coalizione a cui partecipa il Partito Comunista del Cile e 16% al “centrosinistra”. Una riflessione che va oltre il solo scenario cileno, in quanto è un utile approccio che si può assumere anche per altri sviluppi in America Latina come, ad esempio, in Perù di cui abbiamo parlato qui.
“Prima di rallegrarci che il frastuono della protesta sia stato messo a tacere, rimanendo incantati dalle campane che suonano a festa, bisogna domandarsi se a partire dalle elezioni e dal processo di scrittura di una nuova costituente si potrà avere un vero cambiamento favorevole al popolo lavoratore cileno. (…) La risposta è che nel quadro del capitalismo non c’è possibilità di un vero cambiamento favorevole per i lavoratori, per questo passo è necessario un cambio strutturale. Per questo, c’è chi si rallegra della soluzione avuta dalla rivolta popolare in Cile, ma un comunista, un rivoluzionario, non può che avere un’altra opinione, poiché tra il dilemma riforma o rivoluzione, sosterrà sempre che il popolo dovrebbe esser spinto a prendere ciò che gli appartiene, cioè a prendere tutto: il potere politico e il controllo della ricchezza che produce. Se non si fa questo, la borghesia non tarderà a opprimere nuovamente i lavoratori e quando questo tornerà ad accadere in modo insopportabile, ci sarà nuovamente una rivolta con una via d’uscita tale da conservare lo sfruttamento capitalista. Andare di rivolta in rivolta accettando e promuovendo come vantaggiose le briciole ottenute a costo delle libertà e vite, significa esser complici della perpetuazione del dominio dei monopoli sui lavoratori. Ci sarà chi pensa che questa posizione sia estremista. Per questo dobbiamo chiarire che estremismo sarebbe separarsi dal movimento popolare perché non ha delle posizioni rivoluzionarie, e non è ciò che sostengo, ma, consapevole che non tutti gli scoppi sociali sfociano in rivoluzione, l’azione del rivoluzionario deve orientarsi rispondendo alla domanda in che direzione o cammino orientare il torrente dell’insubordinazione? Indipendentemente dalle possibilità che la voce rivoluzionaria sia quella più ascoltata, essa deve sollevarsi senza smettere di accompagnare la lotta, fare il contrario sarebbe cadere nel movimentismo.” - PCTE: Sul possibile indulto ai politici catalani condannati
In Spagna si discute in questi giorni della possibilità di un indulto ai politici catalani condannati per il cosiddetto “processo” di indipendenza. Proposta dal governo socialdemocratico di Sanchez con l’opposizione della destra. Secondo quanto affermato dal Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE) questa proposta in realtà fa “parte della soluzione concordata nel conflitto interborghese che si è sviluppato negli ultimi anni. È la certificazione della sconfitta della posizione indipendentista e per il Governo di Pedro Sanchez rappresenta una forma per assicurarsi la stabilità parlamentare per buona parte della rimanente legislatura.” Questa misura rappresenta “il passaggio necessario per risolvere attraverso l’accordo e nuove concessioni economiche e di competenze, il nuovo tentativo di certi settori borghesi catalani di stabilire migliori condizioni per lo sviluppo dello sfruttamento capitalista. L’apparato statale, che ha realizzato una dimostrazione di forza attraverso il processo e l’incarcerazione di vari dirigenti indipendentisti, necessita di risolvere la situazione con rapidità per affrontare nelle migliori condizioni altri problemi derivati dalla crisi capitalista. Il nostro Partito ha denunciato ripetutamente il carattere di classe di questo scontro tra settori borghesi centralisti e indipendentisti, sottolineando il vicolo cieco che rappresenta per la maggioranza lavoratrice lasciarsi trascinare e lottare sotto bandiere estranee nei ripetuti tentativi di riconfigurazione della forma di dominazione borghese in Spagna. Al contempo, consideriamo che la forma in cui l’apparato statale capitalista affronta le distinte crisi politiche – generalmente con la via repressiva – rappresenta un pericolo per l’insieme dei diritti democratici ancora in vigore, che colpiscono non solo i settori borghesi ma soprattutto i settori operai e popolari”. Secondo i comunisti spagnoli le misure coercitive e punitive, utilizzando la figura penale della sedizione nei confronti dei politici catalani, sono una dimostrazione delle capacità repressive dello stato che saranno utilizzate contro il movimento operaio, per tale motivo a suo tempo qualificarono la sentenza del Tribunale Supremo come “un nuovo passo reazionario”, per cui non si oppongono all’indulto. In conclusione, precisando che non bisogna però lasciarsi ingannare da questa misura che non è né di concordia né suppone un allentamento del carattere repressivo dello stato, ma solo la “negoziazione della resa delle forze indipendentiste e la loro re-incorporazione”, il PCTE segnala che “la crescita del nazionalismo è un pericolo per la maggioranza lavoratrice e il principale ostacolo per la sua unità, dato che porta la classe operaia e i settori popolari a porre la loro fiducia in distinte sezioni della borghesia in funzione della bandiera con la quale si ammantano”.