Vita Politica Internazionale – Venticinquesimo numero
In questo numero della nostra rassegna realizzata in collaborazione col Centro di Cultura e Documentazione Popolare (resistenze.org), l’attenzione è concentrata sul confiltto israelo-palestinese, con le dichiarazioni a sostegno della lotta di liberazione da parte del Partito Comunista di Israele, del Partito del Lavoro d’Austria, dell’Organizzazione Comunista (Germania) e del Partito Comunista di Grecia (KKE). A seguire abbiamo riportato estratti dal 23° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (il cui resoconto completo è disponibile su Solidnet) svoltosi in Turchia tra il 20 e il 23 ottobre, importante momento di scambio politico e ideologico all’interno del movimento comunista internazionale con 68 partiti presenti da tutto il mondo. Qui ospitiamo l’intervento di apertura del Partito Comunista di Turchia (TKP) e il contributo del KKE. I temi di questo incontro sono stati “le battaglie politiche e ideologiche per affrontare i capitalisti e l’imperialismo. I compiti dei comunisti di informare e mobilitare la classe operaia, i giovani, le donne e gli intellettuali nella lotta contro lo sfruttamento, l’oppressione, le menzogne imperialiste e il revisionismo storico; per i diritti sociali e democratici dei lavoratori e dei popoli; contro il militarismo e la guerra, per la pace e il socialismo”. Buona lettura.
Già il 7 ottobre il Partito Comunista di Israele, insieme con la sua organizzazione frontista Hadash, ha rilasciato questa dichiarazione, dove si sottolinea la pesante responsabilità della politica criminale di occupazione del governo Netanyahu: “I crimini del governo fascista di destra per perpetuare l’occupazione stanno portando a una guerra regionale che deve essere fermata”. Si sottolinea come non ci sia nessun modo di “gestire” il conflitto o risolvere la questione palestinese militarmente se non accettando di “porre fine all’occupazione e a riconoscere le richieste e i diritti legittimi del popolo palestinese.”
Anche le organizzazioni della gioventù comunista, democratiche e progressiste si sono espresse con un comunicato che, condannando gli “abominevoli e terrificanti […] crimini che Israele sta attualmente commettendo a Gaza” chiede il cessate il fuoco immediato, il rilascio degli ostaggi e dei prigionieri politici e la fine dell’assedio alla striscia di Gaza e dell’occupazione della Cisgiordania.
In questa dichiarazione del Partito del Lavoro dell’Austria si riflette sulla narrazione mediatica borghese del conflitto, sottolineando che, differentemente da come viene raccontata, “la violenza non ha origine nella resistenza palestinese, ma è una reazione alla violenza permanente e sistematica dell’occupazione e dell’oppressione israeliana contro il popolo palestinese.” Affermando che la pace è raggiungibile solo con la fine della politica degli insediamenti, i compagni austriaci chiedono il ritiro dell’esercito israeliano e dei coloni dai territori occupati, l’autodeterminazione del popolo palestinese entro uno stato coi confini riconosciuti del 1967, il diritto al ritorno e la fine dell’aggressione israeliana sui territori siriano e libanese.
Il lungo articolo dei compagni tedeschi sui recenti sviluppi in Palestina ricorda che “non esiste un conflitto israelo-palestinese nel senso di una guerra con due parti contrapposte”. Criticando le posizioni di equidistanza tra il regime di occupazione e Hamas, pone la responsabilità completa della violenza a carico della classe dirigente israeliana, colpevole di mantenere l’occupazione illegale e non essere disposta a fare nessuna concessione ai palestinesi. Si riflette anche sul ruolo di Hamas, “una forza con cui non abbiamo nulla in comune dal punto di vista ideologico”, valutando l’unità delle forze della resistenza come “senza alternative” ma identificando il ruolo dell’organizzazione politico-religiosa come un ostacolo a conquistare anche la classe operaia israeliana nella lotta contro capitalismo e sionismo.
La dichiarazione di Georgios Marinos del Partito Comunista di Grecia (KKE) denuncia la macchina della propaganda che “sta cercando di scagionare la barbarie dello Stato israeliano”. Si sottolinea anche come tutti i partiti borghesi greci, inclusa SYRIZA, stanno rafforzando o hanno rafforzato in passato le relazioni economiche, politiche e militari con Israele. Viene evidenziato il ruolo dei media borghesi, nel nascondere l’espulsione sistematica dei palestinesi dalle loro terre, gli almeno 100.000 morti, i 6.3 milioni di rifugiati, i 5000 prigionieri politici e gli strumenti di oppressione come i muri, i checkpoint e gli insediamenti dei coloni. Ribadendo che la guerra ha origini molti decenni fa, si individua nell’occupazione israeliana e negli “accordi con una pistola puntata alla testa” le condizioni “per l’incremento e l’espansione dei conflitti militari nel quadro delle intense rivalità imperialiste e dei piani USA-Israele per promuovere i propri interessi nella regione, con i popoli palestinese, israeliano e altri come vittime.” L’articolo si conclude con l’appello urgente al rafforzamento della solidarietà col popolo palestinese, per la sua patria libera, per fermare il massacro e sostenere la lotta contro la guerra in tutta la regione.
Nel suo discorso di apertura, il Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia (TKP) ha necessariamente affrontato la questione dell’inasprimento del conflitto in Palestina, riflettendo sui legami di Israele con la Turchia. Legato al tema del conflitto in Medio Oriente, l’intervento verte sul particolare ruolo che ha l’Islam politico, strumento delle classi dominanti che quindi qualifica per i comunisti la lotta contro di esso come una questione di classe. Si individua la causa della “regressione verificatasi in Medio Oriente” nella “stessa ragione che ha causato il declino del movimento operaio nel resto del mondo”, ovvero “l’abbandono delle posizioni di classe e della prospettiva rivoluzionaria”.
In tal senso l’intervento sottolinea come “i comunisti devono agire mettendo al centro la loro missione storica”, e solo all’interno di essa ha senso la lotta per la democrazia, la pace e per l’indipendenza contro l’imperialismo, senza rimandi a epoche storiche future dove “potrebbero emergere condizioni più favorevoli”, perché non ce ne saranno.
Successivamente si riflette sulla questione della comunicazione, dei media e di come il capitalismo ha dimostrato “l’enorme superiorità” nel condizionare l’opinione pubblica, e del ruolo marginale e di spettatori per i comunisti, ruolo che va superato con uno sforzo a livello internazionale.
In chiusura, si inquadra la lotta del TKP per un “mutamento radicale” che “in Turchia non potrà che avere un carattere socialista”.
Nell’apertura dell’intervento il compagno Georgios Marinos dell’Ufficio Politico del KKE esprime la “solidarietà internazionalista” nei confronti della questione palestinese, chiedendo la fine immediata del genocidio, ma anche nei confronti del popolo cubano soggiogato dall’embargo e nei confronti dei comunisti venezuelani sottoposti alla persecuzione governativa. Si evidenzia come nella congiuntura internazionale corrente “l’attacco del capitale si vada intensificando” nei confronti dei redditi, del lavoro e delle abitazioni dei ceti popolari, nell’assenza di protezione rispetto agli sconvolgimenti naturali come incendi, terremoti e alluvioni, nella condizione dei popoli costretti a migrare e tutto il portato di sfruttamento e xenofobia collegati. “Il sistema di sfruttamento” del capitalismo “ha ormai ecceduto i suoi limiti storici”, e necessita di un innalzamento del livello delle rivendicazioni dei comunisti in ciascun paese, anche nelle condizioni difficili “della crisi ideologico-politica del movimento comunista”. Si ribadisce il carattere imperialista della guerra in Ucraina, condotta “per conto e per gli interessi delle classi borghesi”, collegandosi alla critica al “cosiddetto mondo multipolare”, affatto progressivo, incapace di attenuare le contraddizioni e la tendenza alla guerra, ribadendo la necessità di approfondire su questo il dibattito politico-ideologico. In chiusura l’intervento dà conto dell’azione del KKE in Grecia e del suo ruolo guida nelle lotte contro il capitale e il suo governo, anche all’interno dei sindacati e nel settore della gioventù, ruolo in contrapposizione con la degenerazione di SYRIZA e le relative illusioni socialdemocratiche. Sottolineando lo sforzo del KKE premiato dai recenti successi elettorali in Grecia, si ribadisce il ruolo del partito nel “preparare il terreno per il rovesciamento del marcio sistema di sfruttamento” e “per il socialismo”.