Di Tomás Ferreira, da Nuevo Rumbo, organo del Partito Comunista dei Lavoratori di Spagna (PCTE)
27 giugno 2025
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Poche settimane fa, la criptovaluta Bitcoin ha raggiunto un nuovo massimo storico (ATH, dall’inglese All Time High), superando i 110.000$. Ma poco prima, nel pieno dell’escalation di dazi tra Stati Uniti, Cina e Unione Europea, il Bitcoin si trovava in un periodo ribassista durato diversi mesi, arrivando a sfondare al ribasso la soglia degli 80.000$. Qualche mese prima, a novembre e dicembre, aveva toccato i 106.000$, dopo di che era entrato in recessione. Diversi fattori, come il rapido incremento della sua capitalizzazione nel mese di novembre, la successiva dissipazione dell’euforia finanziaria scatenata dalla vittoria elettorale di Trump, le truffe milionarie di tipo «pump and dump» orchestrate da Trump e Milei a febbraio[1] e, infine, la guerra dei dazi, hanno portato il Bitcoin a subire la sua caduta più grave degli ultimi quattro anni.
In questo contesto non sono mancate le notizie sensazionalistiche e le proclamazioni catastrofiste. Ma pochi giorni dopo il crollo, il Bitcoin ha recuperato la soglia degli 80.000$ e, dopo l’annuncio di Trump della sospensione temporanea dei dazi, ha ripreso con forza il trend rialzista, superando nuovamente la capitalizzazione di 100.000$. Questa volatilità e forza rialzista di Bitcoin, che in una certa misura si manifesta in modo autonomo rispetto al resto dei mercati finanziari, risponde ai cosiddetti «cicli» che, fino ad oggi, si ripetono circa ogni quattro anni e che si spiegano con diversi motivi legati sia alla sua tecnologia che alle peculiarità di un mercato composto interamente da capitale fittizio[2]. Nel ciclo precedente, conclusosi alla fine del 2021, il Bitcoin aveva raggiunto il picco di 65.000$ per poi precipitare sotto i 20.000$ un anno dopo. Ora ci troviamo nell’ultimo anno del nuovo ciclo e, pertanto, è possibile che nei prossimi mesi il Bitcoin tocchi il nuovo ATH prima di crollare per diversi anni.
Queste dinamiche proprie di Bitcoin si spiegano con una serie di peculiarità che, fino a oggi, non sono state oggetto di un’analisi approfondita da parte dell’economia politica marxista, nonostante il mercato cripto e la tecnologia blockchain siano ormai elementi importanti del capitalismo contemporaneo.
In realtà, lo scopo originario di Bitcoin era, per quanto possa sembrare il contrario a prima vista, proporsi come alternativa al mondo finanziario «tradizionale», come dichiarato nel suo manifesto fondativo[3]. L’intenzione era quella di creare una moneta capace di sostituire il denaro contante e di circolare al di fuori delle istituzioni finanziarie centralizzate (come le banche), in un sistema completamente trasparente in cui nessuna transazione potesse essere nascosta.
Nel ciclo precedente (2018-2021), molti tentarono di attribuire alle criptovalute un’utilità «reale», soprattutto dopo l’apparizione della criptovaluta Ethereum, che si impose come la «alt-coin» (criptovaluta alternativa al Bitcoin) più rilevante, arrivando a una capitalizzazione di 4.600$ nel suo ATH del 2021. Questa utilità avrebbe implicato la possibilità di investire, tramite tali criptovalute, in determinati progetti tecnologici che lanciavano il proprio token per finanziarsi. In altre parole, non si trattava unicamente di pura speculazione, ma anche di finanziare progetti concreti.
Tuttavia, le dinamiche speculative del capitale fittizio prevalgono su qualsiasi idea fantasiosa e, dopo il palese fallimento dell’«utilità» delle cripto, Ethereum non è riuscita, almeno finora, a recuperare il suo ATH del 2021. Al contrario, l’emergere di Solana, una criptovaluta con transazioni praticamente gratuite e molto più efficiente per la pura speculazione, l’ha rapidamente posizionata come la più adatta ai giocatori d’azzardo degli investimenti e al proliferare delle memecoins[4]. I movimenti vertiginosi di queste memecoins, che a volte possono generare per alcuni investitori profitti del 100 %, 1.000 % o 10.000 % (il che, per altri, significa perdite proporzionalmente inverse), uniti alla facilità di accesso a Solana, spingono sempre più giovani a credere nel racconto di una via di fuga dal lavoro salariato attraverso la speculazione in criptovalute.
In ogni caso, sia Solana che Ethereum e il resto delle «alt-coins» dipendono totalmente dall’andamento di Bitcoin, seguendolo a ruota. Non è quindi possibile analizzare in maniera indipendente le varie «alt-coins»: se non si studiano alla luce dei movimenti macroeconomici di Bitcoin, i loro andamenti risultano semplicemente incomprensibili.
E la verità è che Bitcoin sembra avvicinarsi sempre di più al «tradfi» (mercato finanziario «tradizionale») contro il quale voleva porsi come alternativa. Il progressivo ingresso di investitori sempre più grandi, tra cui giganti monopolistici che versano milioni di dollari; la creazione di riserve di Bitcoin da parte di un numero crescente di Stati; e la crescente dipendenza dalle politiche economiche globali, fanno sì che Bitcoin e, con esso, l’intero mercato cripto, si adattino gradualmente alle dinamiche generali del capitale globale. La tendenza alla centralizzazione dei capitali si manifesta con forza all’interno dello stesso mercato cripto, e il suo legame con i capitali industriali e finanziari è ogni giorno più stretto.
Infine – e questo è particolarmente interessante – il mercato cripto, malgrado gli apologeti del capitale, dimostra una delle tesi fondamentali dell’economia politica marxista: lo scambio non genera, né può generare, alcun tipo di valore. In un mercato di capitale fittizio, basato esclusivamente sullo scambio, i guadagni di alcuni sono le perdite di altri. Il mercato cripto è un flusso continuo di transazioni che spostano il capitale da una parte all’altra, ma la capitalizzazione complessiva non potrà mai crescere se non vi si inietta dall’esterno nuovo capitale. Per questo, come dicevamo, la crescita del mercato cripto è necessariamente legata al suo sempre più stretto legame con le dinamiche del capitale finanziario globale, da cui trae nutrimento. Gli investitori privati, che nei cicli precedenti avevano un peso considerevole e garantivano al mercato cripto una certa autonomia rispetto alle dinamiche del grande capitale finanziario, sono oggi sempre più irrilevanti di fronte alle decine di milioni di dollari investiti dai grandi monopoli e alla crescente dipendenza dalla politica economica globale.
La sostanza del valore, dimostra teoricamente Marx ne Il Capitale, è il lavoro umano. La sostanza del valore, dimostra praticamente Bitcoin, è il lavoro umano.
Note
[1] NdT: per maggiore approfondimento, si veda qui e qui
[2] NdT: il capitale fittizio è la forma in cui il capitale appare come “capitale in sé”, “puri e semplici mezzi di circolazione”, un valore autonomo capace di generare interesse, separato dal processo reale di produzione, e che in realtà è soltanto la rappresentazione cartacea di diritti su plusvalore futuro. Si veda il Libro III del Il Capitale, ad es. qui
[3] NdT: Si veda qui per il manifesto, qui per una spiegazione