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Home›VPI - Articoli›Prostituzione e sfruttamento sessuale nel capitalismo

Prostituzione e sfruttamento sessuale nel capitalismo

Di Redazione
16/02/2025
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Da El Machete – Organo del PC del Messico
Link all’originale

Di Luna Grajales

La prostituzione è una delle espressioni più crude e disumanizzanti dello sfruttamento capitalistico, che riduce le donne della classe operaia a merce in un sistema che privilegia il profitto sulla dignità umana. Questo fenomeno non è un incidente o un’anomalia del capitalismo; al contrario, è una conseguenza diretta delle strutture economiche e sociali che perpetuano la disuguaglianza e la mercificazione delle donne.

Nel capitalismo, le opportunità economiche sono distribuite in modo profondamente diseguale. Mentre le donne borghesi hanno accesso all’istruzione, a lavori ben retribuiti e a risorse che consentono loro di evitare opzioni lavorative degradanti, le donne lavoratrici si trovano di fronte a un quadro radicalmente diverso. Per molte di loro la prostituzione non è una libera scelta, ma una fuga disperata dalla mancanza di alternative. Povertà, disoccupazione, mancanza di accesso a un’istruzione di qualità e il peso delle responsabilità familiari spingono milioni di donne a questa forma di sfruttamento.

Il sistema capitalistico, creando una divisione di classe, fa sì che alcune fasce della popolazione siano più vulnerabili allo sfruttamento. In questo contesto, le lavoratrici sono doppiamente oppresse: dal loro genere, essendo viste come oggetti al servizio dei desideri maschili, e dalla loro classe, non avendo i mezzi per una vita dignitosa. Questo assicura un flusso costante di corpi disponibili per la prostituzione, un business multimilionario che va a beneficio di protettori, imprenditori e consumatori, perpetuando la sofferenza delle donne coinvolte.

Negli ultimi decenni si è tentato di normalizzare la prostituzione con il discorso che si tratta di una forma di lavoro. Tuttavia, questa prospettiva ignora le dinamiche di potere che caratterizzano il rapporto tra coloro che consumano questi servizi e le donne che li offrono. Parlare di prostituzione come “lavoro” legittimo all’interno del capitalismo implica accettare che sia valido e necessario per un sistema economico generare condizioni in cui milioni di donne devono ricorrere alla vendita del proprio corpo per sopravvivere.

Questa normalizzazione rende anche invisibili i danni fisici, emotivi e psicologici che la prostituzione comporta. Le donne che si prostituiscono sono spesso esposte a violenze, abusi e malattie e devono affrontare lo stigma sociale che le accompagna anche se riescono a lasciare il giro. Nel frattempo, il capitalismo continua a trarre profitto dai loro corpi, perpetuando l’idea che alcuni esseri umani possano essere comprati e usati come oggetti.

La prostituzione è profondamente radicata nella logica capitalista, che trasforma tutto, compresi i corpi umani, in merci. La disuguaglianza insita nel sistema fa sì che ci sia una domanda costante di servizi sessuali, creando al contempo un’offerta di donne costrette dalla necessità economica a soddisfare tale domanda. Inoltre, ideologicamente, la borghesia rafforza l’idea che gli uomini abbiano il diritto di consumare il corpo delle donne.

D’altra parte, le donne borghesi raramente sono costrette a ricorrere alla prostituzione. La loro posizione economica permette loro di evitare le condizioni precarie che spingono tante donne lavoratrici a questa forma estrema di sfruttamento. Questo contrasto rivela la natura classista e profondamente ingiusta della prostituzione, che colpisce in modo sproporzionato le donne più vulnerabili della società.

Per sradicare la prostituzione, è necessario trasformare le relazioni economiche e sociali che la sostengono. Una società che dia priorità al benessere collettivo rispetto al profitto individuale deve garantire a tutte le persone, soprattutto alle donne, l’accesso a un’istruzione gratuita e di qualità, a un lavoro dignitoso, a un alloggio sicuro e a sistemi di sostegno che consentano loro di vivere una vita appagante senza ricorrere allo sfruttamento sessuale.

Inoltre, è essenziale cambiare le narrazioni che giustificano e normalizzano la prostituzione. Ciò comporta l’educazione delle generazioni future alla parità di genere, al rispetto reciproco e all’importanza di costruire relazioni umane basate sulla reciprocità e sulla solidarietà, non sullo sfruttamento.

In una società basata sulla giustizia sociale e sull’equità, le donne non sarebbero viste come risorse disponibili per il consumo, ma come soggetti con pieni diritti e capacità. L’eliminazione della prostituzione non significa solo eliminare un’attività, ma costruire un mondo in cui nessuna donna debba scegliere tra la propria dignità e la propria sopravvivenza.

La prostituzione, lungi dall’essere una scelta personale o libera, è una manifestazione estrema delle disuguaglianze insite nel capitalismo. È un doloroso promemoria di come questo sistema mercifichi anche gli aspetti più intimi dell’esistenza umana. Tuttavia, immaginare un futuro in cui la prostituzione appartenga al passato è possibile. Per farlo, è necessario costruire una società che metta fine allo sfruttamento, in cui le donne non siano viste come oggetti da usare come merci. L’abolizione della prostituzione è possibile solo con l’abolizione del capitalismo.

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