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Home›VPI - Articoli›Sugli sviluppi riguardanti l’attacco israeliano all’Iran

Sugli sviluppi riguardanti l’attacco israeliano all’Iran

Di Redazione
22/06/2025
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Dal Partito Comunista di Turchia (TKP)
14 giugno 2025
Link all’originale

 

Il segretario generale del TKP, Kemal Okuyan, ha condiviso la sua analisi iniziale sui recenti sviluppi attraverso il suo account X.

  1. Fin dall’inizio abbiamo sostenuto che il cambio di potere in Siria – al di là di altri fattori – si allinea direttamente con i piani e gli interessi di Israele. Naturalmente, vanno riconosciute le rivalità e le contraddizioni tra le forze che hanno richiesto e favorito questo cambiamento. Tuttavia, a volte queste dispute interne diventano semplici dettagli e perdono di significato. In definitiva, in Siria, Israele, Regno Unito e Stati Uniti sono usciti vincitori. al-Shara’ è il governatore di Damasco da loro nominato.
  1. Chi sostiene che “la Turchia ha vinto” in Siria ha ragione solo se per “Turchia” intende i profitti di imprese edili, energetiche, di armi, tessili, alimentari e simili. Ma se consideriamo gli interessi della grande maggioranza dei cittadini turchi, la Turchia ha chiaramente perso in Siria.
  1. È evidente che ciò che gli Stati Uniti e Israele hanno portato in questa regione non è altro che saccheggio, depredazione, occupazione, guerra e massacro. Essere complici o assistere alle operazioni di questi due Paesi è innegabilmente un crimine contro l’umanità.
  1. Tragicamente, ma in linea con la natura del capitalismo, anche quando l’imperialismo statunitense si indebolisce, riesce ancora a mettere in competizione molti Paesi per l’“amicizia” e la “cooperazione” con gli USA. Cercare una quota maggiore dell’economia controllata dagli Stati Uniti, tentare di eludere i suoi ricatti e le sue minacce attraverso collaborazioni sfortunate e garantirsi la sicurezza reindirizzando l’ostilità degli Stati Uniti verso gli altri è diventata quasi una regola standard nelle relazioni internazionali.
  1. Il calcolo del governo (turco, NdT) dell’AKP, secondo cui spezzare l’influenza dell’Iran nella regione e in Siria aprirà una strada alla Turchia, può avere una certa logica. Tuttavia, il prezzo richiesto dal duo USA-Israele, insieme alle forze alleate, che ora rivendicano la libertà di fare la guerra ovunque e ignorano tutte le regole sui confini e sulle mappe, per “lasciare in pace la Turchia”, sarà mortale per il nostro popolo.
  1. Allinearsi agli Stati Uniti, cooperare con loro e calcolare i presunti benefici di tale cooperazione non è altro che assaggiare il frutto velenoso. Quando ieri Israele ha attaccato il nostro vicino Iran, dietro c’erano l’intelligence, la logistica, gli armamenti e la diplomazia statunitensi. Ma quali Paesi hanno collaborato con gli Stati Uniti a migliaia di chilometri di distanza per fornire questo supporto? La Turchia non è stata ammessa alla NATO per caso; İncirlik, Kürecik e le altre basi non sono state create per fare scena; e dichiarazioni come “andiamo molto d’accordo” non vengono fatte senza motivo.
  1. Non c’è altra alternativa che mettere in discussione l’attuale ordine di sfruttamento, basato su “interessi privati”, che mira ad allontanare la Turchia dall’asse USA, Regno Unito e NATO. Non esiste un capitalismo buono; senza combattere il capitalismo, non si può essere veramente antimperialisti.
  1. È proprio questo che ha incoraggiato l’aggressione israelo-statunitense che per anni ha scatenato devastazioni in tutta la regione. Tutti sanno che le recenti mosse degli Stati Uniti e l’attacco di Israele all’Iran mirano a indebolire e isolare la Cina, il loro principale rivale. Allora perché la cosiddetta “nuova alleanza nascente” o i Paesi del “Sud globale” non riescono ad agire insieme in risposta?
  1. La risposta non può essere semplicemente “vogliono evitare una grande guerra”. Ci sono alternative alla guerra? Certamente. Ma le leggi del capitalismo non lo permettono. Le guerre, le invasioni e i cambi di regime degli ultimi anni – guidati per lo più dall’imperialismo statunitense – hanno ampliato, a prescindere dai loro esiti, l’influenza economica della Cina in questi Paesi e regioni. Indipendentemente dal regime o dalla politica estera di un Paese, lo sviluppo di relazioni economiche può essere considerato una scelta di politica estera “pacifica”. Ma nel mondo imperialista la competizione genera inevitabilmente conflitti, quindi la pace è sostanzialmente fuori discussione. L’imperialismo statunitense, con o senza Trump, ha cercato di fermare lo slancio a favore della Cina e lo sta facendo tuttora. La domanda ricorrente di Trump, “Siamo mica scemi?”, riflette questa realtà.
  1. Perché allora non c’è una ferma presa di posizione contro Israele mentre gli Stati Uniti eseguono queste sanguinose operazioni? Questa domanda richiede una risposta esauriente. Consideriamo solo un aspetto: sì, l’Iran è cruciale per Russia e Cina, ma anche Israele – e il capitale ebraico diffuso a livello globale – è importante per loro. Sebbene le relazioni della Cina con Israele si siano deteriorate a causa degli eventi di Gaza, tra i due esistono ancora legami economici strategici. Lo stesso vale per la Russia. Ricordiamo che durante la guerra in Ucraina, gli Stati Uniti hanno permesso al loro favorito Israele di non partecipare alle sanzioni contro la Russia.
  1. Quando Israele ha iniziato a colpire l’Iran, le condanne senza senso e i semplici appelli al dialogo riflettono questi legami complicati. L’India, membro chiave dei BRICS, intrattiene relazioni profonde sia con gli Stati Uniti che con Israele.
  1. Condivido tutto questo per spiegare che non può emergere una resistenza di principio dall’interno del sistema contro l’imperialismo statunitense e il sionismo israeliano, e che quando ognuno formerà il proprio sistema di alleanze e oserà affrontare una grande guerra, non porterà alcun beneficio all’umanità. E per quanto riguarda chi si colloca in queste alleanze, nessuno dovrebbe parlare con troppa sicurezza.
  1. L’imperialismo è un sistema globale dominato da monopoli multinazionali. È caratterizzato da competizione, conflitto, saccheggio, sfruttamento profondo e guerra. In questo contesto, le vittime e i perdenti sono sempre gli oppressi. Se i lavoratori non si ribellano e non lottano per se stessi, se non abbracciano la solidarietà invece delle lotte intestine, non ci si può aspettare giustizia, moralità, principi e ideali rivoluzionari dagli Stati che rappresentano il dominio di questi monopoli multinazionali.
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