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Home›Politica›La strategia bellicista dell’Italia: un’analisi delle ultime iniziative del governo Meloni

La strategia bellicista dell’Italia: un’analisi delle ultime iniziative del governo Meloni

Di Lorenzo Vagni
29/05/2025
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Almeno 45 miliardi alle spese militari: un record destinato a essere superato

Lo scorso 15 maggio il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ufficializzato che l’Italia ha raggiunto l’obiettivo del 2% del PIL per la spesa in difesa e sicurezza, ossia la quota minima stabilita dalla NATO per ciascuno Stato membro[1]. La notizia nei giorni successivi è stata confermata e definita un successo anche da Guido Crosetto, Ministro della Difesa[2]. Il raggiungimento di questa soglia è stato possibile, in parte, grazie a un effettivo aumento degli investimenti e, in parte, grazie a nuovi metodi di calcolo, con una ridefinizione delle categorie di spesa che ha fatto rientrare nel conto anche spese in precedenza contabilizzate diversamente: in particolare, sono stati fatti rientrare nel conto delle spese militari il pagamento delle pensioni dei militari (precedentemente a carico dell’INPS), i servizi di previsione meteorologica, la Guardia Costiera (prima al ministero dei Trasporti), la Guardia di Finanza (prima al Ministero dell’Economia e delle Finanze), l’attività di distruzione di armi e munizioni e il disinnesco di ordigni bellici inesplosi[3][4].

In ogni caso, secondo le stime dell’Osservatorio sulle spese militari italiane MIL€X, il bilancio difesa “in chiave NATO”, ossia definito secondo i criteri stabiliti dall’Alleanza Atlantica, si aggirava prima delle dichiarazioni dei ministri del governo Meloni sui 35,4 miliardi, mentre il livello corrispondente al 2% si attesta al 45,1 miliardi[5]; ciò implica un reperimento da parte del governo di 9,7 miliardi, che solo in parte potrà essere coperto spostando le altre voci di bilancio finora escluse, e che pertanto implica l’aumento degli investimenti bellici. Non a caso, nel 2025 l’Italia ha raggiunto il livello record di spesa militare, con incrementi significativi sia nel corso dell’ultimo decennio (+60%), sia in confronto all’anno precedente (+12,4%)[6]. Nel frattempo, lo stesso Crosetto ha annunciato che il governo ha elaborato proposte per incrementare ulteriormente la spesa militare, assicurando l’adeguamento ai nuovi obiettivi di spesa militare proposti dalla NATO, con il target di spesa per la difesa dei paesi membri che potrebbe aumentare dal 2% attuale a una soglia compresa tra il 3,5% e il 5% del PIL[7].

Non solo aumento del budget: riforma dell’esercito, propaganda e profitti stellari per l’industria bellica

La strategia del governo non si limita all’aumento della spesa, che in larga parte va all’acquisto di nuovi armamenti o all’ammodernamento di quelli già esistenti[6], ma anche a un imponente riassetto dell’esercito: una proposta di Crosetto prevede l’allargamento della riserva militare, che arriverebbe a comprendere civili per rimpinguare le fila delle forze armate italiane. La revisione della riserva allo studio del Ministero della Difesa riguarderebbe, infatti, anche il reclutamento di una serie di figure professionali, tra cui ingegneri, informatici, esperti di elettronica e hacker, da integrare nell’esercito[8]. In queste settimane il lavoro per quantificare la nuova riserva è entrato nel vivo: un decreto del Ministero della Difesa ha chiesto alle singole forze armate di mappare le carenze di organico, con l’obiettivo di formare una forza di diecimila uomini, utile a intervenire negli scenari di crisi interni[7]. In alcune dichiarazioni ancora da Crosetto, il Ministro entra ulteriormente nel dettaglio, parlando di «un modello parallelo alle forze armate professioniste, sempre e solo volontario, ma moderno, flessibile e aperto a entrambi i sessi» e ipotizzando un “Servizio alla Repubblica” di 6 o 9 mesi con una componente militare e una civile[9].

L’idea del governo comprende un intervento propagandistico volto a instillare nella popolazione una “cultura della Difesa” che faccia comprendere l’importanza degli investimenti militari e dei sistemi d’arma[10], e finalizzata a spiegare ai cittadini una fase caratterizzata da «un nuovo riassetto mondiale e una nuova ridefinizione degli equilibri tra nazioni» (tradotto: la fase della guerra imperialista) che chiederà sacrifici e sforzi forse inediti sul piano finanziario: in altre parole, l’apparato mediatico, istituzionale e politico dell’arco politico borghese dev’essere orientato a rendere favorevole all’aumento delle spese militari la maggioranza degli italiani, ad oggi fermamente contraria alle politiche belliciste[11].

In questo scenario, l’industria bellica italiana prospera: ne sono esempi Leonardo, che ha chiuso il 2024 con un record di profitti (un utile netto di 1,159 miliardi di euro, +63% rispetto al 2023) e la previsione di ordini per 26,2 miliardi e ricavi da 24 miliardi entro il 2029[12], o l’aumento vertiginoso di missili per Samp-T, sistema missilistico che l’Italia ha fornito anche all’Ucraina, che si attesterà nel 2025 al 40%, mentre raggiungerà il 100% nel corso del prossimo anno[13].

L’attivismo del governo italiano e le sue strategie militariste e belliciste sono l’emblema di politiche volte a soddisfare gli interessi di speculazione, la massimizzazione di sfruttamento e profitti e l’incremento delle tensioni su scala internazionale, al fine di garantire posizioni di vantaggio alla borghesia nazionale nella piramide imperialista. Interessi di classe, quindi, del tutto opposti e inconciliabili con quelli della grande maggioranza della popolazione, che dal rischio di un conflitto generalizzato, dall’economia di guerra e dai tagli alla spesa sociale necessari per investire nella produzione bellica ha solo da perdere.

 

Note

[1]: Tajani: “Ieri l’Italia ha raggiunto il 2% del pil per la spesa in difesa e sicurezza. È solo il primo passo”, Ilfattoquotidiano.it, 15 maggio 2025.

[2]: Crosetto esulta per l’aumento di spesa militare dell’Italia, Ilmanifesto.it, 17 maggio 2025.

[3]: L’annuncio di Crosetto: «Raggiunto il 2% del Pil in spese militari». Ma la Nato ha già spostato l’asticella: «Si arrivi al 5%», Open.online, 15 maggio 2025.

[4]: Il meteo, la guardia costiera, la distruzione di armi: così l’Italia vuole calcolare le spese militari per arrivare al 2% come chiede la Nato, Open.online, 3 aprile 2025.

[5]: Meloni pronta a spendere il 2% del Pil per la Difesa per accontentare Trump. Milex: “Costerà altri 10 miliardi”, Ilfattoquotidiano.it, 17 aprile 2025.

[6]: Italia, +60% alle spese militari in dieci anni: nel 2025 spenderà 32 miliardi, Lindipendente.online, 31 ottobre 2024.

[7]: Italy expects NATO to raise defence spending target to between 3.5% and 5% of GDP, Reuters.com, 21 maggio 2025.

[8]: Difesa, il piano per il riarmo di Crosetto: «Italia più rilevante nella Nato». E aumentano i riservisti, Ilmessaggero.it, 26 maggio 2025.

[9]: Il piano del ministro Crosetto: “Un patto europeo per la Difesa”, Iltempo.it, 25 maggio 2025.

[10]: Più armi, riserva militare e Nato: vademecum bellicista di Crosetto, Ilfattoquotidiano.it, 26 maggio 2025.

[11]: L’insanabile scollamento tra propaganda di guerra e masse popolari in Italia, Lordinenuovo.it, 16 aprile 2025.

[12]: Leonardo SPA alza le stime di crescita e regala maxi dividendi grazie alle armi, Lindipendente.online, 13 marzo 2025.

[13]: Missili per Samp-T, l’Italia aumenterà quest’anno la produzione del 40% e il prossimo del 100%, Ilsole24ore.com, 27 maggio 2025.

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Lorenzo Vagni

Lorenzo Vagni, classe 1993, laureato in Ingegneria Elettronica. Militante comunista dal 2015 nel FGC e dalla sua fondazione nel FC, ha ricoperto per anni incarichi di rappresentanza degli studenti all'Università di Roma "La Sapienza". È autore di diversi articoli per il giornale della gioventù comunista, Senza Tregua. Collabora con L'Ordine Nuovo su argomenti di politica e attualità.

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