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Home›Politica›Il premio a Salvini e il carattere di agente sionista della Lega

Il premio a Salvini e il carattere di agente sionista della Lega

Di Domenico Cortese
01/08/2025
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Nel giorno dell’ennesimo massacro a Gaza – con i carri armati israeliani che sparavano sulle tende degli sfollati provocando decine di morti – il leader della Lega, Matteo Salvini, riceveva il premio Israele-Italia 2025. Il riconoscimento – istituito per la prima volta dall’Istituto Milton Friedman, dall’Unione delle associazioni Italia-Israele, dal Maccabi World Union, dall’Israel Defense And Security Forum e da ‘Alleanza per Israele’ – è stato conferito per via dell’“l’amicizia” del vicepremier “con Israele”. Grato per gli elogi ricevuti, il vicepremier leghista – spiegando che la targa la terrà cara nel suo ufficio – ribadiva: «Lo stop delle ostilità dipende solo da Hamas, se rilasciano gli ostaggi all’indomani finiscono le bombe». Un’asserzione del genere desta oggi, giustamente, scandalo e stupore: a causa delle difficoltà, ormai, di celare al grande pubblico i dettagli cruenti del genocidio portato avanti da Tel Aviv e grazie all’enorme ondata di mobilitazione popolare che, in tutto il Paese, da quasi due anni chiede lo stop alle violenze sioniste, è ormai raro che in Italia un capo di partito si esprima in modo così manifesto a favore del progetto israeliano.

Le ragioni di Salvini, apparentemente contro ogni logica elettoralistica e di consenso – la stessa che sta conducendo il centro-sinistra, mai realmente a difesa dell’incolumità dei palestinesi, a cambiare oggi registro – è, tuttavia, radicata in un preciso percorso politico del suo partito. La Lega, infatti, da oltre dieci anni punta ad accreditarsi come il referente principale non solo degli interessi del sionismo in Medio Oriente, con tutti i vantaggi in termini di contatti, agganci politici e risorse che, si presume, possa ricevere da questo, ma anche degli interessi delle imprese italiane nel colonialismo israeliano (tema che abbiamo affrontato più volte).

Nella storia recente della Lega esistono una miriade di episodi e dichiarazioni che dimostrano il legame, ormai di lungo corso, che questo partito possiede con Israele e i suoi coloni. Si può iniziare col citare l’accordo di amicizia chiuso nel 2015 dalla Provincia di Sondrio con la colonia israeliana di Shomron, che è diventato allora un caso nazionale ed è stato portato avanti dai presidenti della provincia che si sono alternati in quegli anni, entrambi in quota Lega. Va segnalato che il Consiglio Regionale di Shomron (che allora contava già 29 insediamenti per un totale di 6500 coloni) non era una normale provincia israeliana e che fosse, in realtà, considerato come illegale dalla grandissima parte della comunità internazionale. Il rappresentante dei coloni Yossi Dagan era stato, tuttavia, onorato da Israele col titolo di “governatore”, anche per negare ogni pretesa di sovranità palestinese sui territori occupati.

Della Bitta, il presidente della provincia di Sondrio al tempo dell’accordo formale, ha difeso la decisione sostenendo che si trattava di un puro accordo tra amministrazioni locali e che le visite svolte dalle autorità sondriesi avevano riscontrato nelle visite a Shomron una situazione positiva di convivenza tra palestinesi e israeliani. Tuttavia, come riportavano varie testate, il “governatore” Dagan era tutt’altro che impegnato nel dialogo e nella pacificazione: all’inizio dello stesso 2015 era stato coinvolto in prima persona in un caso di aggressione a una spedizione diplomatica statunitense che compiva un’ispezione agli oliveti palestinesi sradicati dai coloni israeliani. Per di più l’amministrazione della colonia era impegnata nella produzione di materiale di propaganda in cui gli attivisti filopalestinesi sono dipinti come “neo nazisti”. Allora come oggi, d’altronde, la Lega si è sempre opposta al riconoscimento dello stato palestinese e si era già schierata contro la Freedom Flottilla, dando già in quegli anni ai palestinesi la colpa dei bombardamenti su Gaza.

Matteo Salvini, poco tempo dopo, nel 2016, arrivava direttamente in Israele dove per tre giorni, spiegava lui stesso, puntava a studiare «i modelli di sicurezza» dello “Stato ebraico”. In maniera coerente con l’ideologia securitaria, xenofoba e repressiva della Lega, gli strumenti di uno stato fascista come Israele venivano già presi a modello da Salvini una decina d’anni fa. Nel 2018 lo stesso Salvini avrebbe consolidato i rapporti con l’ambiente e la comunità sionista, incontrando la comunità ebraica italiana, recandosi alla sinagoga italiana e in visita allo Yad Vashem, il museo di Gerusalemme. Negli stessi giorni avrebbe fatto un punto stampa all’hotel King David a Gerusalemme e sarebbe stato ricevuto da Netanyahu in persona.

L’esposizione del capo della Lega a favore della propaganda sionista si intensifica nel tempo, con dichiarazioni come quella del gennaio 2020, quando Salvini affermava pubblicamente in un convegno al Senato sul tema dell’antisemitismo che quest’ultimo fosse colpa dei migranti di fede musulmana e che, una volta al governo, avrebbe riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele.

Nel maggio 2021, invece, è stata la volta dell’organizzazione giovanile della Lega, la Lega Giovani, che ha organizzato un webinar sulla politica israeliana con esponenti del Likud, il partito di estrema destra di Benjamin Netanyahu. Durante il seminario online, introdotto dal vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei deputati, Paolo Formentini, i giovani del Carroccio si sono confrontati con Eli Hazan, direttore degli affari esteri del Likud e Ariel Kallner, ex deputato alla Knesset per il partito di Netanyahu. Questo evento è stato allora commentato dal partito di Salvini come «un momento di confronto ed arricchimento tra le due formazioni politiche, di Paesi alleati ed amici, che hanno già condiviso iniziative analoghe segno del rapporto stabile tra i due partiti». L’avvicinamento progressivo della Lega alle fazioni più reazionarie e scioviniste di Israele va di pari passo non soltanto con l’accrescimento della retorica populista anti-immigrati del partito ma, anche con l’elaborazione di posizioni esplicitamente favorevoli all’imperialismo israeliano, visto come complementare agli interessi dei capitali italiani. 

In effetti, è nel programma elettorale della Lega per le elezioni politiche del 2022 che si dichiara di voler sostenere la realizzazione del progetto del gasdotto EastMed/Poseidon che consentirebbe all’Italia di approvvigionarsi di gas da Israele e Cipro, considerato dal Carroccio necessario per finalizzare e rendere stabile la cooperazione Italia-Israele in tema di «innovazione per il recupero, il trattamento e il riutilizzo delle acque reflue». Durante la campagna elettorale delle stesse elezioni, Matteo Salvini ribadiva con forza a un quotidiano israeliano la sua posizione sul riconoscimento della capitale israeliana: «In caso di vittoria al voto mi impegno a mantenere la promessa di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di trasferirvi l’ambasciata italiana». Da notare che il leader della Lega ha così definitivamente abbracciato la posizione americana sconfessando persino quella dell’UE, che non riconosce Gerusalemme come capitale dello “Stato ebraico”.

Dopo gli eventi del 7 ottobre 2023 il carattere di agente sionista della Lega si rafforza decisamente. A novembre 2023 la Lega ha organizzato una mobilitazione a favore di Israele a Milano, all’inizio della quale è intervenuto anche Alon Bar, ambasciatore di Israele in Italia, dicendo: «Voglio ringraziare il vicepremier Salvini e tutto il governo italiano per la forte solidarietà espressa nei confronti di Israele in queste settimane. Questa solidarietà ci ha profondamente commosso e vi chiediamo di continuare a sostenerci con forza». Durante la stessa manifestazione Salvini ha voluto ricordare dal palco che «Gli ultimi fascisti rimasti sono quelli che stanno sfilando per Milano e che odiano Israele, nostalgici dell’odio e della paura», riferendosi ai partecipanti di una manifestazione a favore della Palestina che si svolgeva in contemporanea alla manifestazione della Lega.

A febbraio 2024 la Lega ha depositato al Senato una proposta di legge che intende vietare le manifestazioni in cui si esprimano critiche alle istituzioni israeliane. La proposta adottava infatti la definizione di antisemitismo formulata dall’Assemblea plenaria dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), che inquadra l’antisemitismo come «una determinata percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti, le cui manifestazioni, di natura verbale o fisica, sono dirette verso le persone ebree e non ebree, i loro beni, le istituzioni della comunità e i luoghi di culto ebraici». Questa definizione, va fatto notare, è tuttavia oggetto di non poche critiche, dal momento che definisce antisemiti atteggiamenti ascrivibili piuttosto all’antisionismo. All’art. 3 del DDL depositato, in particolare, la Lega inseriva un apposito punto contro le manifestazioni di piazza, che offrirebbe alle questure il potere di negarne l’autorizzazione “per ragioni di moralità” anche in caso di “rischio potenziale” per l’uso di «simboli, slogan, messaggi e qualunque altro atto antisemita ai sensi della definizione operativa di antisemitismo adottata dalla presente legge». Qui, come si vede, il legame sionista della Lega si connette all’attitudine repressiva e antipopolare di questo partito, che con una sola mossa puntava a scoraggiare le mobilitazioni contro il genocidio dei palestinesi e ogni presa di coscienza del fatto che gli interessi dei palestinesi sono legati a quelli dei proletari di tutto il mondo – anche perché sempre più, negli ultimi mesi, le manifestazioni contro il genocidio sono state organiche a lotte come quelle per l’ambiente o contro la guerra imperialista in generale.

A febbraio 2025, infine, Salvini ha incontrato personalmente in Israele il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, il ministro della Diaspora, Amichai Chikli, la ministra dei Trasporti, Miri Regev, e il presidente del parlamento, Amir Ohana al fine di ribadire l’amicizia tra Italia e Israele e il desiderio di rafforzare ulteriormente la cooperazione. Salvini e Regev, in particolare, si sono confrontati sulla situazione internazionale e hanno parlato di altri dossier come la sicurezza marittima, le autostrade intelligenti, il ritorno dei collegamenti aerei diretti Italia-Israele (ripartiti da poco, ma che entrambe le parti vorrebbero incrementare), i trasporti a idrogeno come alternativa all’elettrico (è stato citato il nuovo treno che entrerà in funzione nel bresciano), la partecipazione di aziende italiane nei grandi progetti infrastrutturali in Israele, la collaborazione in altri settori a partire dalle nuove tecnologie per il controllo del traffico. Salvini ha toccato anche il tema idrico, ricordando l’impegno del governo italiano per migliorare e ammodernare la rete, le dighe, nuovi impianti di irrigazione. A questo proposito, il vicepremier ha auspicato cooperazione alla luce della grande competenza israeliana. Per farlo, di conseguenza, gli uffici dei rispettivi ministeri si sono messi al lavoro per individuare i margini di una fruttuosa collaborazione. Salvini è poi tornato a esprimere forti perplessità sulle posizioni assunte sul genocidio da alcuni organismi internazionali come la Corte penale internazionale.

Il rapporto della Lega e del suo leader Matteo Salvini con Israele e il sionismo sembra, perciò, abbracciare i diversi aspetti del fenomeno. Vi è il piano ideologico, entro il quale la Lega combacia perfettamente per il suo carattere nazionalista, antipopolare e antioperaio in particolare, la cui retorica punta molto sull’individuazione del “nemico esterno” e, in questo caso, di un nemico esterno che prevalentemente coincide con le frange di popolazione di origine araba. Esiste il piano repressivo e securitario, in cui le istituzioni israeliane sono estremamente all’avanguardia dal punto di vista organizzativo e tecnologico, e che la Lega utilizza come suo principale cavallo di battaglia elettorale, essendo specialista nell’inquadrare ogni disagio o conflitto sociale come un problema di ordine pubblico e di sicurezza. C’è poi il piano degli interessi economici convergenti, entro il quale la Lega, da sempre connessa alla classe imprenditoriale grande e piccola del settentrione d’Italia (ed oltre), si vuole accreditare come principale sponsor degli investimenti italiani in Israele e viceversa. Se il sionismo è l’esempio più paradigmatico dell’applicazione di queste politiche al giorno d’oggi, non deve stupire che nutrire il legame con esso viene visto, dalla Lega e dai suoi dirigenti, come un grande valore aggiunto, sia in termini di convenienza economica che di propaganda politica. Da questo punto di vista, la sfrontatezza con cui Salvini ha accettato il premio Italia-Israele non deve sorprendere ma portare a lottare nel modo più duro possibile contro il governo Meloni e gli interessi di classe che stanno dietro alle sue politiche e che stanno foraggiando da anni il fenomeno sionista in Medio Oriente.

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Domenico Cortese

Domenico Cortese, nato a Tropea nel 1987, dottore di ricerca in Filosofia e Storia. Gestisce il blog Il Capitale Asociale su FB e IG, è membro del comitato centrale del Fronte Comunista, in cui milita dalla sua fondazione. Collabora con L'Ordine Nuovo su argomenti di economia e attualità.

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