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Home›Capitale/lavoro›Dopo la fusione FCA-PSA 58.000 posti di lavoro a rischio solo in Italia

Dopo la fusione FCA-PSA 58.000 posti di lavoro a rischio solo in Italia

Di Redazione
06/08/2020
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FCA PSA OPERAI

Nelle prime ore di martedì 4 agosto il gruppo FCA ha inviato una lettera in inglese ai suoi fornitori (in Italia e all’estero) chiedendo di “cessare immediatamente ogni attività di ricerca, sviluppo e produzione” per via di un “cambiamento tecnologico in corso”. Questo arresto mette a rischio il posto di lavoro di oltre 58 mila operai (solo in Italia), distribuiti in mille aziende le quali compongono l’indotto italiano della FIAT-Chrysler, il cui giro d’affari ammonta a circa 18 miliardi di euro. Tutto ciò nonostante a giugno il ministero dell’Economia e delle Finanze abbia dato il via libera a un aiuto statale per FCA di 6,3 miliardi di euro mirato proprio a salvaguardare i fornitori locali.

Una situazione che sembrava già all’orizzonte fin dallo scorso ottobre quando FCA e PSA (gruppo formato da Peugeot, Citroen e Opel), avevano annunciato la loro fusione per dare luogo al nuovo gigante europeo delle auto, Stellantis.

La situazione a fine ottobre

Mentre FCA e PSA annunciavano di avere raggiunto un accordo per la fusione e conformazione del quarto costruttore automobilistico al mondo, Confindustria celebrava soddisfatta la nascita di un nuovo “gigante europeo”. PSA è un gruppo con una partecipazione dello stato francese di quasi il 14% e conta su linee di produzione distribuite uniformemente tra Francia, Spagna e Polonia; FCA è un gruppo totalmente privato, con sede legale nei Paesi Bassi, sede fiscale a Londra e produce più della metà delle auto in Polonia. Di fronte a questo quadro le reazioni non erano state unicamente positive. Infatti, i presupposti per la fusione non lasciavano presagire nulla di buono soprattutto in termini di conservazione dei livelli occupazionali: dopo la fusione ci sarebbero stati più stabilimenti adibiti a produrre merci analoghe e quindi sarebbe stata inevitabile la chiusura di certe fabbriche con i corrispettivi licenziamenti.

PatuanelliLa reazione del governo italiano era stata di cautela: “la riduzione dei costi [determinata dalla fusione] non deve ripercuotersi o incidere sui lavoratori nel nostro Paese”, furono le parole del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. Anche la FIOM — tramite la segretaria generale, Francesca Re David — aveva espresso le proprie perplessità denunciando che “FCA non ha un piano industriale in Italia” e che, con le fabbriche di FCA piene di cassintegrati, la fusione sarebbe stata molto rischiosa.

Però le critiche più pesanti erano arrivate dalla CGT francese. Il rappresentate del sindacato in PSA, Jean-Pierre Mercier avvertiva: “È il gioco classico del Monopoly capitalista mondiale. Con questa fusione, sperano di aumentare la redditività delle loro aziende e tutelare i loro futuri benefici. Intendono riuscirci aggravando gli attacchi contro gli interessi dei lavoratori dei due gruppi sul terreno dell’occupazione, del potere d’acquisto e dei diritti collettivi”.[1]

Jean-Pierre Mercier

Crisi Covid e un prestito di oltre 6 miliardi

Con i cali della produzione e delle vendite derivati dalla pandemia, FCA aveva intravisto l’opportunità per chiedere all’Italia un aiuto statale di 6.3 miliardi di euro. Il prestito, erogato da Intesa San Paolo e garantito all’80% dallo stato italiano, ha avuto l’ok della Corte dei conti e del ministro dell’Economia Gualtieri e, stando alle dichiarazioni del governo, aveva l’obiettivo di tutelare la produzione dei fornitori locali.

Tale aiuto statale era stato definito dal responsabile delle attività europee di FCA, Pietro Gorlier, come un “esempio nella salvaguardia dell’ecosistema industriale” e ha aggiunto che il 100% delle risorse facenti parte dell’accordo sarebbero servite al “nostro business in Italia, quindi alle migliaia di imprese e alle centinaia di migliaia di lavoratori il cui futuro dipende dal rilancio del nostro intero settore”.[2]

Una lettera che annuncia un futuro plumbeo per 58.000 operai

«Caro fornitore, vogliamo comunicare alla sua società, per conto di FCA Italy e di FCA Poland, che il progetto relativo alla piattaforma[3] del segmento B[4] di Fiat Chrysler, è stato interrotto a causa di un cambiamento tecnologico in corso. Pertanto vi chiediamo di cessare immediatamente ogni attività di ricerca, sviluppo e produzione onde evitare ulteriori costi e spese»[5]. Con questa missiva FIAT-Chrysler ha comunicato che le nuove utilitarie prodotte nello stabilimento di Tychy, in Polonia, si costruiranno sulla piattaforma PSA-CMP. La lettera ha gettato nel panico buona parte dell’indotto FIAT in Italia, che conta circa 58.000 dipendenti, soprattutto in Piemonte.

FCA PSAAnche se al momento la decisione di FCA sembra circoscritta al solo segmento delle utilitarie prodotte a Tychy, non ci sarebbe da stupirsi se in un futuro si estendesse ad altri segmenti e ad altri stabilimenti, se non proprio all’intera produzione, considerando soprattutto i progetti futuri di FCA, come la nuova Fiat Panda, la nuova Tipo e la nuova 500, le quali — una volta completata la nascita di Stellantis — potrebbero venire prodotte integralmente con tecnologia PSA.

A questo punto verrebbe da chiedersi che ne sarà del futuro di decine di migliaia di lavoratori che compongono attualmente l’indotto di FCA in Italia e non solo con i conseguenti punti interrogativi sul futuro delle centinaia di migliaia di operai che lavorano negli stabilimenti “doppi” dei due colossi.

La fusione FCA-PSA parte nel peggiore dei modi possibili, mostrandoci il vero scopo dell’operazione: massimizzare i profitti dei padroni, ridurre ulteriormente le condizioni di lavoro dei lavoratori e socializzare le perdite, anche grazie all’intervento degli Stati. A tal riguardo è utile riportare le parole di Mercier: “Se le famiglie Peugeot e Agnelli pensano che in due sono più forti sul mercato dell’auto, i 211mila dipendenti di PSA e i 237mila dipendenti di Fiat-Chrysler rappresentano una notevole forza sociale, in grado, unendosi oltre i confini, di difendere collettivamente attraverso le loro mobilitazioni i loro interessi comuni dinanzi ai loro comuni padroni. L’unione dei lavoratori al di là delle frontiere è vitale per costruire le future mobilitazioni che non mancheranno”.

__________________________________

[1] https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/31/fusione-fca-psa-conte-ci-sia-continuita-su-produzione-in-italia-fiom-cgil-e-molto-rischiosa-boccia-si-ai-giganti-europei/5541792/

[2] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/24/prestito-fca-arriva-il-via-libera-della-corte-dei-conti-ai-63-miliardi-di-euro-con-garanzia-sace/5846296/

[3] Piattaforma: Scheletro dell’auto (pianale, sospensioni, impianti di scarico, gruppi motopropulsori, architettura elettronica). Attualmente si usano piattaforme modulari, vale a dire, un unico scheletro per più modelli di auto.

[4] Segmento B: utilitarie. Per esempio la FIAT Punto e la Lancia Ypsilon.

[5] https://torino.corriere.it/economia/20_agosto_02/indotto-auto-allarme-tutte-city-car-fiat-saranno-targate-psa-6e8e97c2-d4ec-11ea-85eb-cddcd933cbd3.shtml

 

Link consigliato: https://auto.everyeye.it/articoli/speciale-fca-non-dimentichi-indotto-italiano-punto-allarmi-malumori-49628.html

Altre fonti:

https://auto.everyeye.it/notizie/accordo-governo-italiano-gruppo-fca-piatto-prestito-6-3-miliardi-452647.html

https://quifinanza.it/soldi/fca-prestito-6-miliardi-indotto/383476/

Tagautocapitalismofcaoperaipsasindacato
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