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Storia di classeTribuna
Home›Terza pagina›Storia di classe›Giuseppe Alberganti: un rivoluzionario di professione

Giuseppe Alberganti: un rivoluzionario di professione

Di Redazione
04/06/2020
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Quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Giuseppe Alberganti, uno dei massimi dirigenti del movimento comunista del Novecento.

Fondatore del Pcd’I nel ’21, licenziato dalle ferrovie, perseguitato e arrestato dalla polizia italiana e da quella francese, costretto al confino, combattente in Spagna contro il fascismo, chiamato a dirigere la Resistenza nei suoi momenti più importanti, dall’Emilia Romagna alla Lombardia. Segretario del Pci a Milano e senatore per diverse legislature, Alberganti non piegò la testa di fronte al revisionismo e, dopo aver pagato il prezzo della sua coerenza con l’emarginazione, ha avuto la forza di continuare la lotta a fianco dei giovani del Movimento Studentesco, diventando presidente del Movimento dei Lavoratori per il Socialismo, ruolo che rivestirà fino alla sua scomparsa.

“L’Ordine Nuovo” ha riservato, sin dall’inizio, grande attenzione alla storia del movimento comunista, con l’obiettivo di strappare dall’oblio e dal dimenticatoio figure che hanno molto da dirci e da insegnarci. Ecco perché è importante Alberganti, un comunista, un rivoluzionario, che non appartiene al passato ma al nostro futuro.

Iniziamo la pubblicazione di contributi dedicati alla figura di Alberganti con l’articolo del compagno Salvatore Di Stefano – che è stato segretario provinciale e membro del Comitato centrale dell’MLS –  che ha conosciuto Alberganti e condiviso con lui importanti momenti di militanza rivoluzionaria.

Proseguiremo con altri contributi

________________________

Ho conosciuto Alberganti negli anni Settanta quando militavo nel Movimento Studentesco (Ms) – Movimento Lavoratori per il Socialismo (Mls).

Milano Corteo

In tantissime circostanze, in occasione delle riunioni degli organismi dirigenti nazionali, di cui facevo parte, ho avuto modo di ascoltare i suoi lucidi interventi e di parlare con lui nei momenti conviviali, a margine delle riunioni stesse.

Averlo conosciuto ed essere entrato in confidenza con lui è una delle cose più belle e significative di tutto il mio cinquantennale impegno politico.

Per me, e per quelli della mia generazione, stare dalla sua stessa parte e poter dialogare con lui – tra i fondatori del PCd’I, confinato politico a Ventotene, esule in Francia e in Spagna, partigiano e dirigente della Resistenza, antifascista militante, componente dell’Assemblea Costituente, senatore e deputato comunista, sindacalista, e tanto altro ancora – era un onore e un piacere immenso.

Egli era la sintesi più alta di ciò che per noi, che avevamo vent’anni all’inizio degli anni Settanta, significava lotta politica e lotta ideale: la difesa intransigente delle condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse popolari e, al tempo stesso, la lotta per la trasformazione socialista della società affinché fosse definitivamente eliminato lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e si potesse instaurare un giorno una società di liberi e eguali, quella comunista.

Giuseppe Alberganti e Pietro Secchia

Alberganti, come tanti antifascisti, fu costretto all’esilio in Francia durante la feroce dittatura fascista, dopo le “leggi fascistissime”,  e si formò come dirigente soprattutto in Spagna, nel corso della guerra civile, che per molti antifascisti rappresentò la scuola per la Resistenza, che vedrà i comunisti in prima linea e presenti nella stragrande maggioranza a livello organizzato.

Della Resistenza fu militante e dirigente: prima combatté a Milano e poi fece parte del triumvirato insurrezionale dell’Emilia-Romagna, che organizzò la Liberazione di Bologna, e delle altre città della regione, nell’aprile del ’45.

Nel Pci del secondo dopoguerra ebbe un ruolo importante e non si sottrasse al confronto, a volte aspro, che si sviluppò in quel partito tra la “destra” e la “sinistra” e che si concluse con la sconfitta della componente che si richiamava alle posizioni di classe.

E quando il “revisionismo” prevalse definitivamente, Alberganti, e molti che come lui contestavano il revisionismo del Pci, furono costretti a lasciare il partito che avevano fondato e avevano contribuito, con immensi sacrifici, a far diventare protagonista della vita sociale e politica del Paese.

Alberganti ComizioAlberganti non si avvicinò, e successivamente aderì, ai movimenti giovanili e ai gruppi della sinistra extraparlamentare, la “nuova sinistra”, in modo residuale e nostalgico; al contrario, diventò un militante e un dirigente al passo coi tempi, capace di comprendere il nuovo, senza nulla concedere ai “nuovismi”, capace di fare “l’analisi concreta della situazione concreta”.

I giovani come soggetto collettivo, i cortei e le occupazioni delle scuole e delle università, il socialismo in Cina, la classe operaia dei consigli, la “questione meridionale” nel quadro del neo-capitalismo italiano, la battaglia culturale e ideologica dei comunisti, la nuova realtà mondiale determinata dalle Due Superpotenze, il Cile di Allende e il colpo di stato dell’11 settembre del’73, la crisi italiana e la “terza via”, e tante altre questioni di quegli anni lo videro studioso attento e protagonista del dibattito in maniera intelligente e sagace, nell’ambito di una militanza rigorosa e propositiva.

Fu impegnato in prima persona nel dibattito che vide il Movimento Lavoratori per il Socialismo (Mls) avvicinarsi al PdUP, dialogando proficuamente e mettendo a confronto le diverse esperienze, come quelle – solo per citarne alcune – di Lucio Magri, Luca Cafiero, Alfonso Gianni e Luciana Castellina.

A tal proposito, vorrei ricordare che nel seminario di Riccione dell’ottobre del 1980, nel quale si avviò il percorso che avrebbe portato al congresso di unificazione PdUP – Mls del maggio 1981 a Roma, Alberganti fu ancora una volta protagonista e in quell’occasione parlammo a lungo della sua concezione della politica e della visione della vita e del mondo.

Due vicende, per concludere, mi piace richiamare alla memoria.

La bella immagine che ci dà di lui il comandante partigiano Giovanni Pesce, medaglia d’oro della Resistenza, nel libro “Senza tregua”, quando i due combattenti antifascisti devono preparare uno scontro con i repubblichini e Pesce sottolinea la figura eccezionale di “Cristallo” dicendo:

«Rivedendolo dopo tanti anni mi ero ricordato solo del suo straordinario coraggio»

L’altra vicenda si svolse a Catania a metà degli anni Settanta, quando Alberganti tenne un’assemblea di quadri nella sede dell’Mls in una via del centro città. Ad un certo punto giunse la polizia che, provocatoriamente, voleva perquisire la sede senza alcun motivo, fermare dei compagni e probabilmente arrestarli. Nell’androne del vecchio palazzo, con la polizia “in assetto di guerra” e pronta a sfondare la porta d’ingresso, Alberganti prese dalla tasca del cappotto il basco blu, se lo mise in testa e avanzò per raggiungere  chi comandava il drappello. Disse solo:” Sono il senatore Giuseppe Alberganti. Mi dica per quale motivo ha schierato gli uomini per la carica.” I dirigenti non seppero rispondere, farfugliarono qualcosa, sciolsero il drappello e si ritirarono.

Tutti noi, con Alberganti in testa, “uscimmo a riveder le stelle”.

TagAlbergantiAlberganti40antifascismoMLSMovimento studentescoPCIresistenza
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