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Home›Rassegna operaia›Il SI COBAS in piazza a Napoli il 5 novembre: “Portare avanti un percorso virtuoso e che rompa gli schemi”, intervista a Tiziano Loreti

Il SI COBAS in piazza a Napoli il 5 novembre: “Portare avanti un percorso virtuoso e che rompa gli schemi”, intervista a Tiziano Loreti

Di Redazione
03/11/2022
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La manifestazione nazionale di sabato 5 novembre a Napoli si avvicina e continuiamo con le interviste ad alcune, fra le tantissime, realtà organizzate che animeranno la piazza. Abbiamo raggiunto Tiziano Loreti, sindacalista del SI Cobas, che sottolinea come la data abbia “una valenza generale” non solo in virtù del grande lavoro svolto in vista della giornata per connettere lavoratori e realtà diverse attorno ad una prospettiva di contrasto alle politiche filo-padronali ma anche perché “propedeutica allo sciopero del 2 dicembre e della manifestazione nazionale che si farà il 3 dicembre a Roma”. Il percorso entro cui si inserisce la manifestazione di sabato è un percorso che vuole favorire il prodursi di “un’opposizione reale […] alle politiche economiche di questo governo, che sono le stesse dei governi precedenti”.

Anche voi del Si Cobas sarete in piazza il 5 novembre a Napoli. Da cosa nasce il vostro appoggio alla giornata?

La data del 5 si aggiunge a tutte quelle date che, dal 2020 in poi, hanno costituito un tentativo, da parte nostra, di costruire un blocco sociale anti-capitalista che diventi punto di riferimento per chi ha deciso di non stare dentro il perimetro delle compatibilità. È una data che ha una valenza generale: noi non pensiamo che ci siano questioni che siano prevalenti ma che vada preso tutti insieme organicamente al fine della costruzione di tale blocco. Questa manifestazione, poi, ha due caratteristiche: la prima è che si contrappone alla manifestazione di Roma, un blob dove dentro ci sta tutto e il contrario di tutto, le bandiere della pace che sfilano insieme a quelle della Nato; la secondo è che è propedeutica allo sciopero del 2 dicembre e della manifestazione nazionale che si farà il 3 dicembre a Roma sempre insieme alle forze sociali che si sono unite in questo percorso di convergenza.

La convergenza che si sta creando attorno alla giornata del 5 rappresenta secondo voi un’opportunità per rilanciare un’opposizione di classe alle norme filo-padronali che si susseguono attraverso i vari governi?

Bisogna intanto chiarire cosa significa convergenza. Oggi l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è di costruire un coordinamento dove sta dentro di tutto al fine di formare un qualcosa che è meno peggio di quello che c’è: ripercorreremmo le strade di un incubo che da vent’anni o più la sinistra sta vivendo e che ha dimostrato tutta la sua incapacità di essere un punto di riferimento diverso rispetto a quello che è il paradigma che noi viviamo. È dunque chiaro che per noi la costruzione dello sciopero generale e del blocco sociale anti-capitalista sono due cose che stanno insieme, poiché noi non siamo un sindacato tradeunionista che porta avanti solo il lato vertenziale ed economico; pensiamo anche che all’interno del sindacato debbano esserci dei lineamenti politici e che, anzi, gli elementi politici debbano prevalere su quelli economicisti. La sfida è portare avanti un percorso che sia virtuoso e che rompa gli schemi della mera sommatoria di sigle e personalità per andare verso un’organicità e radicamento di vedute. Fino ad ora la sinistra ha tentato, come unico modo di ricostruirsi, la presentazione di cartelli elettorali (per poi dividersi il giorno dopo). Per noi questo principio non vale perché per noi la priorità è riconnetterci con il corpo sociale che intendiamo rappresentare, anche perché questi anni di crisi hanno avuto, oltre quello dell’aumento del precariato, anche l’effetto di rompere i legami di solidarietà tra le frange di questo corpo sociale.

Il nuovo governo ha già manifestato degli indirizzi chiari riguardo agli interessi che intende tutelare: sostegno alle imprese e repressione verso chi protesta rappresentano ricette che, anche per vostra esperienza, possiamo dire già viste.

Io credo che, senza giri di parole, siamo di fronte ad un governo sicuramente reazionario la cui composizione possiamo dire preoccupante per molti aspetti fra cui la condiscendenza quando non l’ammirazione per il passato fascista dell’Italia. Nello stesso tempo se noi oggi costruissimo l’opposizione nel nostro Paese attraverso un semplice richiamo all’antifascismo – come tentano di fare forze politiche alla ricerca di una nuova verginità politica – sbaglieremmo. Questo è un governo che si muove dentro il perimetro dell’Unione Europea, che si muove aprendo ad una ad una le pagine dell’agenda Draghi e che, quindi, non si discosta, nei caratteri essenziali, dai governi precedenti. D’altronde, io penso che oggi le politiche siano formulate ed eseguite attraverso l’Unione Europea. La strada per fare un’opposizione reale è quella che passa per la critica alle politiche economiche di questo governo, che sono le stesse dei governi precedenti e oggi è il sistema stesso che, per così dire, non tollera le attività di chi vuole mettere un freno a questa macchina da guerra che stanno provando a costruire. La repressione dei movimenti, che noi come Si Cobas conosciamo molto bene essendo stati toccati piuttosto duramente, si muoverà sulla strada segnata dal governo Draghi: più ci sarà un avanzamento del conflitto più aumenteranno gli episodi repressivi. Per combattere questa tendenza bisogna anche uscire dall’autoreferenzialità e dalla tendenza a dire che “siamo gli unici a fare e subire cose del genere”, perché ovviamente non è vero, e costruire il fronte largo di cui parlavamo, unica alternativa al piangersi addosso.

La connessione fra collettivi di lavoratori, comitati e vertenze che si sta realizzando in vista della manifestazione di sabato rilancia quindi l’importanza di collegare le singole lotte ad una dinamica più generale?

Beh, a questa domanda hanno risposto sicuramente gli ultimi anni, nei quali moltissime lotte, anche quelle più avanzate e dagli esiti positivi, hanno fatto difficoltà a sedimentare coscienza ed avanzamenti in virtù di una frammentazione che, ovviamente, depotenzia le lotte dei proletari e fa il gioco dei padroni. Questo in alcuni casi ha comportato e può comportare, per quello che vediamo dalla nostra esperienza, da un lato che sia sempre più difficile conquistare diritti e condizioni migliori, dall’altro che anche quei contesti dove si erano prodotti passi in avanti non riescano ad approfondire quei processi in virtù di un quadro generale sfavorevole. In definitiva dire che nessuna vertenza si può vincere da sola è molto più di uno slogan, è la realtà che abbiamo sotto gli occhi. Uno degli obiettivi di questo percorso è proprio costruire la capacità di fare vertenze vincenti e noi possiamo vincere se siamo capaci di costruire una battaglia generale e, per quanto possa essere difficile e complicato, tutte le vertenze che stanno per nascere dovrebbero legarsi tra di loro.

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