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Home›Politica›L’insanabile scollamento tra propaganda di guerra e masse popolari in Italia

L’insanabile scollamento tra propaganda di guerra e masse popolari in Italia

Di Lorenzo Vagni
16/04/2025
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Da ormai settimane le istituzioni, tanto italiane quanto europee, e i media stanno conducendo una vera e propria campagna di (dis)informazione e propaganda nel tentativo di convincere le masse popolari della presunta necessità di misure di economia di guerra, di aumento della spesa bellica e di integrazione militare europea.

A vario titolo e con sfumature diverse[1], le parole d’ordine del riarmo europeo (con il sostegno al piano ReArm Europe) e della “difesa comune” (talvolta declinata nella forma dell’“esercito europeo”), proposte politiche che in ogni caso vanno nella direzione del rafforzamento militare dell’Unione Europea imperialista, vengono promosse dai partiti rappresentanti le principali tendenze ideologiche borghesi: dai socialdemocratici, ai liberali, ai conservatori, fino all’estrema destra e passando persino per settori della cosiddetta “sinistra” borghese o delle dirigenze sindacali collaborazioniste[2].

Persino quei casi isolati di partiti rappresentati nelle istituzioni che hanno votato contro ReArm Europe dimostrano atteggiamenti evidentemente contraddittori rispetto alla loro storica (o in alcuni casi attuale) condotta bellicista: ad esempio la Lega si dice contraria al piano di Ursula von der Leyen, ma sostiene attivamente le politiche di aumento delle spese militari e le richieste della NATO tramite i propri esponenti all’interno del governo Meloni[3]; allo stesso modo, il M5S ha nelle sue esperienze al governo promosso in più occasioni l’aumento delle spese militari[4], l’invio di armi all’Ucraina[5], il sostegno alle missioni militari italiane[6] e posizioni contro l’uscita dalla NATO[7].

Nonostante l’arco politico borghese sia pertanto pressoché unanimemente promotore di politiche belliciste e di inasprimento delle tensioni internazionali, con le sue armi ideologiche volte al convincimento delle masse popolari, la realtà dimostra come nel “paese reale” queste posizioni siano, quantomeno ad oggi, tutt’altro che accettate dalla maggioranza della popolazione. Un sondaggio pubblicato nel novembre 2024 testimonia come solo il 23% degli italiani sarebbe favorevole all’aumento delle spese militari secondo l’obiettivo del governo Meloni di raggiungimento del 2% del PIL, mentre il 55% sarebbe espressamente contrario e un 22% non saprebbe prendere una posizione[8].

In maniera analoga, il medesimo sondaggio dimostra come la maggior parte degli italiani si oppone all’incremento della spesa militare dell’UE avanzata dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: a un 27% favorevole si contrappone un 52% di contrari e un 21% di indecisi[9]. Questa statistica, seppur in maniera indiretta, mostra con chiarezza come le proposte di “esercito europeo” o comunque di integrazione militare europea non riscuotano maggior sostegno popolare rispetto ai “tradizionali” piani di riarmo da parte dei singoli paesi. Lo stesso sondaggio riportava una netta volontà di colpire gli extra-profitti dell’industria bellica[10]: in particolare, quasi due terzi degli intervistati (65%) si dichiarava favorevole all’introduzione di una tassa sugli utili straordinari, preferendo che le risorse pubbliche siano destinate a settori come sanità, istruzione e ambiente, con un solo 17% di contrari[8].

L'insanabile scollamento tra propaganda di guerra e masse popolari in Italia

Blitz dei militanti del Fronte Comunista alla manifestazione contro la guerra del 5 aprile 2025

Va notato come sono molteplici i sondaggi che dimostrano una netta contrarietà popolare all’aumento del budget per la difesa: nello stesso anno, ma nel mese di marzo, i contrari all’aumento delle spese militari raggiungevano il 61,4%, con la maggior parte degli intervistati che considerava l’aumento delle spese belliche un «distogliere investimenti da settori che hanno bisogni prioritari»[11].

Un ulteriore sondaggio, condotto nel luglio 2024 dallo European Council on Foreign Relations (ECFR), quantificava nel 63% gli italiani contrari all’aumento delle spese militari, riscontrando nell’Italia il paese (tra 15 Stati europei presi in considerazione) in cui si registra la maggiore ostilità ad un aumento delle spese militari. Il sondaggio indagava inoltre il sentimento nei confronti della guerra in Ucraina, rilevando come il 53% degli italiani sia contrario all’invio di nuove armi e munizioni all’Ucraina, mentre ben l’80% sia contro l’invio di truppe per combattere[12]. Con riferimento al piano ReArm Europe, in un sondaggio del 15 aprile 2025 si riscontra come il 62% degli italiani sia contrario al piano, a fronte di un solo 30% di favorevoli[13]. Infine, un sondaggio condotto dall’istituto Gallup rilevava come, se ci fosse una guerra, solo il 14% degli italiani sarebbe disposto a combattere per il proprio Paese[14].

Va tenuto conto del fatto che, in un contesto di egemonia da parte della borghesia – con il controllo dei mezzi di informazione, con la censura e con l’influenza sulla formazione delle nuove generazioni – le idee politiche delle masse non siano inamovibili, ma potrebbero cambiare specialmente con l’intensificazione della propaganda di guerra (motivo per cui essa non va mai sottovalutata e dev’essere sempre denunciata e contrastata). Bisogna inoltre considerare come lo stesso strumento del sondaggio non sia affatto “neutrale”, ma tenda a indirizzare le risposte degli intervistati, incanalandole in una prospettiva di compatibilità con l’esito ricercato dal committente del sondaggio stesso, finendo per non rappresentare appieno le reali opinioni della gente comune. Tuttavia, almeno ad oggi, è impossibile non notare un insanabile scollamento tra la politica guerrafondaia di governo, finta opposizione parlamentare e UE, e le masse popolari nel nostro paese.

Questa mancanza di adesione, perlopiù legata ai bisogni degli strati popolari, i quali pur in assenza di una marcata coscienza politica possono facilmente riscontrare la sovrapposizione tra aumento delle spese belliche e tagli alla spesa sociale, rende fertile il terreno per l’opposizione alla guerra, come dimostrato in momenti di piazza quali le diverse manifestazioni che a partire dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina hanno visto una larga partecipazione; ciò nonostante, in assenza di un soggetto politico espressione dei settori più coscienti della classe operaia e degli strati popolari, questo sentimento “pacifista” diffuso è destinato ad essere ingabbiato e quindi tradito dalla propaganda dei partiti borghesi che oggi, in funzione della creazione del proprio consenso elettorale, si professano contrari alla guerra, ma sostengono o hanno sostenuto politiche che vanno proprio in quella direzione.

Esistono dunque margini per un progetto politico che possa incanalare la rabbia e le più genuine aspirazioni popolari, saldando in maniera indissolubile le rivendicazioni di pace con la lotta per una società in cui vengano meno lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo e, come naturale conseguenza, le premesse stesse della guerra del capitale.

 

Note

[1]: Per approfondire: Come il riarmo europeo mette d’accordo Fratelli d’Italia, PD e… fascisti!, Lordinenuovo.it, 28 marzo 2025.

[2]: Per approfondire: Lo spartiacque del 15 marzo, Lordinenuovo.it, 17 marzo 2025.

[3]: Lega double-face, contro il riarmo ma anche a favore delle spese militari, Ilmanifesto.it, 9 aprile 2025.

[4]: Spese militari, Conte fa il pacifista ma fu lui ad aumentarle del 5,6%. Ecco i veri numeri, Secoloditalia.it, 30 marzo 2022.

[5]: M5s, Conte : Favorevoli agli aiuti all’Ucraina, anche militari, Youtube.com, 29 marzo 2022.

[6]: Missioni all’estero sempre più a caro prezzo, Panorama.it, 17 giugno 2020.

[7]: Il Movimento 5 Stelle torna sotto l’ombrello Nato: «Non siamo filorussi», Ildubbio.news, 16 novembre 2017.

[8]: La maggior parte degli italiani è contraria all’aumento delle spese militari voluto dal governo Meloni, Greenpeace.org, 7 novembre 2024.

[9]: Ibidem.

[10]: In questo caso va notato come il sondaggio sembrerebbe già di per sé indirizzato ideologicamente dagli autori, in quanto quella parte degli intervistati potenzialmente contraria ai profitti e agli interessi dell’industria bellica tout court avrebbe al massimo potuto esprimere la sola contrarietà ai meri “extra-profitti”, ossia i guadagni eccezionali e fuori dalla norma ottenuti durante periodi di conflitto o di tensione geopolitica: di per sé una rivendicazione non sbagliata aprioristicamente, ma certamente insufficiente per una netta inversione di rotta rispetto alle politiche guerrafondaie (la tesi di fondo potrebbe sottendere il considerare “giusti” gli “ordinari” profitti dei produttori di armamenti).

[11]: Guerra Ucraina, la maggioranza degli italiani è contraria all’aumento delle spese militari: il sondaggio, Fanpage.it, 31 marzo 2022.

[12]: Il 63% degli italiani è contrario all’aumento delle spese militari, Blitzquotidiano.it, 3 luglio 2024.

[13]: Difesa: sondaggio Youtrend, 62% italiani contrario a piano ReArm Eu, Lagazzettadelmezzogiorno.it, 15 aprile 2025.

[14]: Combatteresti per il tuo Paese? Ecco la risposta degli italiani, Esquire.com, 7 marzo 2025.

TagguerraimperialismoinformazionePropagandaReArm EuroperiarmoSpese militari
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Lorenzo Vagni

Lorenzo Vagni, classe 1993, laureato in Ingegneria Elettronica. Militante comunista dal 2015 nel FGC e dalla sua fondazione nel FC, ha ricoperto per anni incarichi di rappresentanza degli studenti all'Università di Roma "La Sapienza". È autore di diversi articoli per il giornale della gioventù comunista, Senza Tregua. Collabora con L'Ordine Nuovo su argomenti di politica e attualità.

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