Firmato ad Atene l’accordo per la ZEE tra Italia e Grecia nel mezzo delle rivalità nel Mediterraneo
Nella giornata di martedì 9 giugno è stato siglato ad Atene un nuovo accordo bilaterale tra Italia e Grecia sui confini marittimi che demarca le rispettive Zone Economiche Esclusive (ZEE)[1], ampliando quello rimasto in sospeso dal 1977 sulla piattaforma continentale. Insieme a questo accordo, che dovrà esser ratificato da entrambi i parlamenti, sono stati firmati altri due documenti relativi alla regolamentazione dei diritti di pesca nello Jonio e allo sfruttamento delle risorse minerarie nel Mediterraneo.
Mentre l’attenzione mediatica si è concentrata sulla questione della chiusura delle frontiere greche ai turisti italiani, l’incontro tra i ministri degli esteri di Grecia e Italia, rispettivamente Nikos Dendias e Luigi Di Maio, aveva obiettivi ben più profondi e strategici per gli interessi delle classi dominanti.
Al di là delle dichiarazioni di rito, il quadro generale in cui si inserisce questo accordo è il pericoloso e complesso scenario delle dispute e contraddizioni intraimperialiste in sviluppo nello scacchiere euromediterraneo e nella regione più ampia che si estende dal Mediterraneo Orientale al Nord Africa, dal Medio Oriente al Corno d’Africa, per la ripartizione delle aree d’influenza, dei ricchi giacimenti di idrocarburi, gasdotti, rotte commerciali e quote di mercato a beneficio degli interessi e profitti dei monopoli sostenuti dai rispettivi stati capitalistici. In particolare è una risposta all’accordo sulla ZEE firmato lo scorso novembre dal governo turco e dal GNA di Tripoli che si sovrappone all’isola greca di Creta.
L’accordo è inteso in particolare dal governo greco come “guida” per altri da promuovere sotto l’”ombrello” euro-atlantico, di cui il prossimo dovrebbe esser con l’Albania mentre continuano i negoziati con l’Egitto. Inviando un messaggio ad Ankara, il ministro greco ha affermato infatti che l’accordo è un «modello di cooperazione e buone relazioni di vicinato» e un «contributo decisivo alla pace e alla stabilità nella nostra regione», sottolineando che «la delimitazione delle zone marittime è raggiunta in conformità al diritto internazionale, con accordi validi. Non con accordi inesistenti, come l’accordo Turchia-Al Sarraj e con mappe unilateralmente presentate alle Nazioni Unite».
Allo stesso tempo, ha riferito che «con l’amico ministro italiano abbiamo parlato del Mediterraneo Orientale. Ho fatto riferimento all’escalation delle violazioni turche contro il nostro paese, come quella recentemente manifestata dalla pubblicazione delle richieste della compagnia petrolifera turca per la perforazione su una piattaforma continentale greca. Ma anche più ampiamente nella zona, cioè contro la Repubblica di Cipro, la Siria e la Libia». «Queste azioni, insieme alla retorica aggressiva della Turchia, mettono in evidenza il suo ruolo destabilizzante», ha affermato rivendicando il ruolo della borghesia greca come “pilastro della stabilità” per i piani USA-NATO che al contempo sostengono anche la Turchia.
Significativa a riguardo la presa di posizione della NATO in Libia a favore del GNA di Tripoli e “dell’alleato strategico turco” così come l’intenzione degli USA di dispiegare sue truppe in Tunisia o nella base aerea di al-Watya, nella Tripolitania Occidentale (riconquistata recentemente dalle forze di Tripoli e Turchia) per contrastare la crescente influenza russa schierata sul lato di Haftar.
Il governo di Erdogan ha negli scorsi giorni rilasciato ulteriori licenze di esplorazione di petrolio e gas in 24 località del Mediterraneo orientale tra Libia e Grecia. Sette di queste località sono appena al largo delle coste di isole greche, invadendo il territorio marittimo greco.
L’ennesima provocazione del governo borghese turco, forte anche dei successi militari e politici in Libia, avviene in relazione ai progressi degli accordi per la costruzione del gasdotto marittimo EastMed tra Israele, Grecia e Cipro per trasportare gas israeliano in Europa tagliando completamente fuori la Turchia.
Il progetto, sulla cui effettiva realizzazione pesano ancora le valutazioni sulla sostenibilità economica, vede il sostegno sia dell’Unione europea, nel suo piano di diversificazione delle fonti di energia, sia dagli USA che trarrebbero vantaggio dalla riduzione della dipendenza europea dalla Russia.
Indicativo anche che i Ministri degli Esteri di Italia e Grecia abbiano discusso degli sviluppi della “guerra di spartizione” in Libia, con entrambi che hanno sottolineato la necessità di trovare una “soluzione politica” all’interno delle linee del piano della Conferenza di Berlino, salutando con favore la nuova iniziativa egiziana[2] (avversata da Turchia e Qatar) che si starebbe muovendo in questa direzione per un “cessate il fuoco”, che però è respinto da Al Serraj, che dopo aver conquistato l’area intorno a Tripoli grazie al sostegno dell’esercito turco è deciso a dare l’assalto alle aree orientali di Sirte e la base di Al Jufra; capovolgendo così la situazione sul campo di battaglia che solo alcune settimane fa vedeva le truppe di Haftar avere il controllo di pressoché tutta la Libia tranne Tripoli.
Dendias e Di Maio hanno anche sottolineato l’importanza della nuova operazione imperialista dell’UE, IRINI, al largo della Libia, a cui compartecipano con ruoli prevalenti l’Italia e la Grecia con l’intento di dispiegare i loro piani e interessi geopolitici.
Esplicativo delle contraddizioni in cui opera la missione è l’episodio che ha avuto luogo nella giornata di mercoledì, quando la fregata greca che partecipa alla IRINI si è avvicinata ad un cargo battente bandiera della Tanzania nel golfo di Sirte, a sud di Creta, che si ritiene portasse armi turche, diretto verso un porto controllato dal GNA di Al Sarraj, scortato da tre fregate turche che hanno risposto alle unità greche, attraverso le frequenze della NATO, di allontanarsi affermando che il cargo “è sotto controllo della Repubblica di Turchia”. Altre quattro fregate turche operano permanentemente al largo della Libia. Nel frattempo, un’altra provocazione turca aveva luogo nell’Egeo quando 14 “F-16” turchi e un “CN-235” hanno violato gli spazi aerei greci.
Infine, i due ministri hanno anche discusso dell'”integrazione euro-atlantica” dei Balcani occidentali esprimendo il loro sostegno all’ingresso di Albania e Macedonia del Nord.
È rilevante notare anche come l’accordo italo-greco segni per l’Italia una prima storica ZEE che può rappresentare un cambio nelle strategie della proiezione dell’imperialismo italiano nel Mediterraneo: quella tracciata con la Grecia è infatti la prima ZEE dell’Italia che finora aveva rinunciato a tracciarne di proprie per non innescare varie problematiche, controversie e contromisure dagli altri Stati costieri. Questa mossa potrebbe significare l’avvio anche per l’Italia di una progressiva definizione di una sua ZEE[3] in un Mediterraneo sempre più infuocato da contese, rivalità e tensioni militari connesse ai conflitti d’interesse interimperialistici per i profitti dei monopoli energetici e grandi gruppi economici.
L’accordo italo-greco consente ai due paesi di esplorare e sfruttare le risorse naturali presenti nell’area entro i loro confini, tra cui il Fortuna Prospect, un importante giacimento di gas al confine fra il Salento e la costa ionica ellenica, tra Santa Maria di Leuca e l’isola di Corfù, che prima dell’accordo era sotto l’egida della Grecia, che aveva già avviato l’esplorazione di un pozzo nell’area che le appartiene, divisa fra la Total al 50%, Edison al 25% ed Hellenic Petroleum al 25%. Il governo italiano, come espressione degli interessi dei monopoli italiani, vuol rafforzare così il suo ruolo nella competizione per le risorse energetiche e i gasdotti che coinvolge le nuove infrastrutture del gas che corrono lungo la linea che va dall’Egitto al Salento, dove la Grecia diventa “hub energetico” col contemporaneo passaggio sul suo territorio di Tap, Tanap e EastMed, nella costruzione di una rete energetica sub adriatica di cui anche l’Italia diviene crocevia.
La conduttura energetica EastMed si sviluppa lungo la costa di Cipro e l’isola greca di Creta e attraverso la zona marittima egiziana e la zona marittima libica, punto proprio in cui si inserisce la ZEE concordata tra Turchia e il GNA di Tripoli con l’intendo di tagliare in due questo progetto e avanzare le proprie rivendicazioni nelle contese nel Mediterraneo orientale (dal mar Egeo a Cipro), ricco di grandi giacimenti di gas naturale (alcuni di recente scoperta). Da poco ratificato dal parlamento greco, con l’opposizione del KKE[4], il progetto vede l’Italia come partner per l’approdo in Europa del gas proveniente dal giacimento israeliano Leviatano, entrando direttamente in conflitto d’interessi con la Russia e la Turchia, che attraverso i gasdotti Blue Stream, South Caucasus Pipeline, Southern Gas Corridor, il Tanap, il Turkish Stream vuol conservare la sua centralità energetica per le sue ambizioni imperialiste nella regione.
Non bisogna lasciarsi quindi ingannare dalle argomentazioni dei governi e forze politiche borghesi che salutano questi accordi con frasi di rito sulla pace e gli interessi nazionali. Bisogna svelare quali interessi e piani sono alla loro base senza illusioni e compiacenza.
L’accordo tra Grecia e Italia non è autonomo rispetto agli sviluppi generali e pericolosi in questa regione, non ne rimuove le contraddizioni e antagonismi ma al contrario è un ulteriore tassello nel coinvolgimento nei piani imperialisti nel contesto di famelica competizione in un’ampia area in cui infuriano guerre alternate a negoziati diplomatici con la bussola degli interessi e profitti dei monopoli capitalistici. Non può esser pertanto a favore dei popoli né della pace.
Commentando l’accordo italo-greco, il Partito Comunista di Grecia (KKE) lo ha definito «al servizio degli interessi e dei piani della borghesia dei due stati membri della NATO e dell’UE, che sono coinvolti negli antagonismi imperialisti in corso, con dolorose conseguenze per i popoli della regione». Evidenziando come già il precedente accordo del 1977 non rispondeva agli interessi dei popoli e non ha evitato «l’intensificazione dei problemi nella regione più ampia» e che l’accordo greco-italiano rientra nei «pericolosi e preoccupanti sviluppi nel Mediterraneo Orientale, mar Egeo, Medio Oriente e Nord Africa», i comunisti greci affermano che solo «i popoli dell’Italia, della Grecia e della regione, attraverso la loro lotta, possono modellare le condizioni per vivere in pace e utilizzare la ricchezza marina, le risorse che producono ricchezza, a proprio beneficio»[5].
_______________________
[1] Secondo il Trattato delle Nazioni Unite (1980), la ZEE è l’area marittima all’interno della quale uno stato ha il diritto di esplorare o sfruttare le risorse marine, compresa la produzione di energia. Si estende fino a 200 miglia dalla costa e comprende la parte del mare fino alla superficie dell’acqua a differenza della piattaforma continentale che si estende fino a 350 miglia e riguarda unicamente il fondale marino.
[2] Ricordiamo che l’Egitto di Al-Sisi è tra i principali sostenitori di Haftar in Libia insieme agli Emirati Arabi Uniti.
[3] Proprio in queste settimane è in discussione nella Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati una proposta di legge del M5S, a prima firma della deputata Iolanda Di Stasio, per avviare l’iter per l’istituzione della Zona Economica Esclusiva dell’Italia. https://www.sardegnagol.eu/politica2/2393-zona-economica-esclusiva-in-sardegna-camera-firmata-la-proposta-di-legge.html
[4] Leggi qui intervento di G. Marinos, deputato e membro dell’UP del KKE, al parlamento greco: https://www.resistenze.org/sito/te/po/gr/pogrke25-022777.htm
[5] https://inter.kke.gr/es/articles/Un-acuerdo-entre-la-burguesia-de-Grecia-y-de-Italia-no-es-para-celebrar/